Tragedia Palinuro, probabili cause: «Emergenza tecnica o malore di uno dei tre sub che ha coinvolto gli amici»

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Tragedia Palinuro, probabili cause: «Emergenza tecnica o malore di uno dei tre sub che ha coinvolto gli amici»

Guido Caluisi (nella foto) è nato in mare. Ha trascorso gran parte della sua vita in acqua. E’ il suo lavoro e la sua grande passione. Possiede brevetti e conoscenze tali da poter mettere bocca sulla tragedia che ha colpito Palinuro. Al Linosa Blu Diving, il suo centro per subacquei esperti che dal 1986 opera nella più piccola delle Isole Pelagie, è stato raggiunto e intervistato da una giornalista de La Città di Salerno.

Cosa può essere accaduto a Palinuro?
«Chiariamo subito che non è possibile esprimere un parere tecnico o fare ipotesi plausibili fino a quando non saranno recuperati i corpi e le attrezzature». 

Intende bombole e computer?
«Esatto. Solo allora si potrà capire se per qualche motivo hanno perso la rotta e l’orientamento o se hanno respirato aria inquinata, come accaduto in altri casi. Ma questa seconda ipotesi sembrerebbe da escludere visto che metà del gruppo è risalito senza accusare problemi. Inoltre anche le condizioni meteomarine erano buone». 

In questo caso, però, si parla di tre subacquei esperti. 
«Certo lo erano i due istruttori, che quei fondali li conoscevano come le loro tasche. E a quanto pare lo era anche il terzo, che in quel tratto di mare si immergeva da 15 anni. Tutte persone di una certa età e non alla prime armi. Ma va detto che le immersioni in grotta per alcuni possono rappresentare un pericolo. Si tratta di un dedalo di cunicoli nei quali puoi entrare facilmente, ma uscirne con difficoltà». 

Dovremmo ridiscutere la sicurezza di certe immersioni?
«Io posso farmi solo domande e ripetermi come un mantra che se io porto tutti i giorni i clienti in un luogo a rischio, se questo è il mio lavoro quotidiano, devo operare in sicurezza massima, non solo pianificare. Devo conoscere personalmente le loro capacità fisiche e le loro abilità in ambienti ostruiti, ma soprattutto devo creare un itinerario che renda l’immersione il più agevole possibile. Devo avere un filo d’Arianna. E non posso credere che non lo avessero». 

Cosa è un filo di Arianna?
«Nient’altro che una sagola ben fissata lungo il percorso. Può essere una cima che dall’ingresso della grotta i sub si srotolano alle spalle mentre nuotano. Per tornare al punto di partenza basta seguirla, come Pollicino con le briciole di pane. O può essere una cima fissa, una sorta di “via ferrata”: un po’come accade sui percorsi di montagna». 

Che altro si può fare per limitare i rischi in un ambiente come un insieme di grotte che sprofondano a oltre 50 metri?
«Come accade in tanti Paesi del mondo dove è molto praticata l’immersioni in sistemi di grotte sommerse, sarebbe bene creare percorsi, anche fissando etichette con frecce colorate che indichino la giusta direzione. Per il resto le parole d’ordine sono preparazione, prudenza, attrezzature adeguate e ben configurate e adeguata condizione fisica. Ma tendo a credere non ci sia stata imprudenza». 

Dunque?
«Penso piuttosto a un’emergenza tecnica o a un malore di uno dei tre che poi ha coinvolto i due amici accorsi in aiuto. Un epilogo tragico»

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