Femminicidi Cilento, famiglie distrutte e bambini senza genitori: emergono particolari agghiaccianti

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Femminicidi Cilento, famiglie distrutte e bambini senza genitori: emergono particolari agghiaccianti

Emergono particolari scioccanti dalle storie di Postiglione e Vibonati. Domenica sera, nello stesso lasso di tempo e a pochi chilometri di distanza, due femminicidi hanno sconvolto il Cilento. Maria D’Antonio, 34 anni, è stata uccisa a Postiglione dall’ex marito, Cosimo Pagnani 32 anni, al culmine dell’ennesima lite per l’affidamento della bambina. Pierangela Gareffa, 39 anni, è stata assassinata dal marito, Sandro Pili di 48 anni, nel golfo di Policastro tra Vibonati e Sapri. L’arma del delitto è la stessa: un coltello. L’accusa anche, e le condizioni delle famiglie ora sono disperate. Pierangela lascia un figlio maschio e il marito, papà del ragazzo, è in galera a Sala Consilina accusato di omicidio volontario e la procura sta valutando di indagarlo anche per omissione di soccorso. La figlia di 8 anni di Maria D’Antonio, invece, è affidata ai nonni materni. Il papà della piccola è rinchiuso a Fuorni, accusato anche lui di omicidio volontario. Oggi, giovedì, si sono tenuti i funerali delle due donne, uccise così, dalla furia impazzita di due compagni con i quali hanno avuto dei bambini, li hanno aspettati per mesi e ora i ragazzi, chi più grande chi più piccino, sono nelle mani dei nonni. Quelle persone anziane che devono combattere con il lutto di un caro, l’arresto di un altro e la fragilità dei nipoti vittime di un qualcosa molto più grande di loro. Qualcosa, fino a pochi giorni fa, di impensabile. 

Omicidio Vibonati 

Sono passate le 20 di sera. E’ domenica. Alessandro Pili, 48 anni originario della Sardegna, esce dalla sua casa di Vibonati e si reca dai vicini. Bussa e chiede aiuto. La moglie è in camera da letto, sdraiata tra lenzuola e cuscini in un lago di sangue. E’ morta e forse Sandro nemmeno lo sa. Dice ai primi soccorritori che Pierangela Gareffa, nativa del sud America, è incappata in un brutto incidente domestico contro la ringhiera del balcone della villetta dei due. E’ tutta una farsa. Dall’ospedale dell’Immacolata di Sapri parte una ambulanza allertata dalla centrale operativa del 118. I medici giungono sul luogo della tragedia e accertano che non c’è più nulla da fare: la donna è deceduta per dissanguamento. Poco dopo i carabinieri della compagnia di Sapri fermano il marito che durante gli interrogatori crolla e confessa tutto. Ha ucciso la moglie con un fendente dritto al polmone e l’ha lasciata morire dissanguata nel letto mentre lui giocava alla playstation. Dagli interrogatori, poi, emergerà che la coppia aveva litigato dopo la nuova proposta avanzata da Sandro: voleva trasferirsi in Germania «dove c’è più lavoro». Ma la moglie avrebbe rifiutato perchè «il figlio deve finire la scuola a Sapri». 

Dopo l’autopsia si scopre che Pierangela poteva essere salvata. Bastava un momento di lucidità del marito o qualcuno che per caso avvertiva quello che stava accadendo nella casa e allertava i soccorsi. Bastava il trasporto in ospedale, non per forza in ambulanza, il nosocomio dista poco, Pierangela doveva essere caricata in macchina e ricoverata d’urgenza. Ma Sandro, in preda al raptus di follia, l’ha lasciata spirare mentre lui era con un joystick di fronte la consolle del figlio ad emulare i campioni di serie A. Il ragazzo, di 12 anni, quando è arrivata l’ambulanza è corso nel letto della madre e tra lacrime e disperazione ha urlato: «Mamma, perchè non mi rispondi?». Ora il ragazzo è con i nonni. Il padre è rinchiuso in cella ed è ha confermato la versione dei fatti agli inquirenti. La donna, Pierangela, oggi, giovedì, è stata salutata per l’ultima volta dai parenti, dagli amici e da tutte quelle donne che non vogliono più sentir parlare di abusi sulle donne. Lutto cittadino a Sapri, Torraca e Vibonati. 

Omicidio Postiglione 

Stessa storia, stessa arma, posto diverso. L’omicidio avviene nell’Alto Cilento, a Postiglione. Domenica, mentre dall’altra parte del comprensorio Pierangela Gareffa è dissanguata nel suo letto. Cosimo Pagnani da Scorzo, frazione di Sicignano degli Alburni, è andato a trovare l’ex moglie. I due litigano spesso per motivi legati all’unica cosa che li tiene ancora un poco uniti: la figlia di 8 anni. La donna sostiene che Cosimo può vedere la piccola solo a casa della mamma. Al contrario il papà vuole portare la figlia dai nonni paterni. Si scambiano insulti tramite il social network Facebook. Maria, Mary sul web, in un post del 28 ottobre, riguardo la figlia afferma: «Finchè il giudice non decide le regole le detto io». Cosimo, invece, di post ne scrive pochi, prima dell’omicidio. Quando entra nella villetta sono soli. Nella casa al lato c’è il fratello di Maria e il papà. Accudiscono la bambina, la fanno giocare. Lei ha le bambole in mano, il papà, nell’altra abitazione, va in escandescenza e afferra un coltello da giardinaggio. Colpisce l’ex compagna con nove coltellate al petto e una al braccio destro dopo essersi ferito al ginocchio. Posa l’arma del delitto sul pavimento. Chiama i carabinieri e li aspetta dinanzi il portoncino d’ingresso. Intanto sul suo profilo Facebook appaiono due stati. «Sei morta troia» e «Vi do la felice notizia, per mano mia è morta quella grandissima troia di Mariangela D’Antonio». 

Nel secondo post la vittima è addirittura taggata. Sul luogo teatro della tragedia arrivano gli inquirenti. Cosimo Pagnani viene fermato e confessa di aver ammazzato lui Maria D’Antonio, ma non aggiunge altro. L’uxoricida viene accompagnato in carcere a Fuorni, Salerno. La scientifica entra in casa e insieme ai carabinieri di Eboli in poco tempo ricostruisce l’efferato omicidio e trova l’arma del delitto. Il padre e il fratello di Maria sono sotto choc. Non sanno cosa fare e soprattutto cosa dire e dove portare la bambina. La notizia si diffonde sul web: quotidiani e social network. I lettori cercano Cosimo Pagnani su Facebook e trovano anche il post «Sei morta troia». L’altro non è visibile perchè pubblicato in forma privata, visibile cioè solo dagli amici. Lo stato raccoglie in pochi minuti oltre 350 ‘mi piace’ e più di 400 condivisioni. Si scatena l’ira degli internauti. Tutti a puntare il dito contro i «fan» di Cosimo e del suo pensiero. Il giorno successivo all’omicidio, Fabio Chiusi, giornalista, rivela che quei ‘mi piace’ sono frutto anche di troll, di persone che si «divertono» a far scatenare polemiche in rete e cavalcano le onde dei grossi casi nazionali. E già, perchè l’omicidio di Postiglione passa in secondo piano e i telegiornali di rai Uno, canale Cinque e Italia Uno danno risalto alla notizia dei like, mentre donano poco risalto all’uccisione della donna. Gli inquirenti ancora non hanno accertato sei quei post sono stati pubblicati da Cosimo, anche se di dubbi ce ne sono pochi. Lui, però, interrogato in carcere dai pm, ha dichiarato di non ricordarsi di aver postato qualcosa sul social network. L’arresto, però, è stato convalidato. Il 32enne è rinchiuso in una delle celle del carcere di Salerno. Secondo indiscrezioni non avrebbe chiesto nulla riguardo la figlia. La piccola di 8 anni, ignara di tutto, è tra le braccia dei nonni materni che non si danno pace. Crescerà sicuramente senza la madre e, molto probabilmente, senza nemmeno un papà. Il dramma nel dramma. 

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