Gelbison Città territorio, un’idea che nasce dall’associazione Accademia Hypatia

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Gelbison Città territorio, un’idea che nasce dall’associazione Accademia Hypatia

«Ci presentiamo con le stesse parole con cui abbiamo iniziato, nel 2010, le nostre attività: Nel terzo millennio non esiste necessariamente un centro, ogni periferia può farsi centro, ma per far questo occorre innescare trasformazioni culturali e sociali.» Antonio Bruno e Cristiano De Cesare dell’associazione  Accademia Hypatia presentano la loro iniziativa. In una missiva inviata alla redazione del giornaledelcilento.it e indirizzata ai sindaci del comprensorio, spiegano le motivazioni che li hanno spinti a pensare di unificare un territorio. Di seguito la lettera integrale inviata ai sindaci del comprensorio Gelbison:

«Cari Sindaci del comprensorio Gelbison,
al di là delle appartenenze politiche e delle legittime ma ormai inutili rivendicazioni territoriali che hanno caratterizzato la vita politica delle nostre comunità, il contesto politico ma soprattutto l’evoluzione normativa esigono da parte Vostra una riflessione non più procrastinabile sulla necessità di dare una valida prospettiva al nostro territorio.
Il riordino delle autonomie locali e la gestione associata dei servizi comunali è un processo ormai irreversibile, un percorso non facile che necessita di strumenti seri di valutazione, ma, soprattutto, il coinvolgimento ampio e articolato della popolazione, non solo degli amministratori. Oggi le comunità locali, per affermarsi nei confronti di analoghe realtà, devono mostrare maggiori capacità di coesione, affidabilità nell’azione, autorevolezza e competenza in quanto insieme è più facile, più economico, più credibile. Il comprensorio Gelbison ha tutte le caratteristiche per sostenere e rilanciare una leadership territoriale che gli deriva dalla propria storia. La contiguità dei nostri comuni (Cannalonga, Ceraso, Moio della Civitella, Novi Velia e Vallo della Lucania) e la già sperimentata – non sempre con risultati adeguati alle aspettative – condivisione dei servizi richiedono, a questo punto, un salto di qualità per proiettare la nostra comunità verso traguardi più ambiziosi. Dalla pianificazione urbanistica alla gestione dei servizi come quello dei rifiuti, dalla stazione unica appaltante per i comuni sotto i 5.000 abitanti al ruolo delle singole municipalità all’interno degli enti sovralocali, dalla qualità delle relazioni sociali alla capacità di attrarre finanziamenti pubblici o privati, il nostro territorio non può più permettersi un’eccessiva frammentazione delle decisioni politico-amministrative. La necessità di costruire solide partnership per difendere e promuovere ricchezza e interessi di un territorio, è precondizione ricercata da molti anni, ma la realtà ci dice che non è sufficiente. Serve una visione comune di sviluppo, un nuovo equilibrio tra le comunità affinché il nostro capitale sociale, ricchezza strategica per il benessere del nostro territorio, si consolidi in una visione di largo respiro che possa mantenere e migliorare i livelli di vita dei nostri cittadini, trasformando in una opportunità la crisi che stiamo vivendo in questi anni. Se per  ragioni di campanilismo o di logiche di gestione del consenso all’interno dei nostri comuni, si continua a pianificare il territorio senza rapportarsi con ciò che ci circonda ma soprattutto senza un’aggregazione formale dei nostri territori e delle nostre comunità, cari Sindaci, vuol dire che avrete svolto  la vostra attività di amministratori seguendo quel solco politico che ha  caratterizzato il “Gelbison” per la presenza di buoni amministratori ma per l’assenza di validi politici.
È necessario attivare nuove strategie di crescita che vadano oltre le tipologie di riordino territoriale già sperimentate. Non più unione di servizi, non più interventi prevalentemente se non esclusivamente sull’amministrazione ed organizzazione tecnica dei servizi pubblici locali, ma una strategia condivisa di sviluppo economico-sociale che coinvolge anche la dimensione politica e culturale del territorio. Noi vediamo un’unica possibilità di riassetto territoriale, un’unica ipotesi istituzionale: la fusione. La città del Gelbison, dunque. Un unico comune, con un nome nuovo, con una rinnovata forza contrattuale; una città che nascerebbe dalla fusione tra i comuni di Cannalonga, Ceraso, Moio della Civitella, Novi Velia e Vallo della Lucania. Un’operazione politica di dimensioni storiche che rappresenterebbe la soluzione in assoluto più efficace anche se più impegnativa. Cari sindaci, vi sentite pronti e sufficientemente preparati a una solida maturità? Vi sentite pronti ad oltrepassare la logica delle contrapposizioni?
La normativa statale ha ormai tracciato la strada, prevedendo l’obbligo dell’unificazione e/o convenzione di quasi tutti i servizi, e confermando nuovi ulteriori tagli ai trasferimenti erariali. Nei Comuni, oggi, un numero sempre più esiguo di persone conduce uffici che si potrebbero accorpare, con inevitabili oneri diretti ed indiretti. In prospettiva questo quadro di risorse calanti non sembra offrire un’inversione di tendenza, ma piuttosto un’ulteriore accelerazione. Ciò significa che per mantenere i servizi di base e per continuare ad avere una capacità di risposta alle domande dei cittadini, la scelta della fusione supera la prospettiva delle convenzioni e anche delle unioni, attivando un processo di ottimizzazione e qualificazione gestionale con potenzialità e vantaggi nettamente superiori rispetto alle dette forme associative.
Questa proposta potrebbe apparire velleitaria, anche se il quadro nazionale dimostra una notevole effervescenza in tal senso, ma è bene chiarire che il nostro invito non vuole ipotecare il futuro sulla base di una spinta motivata ma senza riscontri sulla situazione reale. Non intendiamo sostenere salti nel buio, ma proporre un serio studio di fattibilità che potrà dirci se sia utile per il comprensorio Gelbison affrontare questo inedito percorso istituzionale. Noi crediamo che a nostro favore, e quindi della fusione, giochi una comune identità territoriale, che deriva dall’essere comuni confinanti, ma soprattutto dalla loro complementarietà economica e funzionale. Senza dimenticare, ovviamente, che il bene comune non ha solo una dimensione economica, ma anzi si declina in ambito sociale, politico, associativo e culturale. La complessità di questa riflessione è tale che ognuno è costretto a mettersi in gioco fino in fondo, non solo i primi cittadini ma tutto il comprensorio, per individuare il modello migliore per governare il territorio e amministrare le nostre Comunità.
Gelbison città territorio vuol dire più territorio (137 kmq), più politica (16.500 abitanti), più opportunità. La scelta della strada della fusione appare molto allettante dal punto di vista finanziario, se comparata con altre scelte. Una significativa conseguenza del processo di fusione sarà la forte semplificazione (e riduzione) degli apparati politici, con conseguenti risparmi economici. Un elevato livello di rappresentanza politico-istituzionale che si tradurrà in una maggiore capacità di pianificazione e conseguenti ricadute positive in termini di potenzialità di sviluppo del territorio nel suo complesso. Un processo di fusione, è bene ribadirlo, non è solo una mera questione tecnica ma è soprattutto un processo politico e sociale, che come tale deve rispondere ad attese politiche, sociali ed economiche da parte dei diversi attori presenti sul nostro territorio.
È un processo che richiede tempo e il vostro compito, cari Antonio Aloia, Antonio Gnarra, Gennaro Maione, Toribio Tangredi e Maria Ricchiuti, è quello di iniziare a seminare questa proposta e discuterne seriamente.
Ci auguriamo che un domani, il più prossimo possibile,  potremo noi tutti raccogliere i frutti del vostro operato, ricordandoci di Voi non come “esponenti dell’ordinaria amministrazione” ma come politici che hanno dato vita a un’importante trasformazione del nostro territorio e del modo di intendere una comunità che già è presente, esiste, ma che ancora non riesce a immaginarsi sotto un unico vessillo.
L’identità territoriale non è più un fattore totalizzante ed esclusivo tipico delle comunità chiuse del passato; possono coesistere identità e appartenenze plurime, a fronte di vantaggi concreti, in un mondo che cambia rapidamente.»

 

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