«Tu saresti cornuto e tua figlia puttana»: uomo di Agropoli deve risarcire danni

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«Tu saresti cornuto e tua figlia puttana»: uomo di Agropoli deve risarcire danni

Lo ha deciso la Suprema corte e ora l’uomo che ha offeso il dipendente comunale al mercato di Agropoli deve risarcire i danni. I fatti risalgono al 2009 quando un cittadino di Agropoli ha incontrato un impiegato del municipio e gli ha rivolto parole ‘pesanti’. Nel verbale si legge che l’uomo avrebbe inveito dicendo: «Tua figlia è una puttana e tu saresti un cornuto».

«I genitori che sono colpiti negli affetti possono presentare denuncia, ottenere risarcimento o comunque soddisfazione anche se vengono offesi di riflesso con attacchi alla onorabilità delle loro figlie», questo è quanto sottolinea la Cassazione che ha confermato la condanna per ingiuria nei confronti dell’uomo. La figlia, a cui è stato affibbiato l’appellativo, non era nemmeno presente al momento della querelle. Ad avviso della Suprema corte «quanto alla veste di persona offesa in capo al padre, è di palese evidenza che il contesto della frase rivolta a quest’ultimo fosse ingiuriosa proprio nei suoi confronti, avendo l’imputato inteso colpire direttamente la parte civile nei suoi affetti familiari e costituendo il riferimento alla figlia proprio lo strumento per ledere l’onorabilità del padre».

Non ha dunque trovato fondamento la tesi dell’imputato che sosteneva che «il padre non aveva alcun diritto di ritenersi parte lesa, semmai – ha tentato di sostenere davanti ai supremi giudici – era la figlia che doveva chiamarlo in causa». Quanto all’epiteto di «cornuto», l’accusato ha fatto presente di averlo pronunciato «al condizionale» e dunque non sarebbe stato un insulto grave ma solo una espressione «blandamente ingiuriosa». Anche sul punto i giudici sono stati di diversa opinione e hanno risposto che «è del tutto inconsistente la tesi secondo cui un epiteto formulato al condizionale perderebbe valenza offensiva». Così il ricorso dell’imputato è stato dichiarato «inammissibile» con ulteriore condanna a versare mille euro alla cassa delle ammende. In questo modo è stato confermato il verdetto di colpevolezza per il reato di ingiuria emesso da tribunale di Vallo della Lucania l’11 ottobre del 2011, dopo la pronuncia di primo grado del giudice di pace di Agropoli del 10 giugno 2009. L’entità della pena non è riportata nella sentenza 37686 emessa dalla quinta sezione penale e depositata oggi, martedì 17.

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