Torre Orsaia, ultimo saluto al cacciatore ucciso: confessa chi ha esploso il colpo. Forestale: «Lì è vietata la caccia»

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Torre Orsaia, ultimo saluto al cacciatore ucciso: confessa chi ha esploso il colpo. Forestale: «Lì è vietata la caccia»

E’ passata esattamente una settimana da quel tragico pomeriggio di caccia a Torre Orsaia dove un cercatore di funghi è stato colpito al piede, mentre in un secondo episodio ha perso la vita Josè Antonio D’Adamo con un colpo di fucile al petto. Il cacciatore esperto, conosciuto da tutti in paese, ha perso la vita dopo che un compagno di caccia lo ha colpito con un colpo di fucile scambiandolo per un cinghiale nascosto dietro un cespuglio. Ora, secondo i carabinieri, il cacciatore amico di Josè che ha esploso quel colpo avrebbe confessato.

I funerali Nella mattinata di giovedì si sono tenute le esequie di Josè. La comunità di Torre Orsaia si è stretta intorno alla famiglia del piastrellista 46enne che ha lasciato la moglie e due figli. Momenti di commozione legati a ricordi rabbiosi sopratutto da parte di chi, come Josè, va spesso a caccia nel territorio che circonda il Parco del Cilento. Gli amatori di questo hobby hanno di nuovo affermato ciò che spesso avviene in questi boschi: «Qui capita che anche se si muove una foglia sparano – dicono – la gente dovrebbe pensare che la vita di un uomo è molto più importante di catturare un esemplare in più di cinghiale».

L’autopsia Intanto è stato reso noto l’esito dell’esame autoptico effettuato dal medico legale sul corpo della vittima. Esame che ha confermato l’ipotesi avanzata dall’esame esterno effettuato dopo poche ore da decesso. Il cacciatore è deceduto in seguito ad un colpo da arma da fuoco sparato a circa 10 o 15 metri di distanza. Una fucilata che ha provocato lo sfondamento dell’emitorace, lesioni al fegato e al polmone.

La confessione Distrutti dal dolore gli altri otto cacciatori che componevano la squadra. In particolare l’imprenditore edile di Scario che ai carabinieri della locale stazione avrebbe confessato di essere stato lui a far partire, per errore, la pallottola. La sua intenzione, secondo quanto avrebbe dichiarato, «era quella di uccidere il cinghiale che precedentemente era stato ferito da un altro componente della squadra». Alla fine l’animale è deceduto in seguito a quel primo colpo e lungo la traiettoria in cui si trovava Josè. Difatti entrambi i cadaveri sono stati rivenuti a poca distanza l’uno dall’altro.

Indagini e accertamenti Continuano ad indagare i carabinieri e la procura di Vallo della Lucania che ha aperto un fascicolo sul caso e indagato otto persone con l’accusa di omicidio colposo. Intanto le giubbe verdi della forestale hanno accertato che nell’area in cui si è consumata la tragedia è vietata la caccia. Il maresciallo Domenico Nucera della caserma di Torre Orsaia, nelle prossime ore, chiederà conferma agli uffici comunali preposti. La posizione degli otto indagati inizia a complicarsi. Il rischio è che a finire sotto processo, anche se per capi d’imputazione diversi, sarà l’intera squadra e non solo il cacciatore reo confesso. Dai primi accertamenti, sembrerebbe che oltre a scegliere una zona vietata alle doppiette, il gruppo avrebbe infranto molte delle regole previste per la battuta al cinghiale.

L’altro ferito Intanto è stato sottoposto ad un delicato Antonio Speranza. Il ragazzo che quel pomeriggio cercava i funghi dalla altra parte della collina dove è stato ucciso Josè e che fu raggiunto da diversi colpi di fucile alle gambe. L’equipe del dottore Molinaro, primario dell’ Ortopedia dell’ospedale di Sapri, ha provveduto a recuperare i tre proiettili finiti nella caviglia destra dopo che erano fuoriusciti dalla gamba sinistra, che avevano attraversato per intero lesionando le ossa.

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