1978, la fine dell’oblio: con Basaglia la malattia mentale tornò umana

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1978, la fine dell’oblio: con Basaglia la malattia mentale tornò umana

Gli anni 70 furono caratterizzati non solo per il terrorismo, gli anni di piombo, ma anche e soprattutto come la stagione dell’affermazione dei diritti civili.

Il 13 maggio 1978, infatti entrava in vigore la “Legge Basaglia” la n.187/78.

Prima della Legge 180/1978 i malati con disturbi psichici erano considerati irrecuperabili e pericolosi socialmente, pertanto venivano allontanati dalla società, emarginati e rinchiusi nei manicomi.

Il primo successo della Legge 180 risiede nella chiusura dei manicomi che ha permesso di restituire dignità e valore ai malati in essi reclusi.

Ecco dunque il secondo significato fondamentale della legge Basaglia: centralità della persona

Il significato della legge è dunque direttamente legato a quanto sopra: dare dignità ai malati psichici ha contribuito a riconoscerli come persona a tutti gli effetti. In quanto persone, il riconoscimento dei loro diritti è stata una conquista di civiltà.

Tale considerazione ha determinato la fine dei metodi custodialistici, riconoscendo invece la necessità di una presa in carico della persona

La follia è una condizione umana. In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia, invece incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla. Il manicomio ha qui la sua ragion d’essere.“

La rivoluzione che  Franco Basaglia, promotore della legge che prese il suo nome,  apportò, fu quella di chiudere i manicomi in quanto “i malati di mente” sono, appunto, persone malate che hanno bisogno di essere curate .Dare dignità ai malati psichici e  a riconoscerli come persona a tutti gli effetti.

Non si tratta di “cose” da rinchiudere, da sedare o da legare, ma di persone fragili che hanno bisogno che qualcuno li aiuti a ristabilire l’ordine delle cose restituendo coraggio a chi ha perso il filo della propria esistenza. 

Non basta, infatti, curare il malato, ma bisogno operare a livello terapeutico sul contesto sociale nel quale la persona vive che si tratti della famiglia, del posto di lavoro o della scuola.

Insegnare alla società ad approcciare il disagio psichico era l’utopia di Basaglia visto che, al momento, la malattia mentale viene vista ancora con diffidenza e paura poiché non compresa.

Bellissimi ed intensi i versi di Alda Merini che dedicò a Franco Basaglia:

“Come eravamo innamorati, noi,

laggiù nei manicomi

quando speravamo un giorno

di tornare a fiorire

ma la cosa più inaudita, credi,

è stato quando abbiamo scoperto

che non eravamo mai stati malati”.

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