Camerota, inchiesta «usura»: Troccoli ai domiciliari. Rizzuti e Siani A. tornano in libertà

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Camerota, inchiesta «usura»: Troccoli ai domiciliari. Rizzuti e Siani A. tornano in libertà

Torna fra le mura di casa Domingo Troccoli, il ragioniere di Marina di Camerota arrestato con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata all’«usura» alcune settimane fa dopo un blitz condotto dagli uomini della guardia di finanza. Dopo il parere favorevole espresso dal pm alla richesta di scarcerazione avanzata dal legale Felice Lentini, oggi, 30 marzo, è giunta la decisione dal giudice del riesame del Tribunale delle libertà  di Salerno, che ha ridotto la misura cautelare facendo trasferire l’ex assessore alla Viabilità del comune di Camerota dal carcere di Vallo della Lucania agli arresti domiciliari.

Nessuno in carcere Qualche giorno prima erano ritornati ai domiciliari anche Vincenzo Siani e prima ancora il padre, Domenico, anche loro entrambi arrestati per le stesse ragioni e attualmente quindi ai domiciliari. Dopo l’ultima scarcerazione tutti gli indagati sono ai domiciliari, esclusi Rita Marchese, Antonia Siani e Rita Rizzuti, tutte e tre le donne sono tornate in libertà.

A breve si presenteranno davanti al riesame presso il Tribunale di Salerno, Vincenzo Siani, Principio Riccio e la moglie Luisa Troccoli.

Fuori dai domiciliari Torna in libertà anche Antonia Siani e sono stati dissequestrati i beni e le quote societarie di comproprietà di Rita Marchese, che nella prima parte dell’inchiesta erano state sottoposte a sequestro preventivo su richiesta della Procura. “Quest’ultima, infatti, è stata ritenuta estranea alla vicenda”. Come estranea alla vicenda è stata ritenuta davanti al Gip anche Rita Rizzuti, mamma di Troccoli, difesa dall’avvocato Nicola Suadoni che ha rivelato «andrò comunque al riesame, per ora  siamo soddisfatti per la decisione presa dal Gip».

Un passo indietro In nove sono finiti in manette con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata all’usura. Tre finirono in carcere e sei ai domiciliari. Secondo gli inquirenti la presunta associazione era formata per la maggior parte da persone di Camerota e tutti gli interessi «ruotavano intorno ad un professionista».

Gli investigatori scoprirono che «alcuni dei principali protagonisti, al fine di portare a termine quelle che ritenevano essere ‘operazioni di usura’, si sarebbero avvalsi dell’ausilio dei familiari, portandoli alla partecipazione del reato». Secondo la ricostruzione degli inquirenti «i familiari accreditavano sui propri conti correnti molti assegni postdatati emessi dalle vittime usurate». Per mascherare il sistema usuraio – secondo chi ha indagato – avrebbero cercato di adottare ogni precauzione possibile:  «per sottrarsi ad eventuali e temute investigazioni di polizia, a turno ponevano all’incasso, mediante accredito sui propri c/c, gli assegni emessi dalle vittime, recanti la dicitura “M.M.” (a me medesimo) e la girata per l’incasso della vittima stessa, assegni naturalmente comprensivi del capitale ricevuto in prestito gravato dagli interessi del 7% mensile, che sarebbe arrivato fin quasi il 190% annuo».

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