8 Marzo: la festa che non dovrebbe servire, ma ancora serve

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8 Marzo: la festa che non dovrebbe servire, ma ancora serve

8 marzo, Giornata internazionale delle Donne. E, come ogni anno, si parla di diritti, di parità, di violenza, di discriminazioni. Perché se questa giornata ha ancora un senso – e purtroppo ce l’ha – è perché la condizione delle donne nel mondo, e in Italia, è tutt’altro che risolta.

Nel 2024, nel nostro Paese, una donna su due è fuori dal mercato del lavoro. A parità di ruolo e competenze, una donna guadagna ancora meno di un uomo. Troppe donne sono costrette a scegliere tra carriera e maternità, perché il sistema non le sostiene. E poi c’è la violenza di genere: nel 2024 un massacro, a vedere i numeri. Circa 150 casi all’anno in Italia, per un totale di circa 600 omicidi negli ultimi quattro anni. Significa che in Italia ogni due giorni (circa) viene uccisa una donna.

Fioccano post celebrativi, mimose sui social, dichiarazioni di impegno da parte di politici e aziende. Ma i dati raccontano altro: l’Italia è ancora un Paese in cui essere donna significa partire in svantaggio. E non si tratta solo di numeri. Si tratta di una cultura radicata, di un sistema che ancora non tutela abbastanza, che spesso lascia sole le donne nel momento del bisogno.

Ad esempio il lavoro. Quante donne si sono sentite chiedere in un colloquio di lavoro se avessero intenzione di avere figli? Quante volte abbiamo visto donne più capaci di colleghi uomini essere relegate a ruoli marginali? La parità di genere è anche una questione economica e sociale.

E poi c’è la sicurezza, i femminicidi. Ogni volta si parla di nuove leggi, di prevenzione, di strumenti di tutela. Ma il punto è che se una donna deve temere per la propria vita dentro casa, significa che siamo ancora lontanissimi dal poterci definire un Paese civile.

Oggi non è una festa. Non lo è per chi combatte ogni giorno contro la discriminazione. Non lo è per chi ha perso una madre, una sorella, una figlia per mano della violenza. Non lo è per chi lavora il doppio per guadagnare la metà.

Foto fonte: La voce delle lotte

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