Angelo Vassallo, il mistero irrisolto dietro l’omicidio di un collaboratore di giustizia
| di Luigi Martino
Un’intricata rete di interrogatori, documenti secretati e silenzi giudiziari continua ad avvolgere l’omicidio di Angelo Vassallo, il sindaco-pescatore di Pollica, ucciso nel settembre del 2010. Ma nelle pieghe di un’indagine lunga 15 anni, emerge oggi un nuovo filone investigativo che coinvolge nomi noti della criminalità organizzata, presunti collaboratori e pentiti ritenuti chiave per la ricostruzione dei fatti.
Tra gli ultimi ad essere ascoltati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Salerno ci sono Giuseppe Ferone, catanese, e Romolo Ridosso, ex esponente della camorra del salernitano. Entrambi sarebbero stati interrogati più volte negli ultimi mesi, ma le loro dichiarazioni sono rimaste coperte da omissis e segreti istruttori, a conferma della delicatezza delle rivelazioni.
Proprio Ridosso, considerato figura centrale del clan che per anni ha operato tra Scafati e Pagani, ha più volte parlato del contesto criminale in cui si sarebbe consumato l’assassinio di Vassallo. Ma nei verbali, secondo indiscrezioni, mancherebbe ancora il nome del presunto killer. “In carcere parlava molto”, avrebbero riferito alcuni inquirenti, ma davanti ai magistrati, il collaboratore avrebbe preferito il silenzio o frasi criptiche.
Il Riesame di Salerno, che ha esaminato il fascicolo dell’inchiesta bis – avviata nel 2023 a seguito delle rivelazioni dell’ex brigadiere dei carabinieri Antonio Uliano – ha ribadito l’estraneità di alcuni indagati inizialmente coinvolti. Tuttavia, ha riconosciuto la validità di diversi elementi raccolti, tra cui alcune intercettazioni e dichiarazioni che, sebbene non determinanti, gettano una nuova luce sull’ambiente criminale in cui maturò il delitto.
Secondo quanto trapelato, il ruolo di Giuseppe Ferone – già coinvolto in altre indagini di mafia – resta oggetto di attenzione investigativa. La sua posizione potrebbe essere collegata a traffici illeciti con ramificazioni tra Sicilia e Campania, ma finora non è emerso alcun coinvolgimento diretto nell’omicidio del primo cittadino cilentano.
Il nodo resta quello delle dichiarazioni dei pentiti, spesso incomplete o contraddittorie, ma ritenute comunque rilevanti dalla procura. In particolare, sarebbero emersi riferimenti a presunti interessi economici e a tensioni legate alla gestione del territorio, elementi che da anni alimentano le ipotesi su un possibile movente mafioso dietro la morte di Vassallo.
In questo scenario, il lavoro dei magistrati prosegue tra mille ostacoli, nella speranza che nuovi elementi possano finalmente rompere quel muro di omertà che per quasi quindici anni ha impedito di consegnare alla giustizia i responsabili di uno dei più gravi delitti politici del Mezzogiorno.
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