Come sottacere verità importanti, enfatizzando le banalità

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Come sottacere verità importanti, enfatizzando le banalità

Non esiste chi non riesce a far sentire la propria voce, non fosse altro che per soffocare quella degli altri. E in questa palude esistono in pochi, alcuni addirittura a propria insaputa. Succede così che un giornalista si ritrovi a schermirsi in pubblico per aver scritto un articolo con un tasso di adulazione un po’ eccessivo, tanto da risultare troppo dolciastro anche per le bocche più aduse al gusto del facile encomio. L’articolo portava il suo nome, quindi, ma “a sua insaputa”. Crediamo nella versione fornitaci, esprimendo la nostra solidarietà per lo sgradevole evento, non fosse altro per i rischi che si possono correre nel celebrare (così come sfacciatamente si celebrano) le gesta delle amministrazioni locali che non brillano poi tanto per efficienza e trasparenza. In altri contesti, megere urlanti impediscono il ragionamento su fatti gravi ed estremamente importanti per la vita democratica italiana. E noi ci chiediamo, stupiti, fino a quando dovremo sopportare che simili episodi, chiari sintomi della miseria morale che pervade la società di questo decadente inizio di millennio, siano provocati col chiaro intento di inquinare la coscienza civica; ci chiediamo fino a quando dovremo assistere al tentativo di soffocamento di qualsiasi anelito di verità e di giustizia.   
Se facessi nomi e cognomi, poco importerebbe: l’immagine di un Paese in declino, senza scomodare le pratiche esoteriche delle cantine di consacrati sultani nostrani, resta. In questa “povera patria” chiunque può parlare di luoghi vetusti e sacri con superficialità, magari raccogliendo qualche interessato e rancoroso commento per strada. Succede così che siti di particolare pregio ambientale scompaiano dalle carte ufficiali e dalle preoccupazioni degli amministratori, diventando cose di poco conto in banali commenti di strada e in indefinibili collage giornalistici di improbabile valore informativo, per non dire letterario. Succede così che un mare quale il Tirreno, che è stato ammirato con sguardo rapito dagli imperatori del passato ed è oggi amato dai nostri pescatori (uomini con identica dignità regale), diventi vittima di una parte sciagurata dell’umanità. E, anche per questo episodio, dovremmo forse voltarci dall’altra parte oppure, molto più opportunamente, invocare che quella “merda”, che è stata deliberatamente versata nelle acque marine, possa essere la giusta ricompensa per amministratori e funzionari infedeli o collusi? Succede così che preziose sorgenti sulfuree siano ancora costrette a fluire tra la plastica di campane di vetro in disuso, senza che nessuno si preoccupi di farne analizzare un campione. Gli abitanti del luogo credevano che il forte e caratteristico odore emanato da questo immeritato dono liquido fosse dovuto a fognature (inesistenti!) malfunzionanti. Ci è voluto non poca pazienza per spiegare loro che quella “puzza” poteva essere una benedizione per la loro strada corrosa dall’acqua della sorgente e piena di buche, se solo si fossero individuate le proprietà terapeutiche che potevano essere ascritte a quell’acqua. A distanza di un anno dalla scoperta della sorgente nessuno fiata, nessuno parla, nessuno si interessa, nemmeno chi dovrebbe farlo per professione giornalistica, forse per timore di disturbare qualche vassallo locale e di dar credito a qualche voce nel deserto (di idee) senza capacità di spesa. 
Succede così che, in questi periodi di crisi profonda, alcune famiglie siano in vera difficoltà, nella stessa indifferenza di chi dovrebbe preoccuparsi per loro. La giusta funzione dei servizi sociali in questi casi si rivela non solo utile, ma necessaria. Ma nelle terre dove gli amministratori, monarchi assoluti in terre soggiogate, fanno e disfano a loro piacimento, dove le campagne elettorali servono principalmente a raggiungere il potere promettendo posti a destra e a manca, spesso si tradiscono in modo sfacciato le legittime aspirazioni dei tanti padri di famiglia che vorrebbero un posto di lavoro per sé o per il figlio disoccupato. E laddove di lavoro ce n’è poco, il ruolo dei servizi sociali diventa ancora più importante. A volte, tuttavia, si ha l’impressione che l’intervento delle strutture pubbliche sia efficiente nella corresponsione dei compensi, magari contrattati (perché no?) anche in occasione delle campagne elettorali, e poco incline all’elargizione degli aiuti alle famiglie in stato di bisogno. In questa palude morale dobbiamo allora anche assistere al crollo del baluardo della solidarietà per le fasce sociali più deboli? Sarebbe davvero troppo: dopo aver sottaciuto (se non provocato) inquinamenti di suoli, di fiumi, di mari, vorrebbero forse indurci a tacere di fronte a simili ingiustizie? Sarebbe invero poca cosa, in questo caso, invocare semplicemente la giustizia umana, se ne esiste una che possa punire in modo esemplare l’indifferenza nei confronti della sofferenza dei padri, delle madri e dei loro figli. Implorare giustizia per coloro i quali non godono dei privilegi dei pochi stomaci satolli in queste terre di Sodoma e Gomorra non basterà, fintanto che vi sarà anche una sola famiglia in stato di bisogno ripagata con l’indifferenza di chi dovrebbe provvedere a “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana…” (art. 3, Costituzione Italiana).

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