Bullismo, la voce di una madre: «Ho preso mio figlio per mano e l’ho aiutato a reagire»
| di Redazione
La morte di Paolo Mendico, il quattordicenne della provincia di Latina che si è tolto la vita alla vigilia del ritorno a scuola, ha riportato al centro del dibattito una piaga che continua a colpire nel silenzio: il bullismo. Secondo le prime ricostruzioni, le vessazioni nei confronti del ragazzo erano iniziate già alle elementari. La Procura ha aperto un fascicolo per istigazione al suicidio.
Vicende come questa scuotono le coscienze e interrogano il mondo adulto: famiglie, scuola, istituzioni. Perché spesso i segnali vengono colti troppo tardi, o ignorati. Eppure, accanto alle cronache di tragedie, ci sono anche storie di resistenza e di rinascita.
È il caso di una madre del Vallo di Diano, che ha deciso di raccontare la sua esperienza al quotidiano Ondanews.it: quella di un figlio vittima di bullismo a causa della sua omosessualità, ma che con il sostegno della famiglia è riuscito a rialzarsi e a costruirsi una vita felice.
«Quando ha trovato il coraggio di confidarsi – racconta – non ho fatto altro che abbracciarlo e dirgli che lo amavo ancora di più. Le prese in giro erano iniziate alle medie: non giocava a calcio, non diceva parolacce, lo chiamavano “femminuccia”. Un giorno ho deciso di affrontare il problema entrando in classe. Ho raccontato agli studenti di un mio compagno di elementari che, dopo anni di umiliazioni, a soli nove anni si tolse la vita. Non volevo che nessun altro rivivesse quella tragedia».
Il silenzio dei ragazzi fu assordante, ma la donna sottolinea con amarezza come da parte degli insegnanti non arrivarono azioni concrete: «Né provvedimenti né sostegno. Mi sono sentita sola».
Il percorso, tuttavia, non si è fermato lì. Con il tempo, la famiglia ha scelto di trasferirsi: un nuovo ambiente, nuove amicizie e il supporto di uno psicologo hanno permesso al ragazzo di ritrovare fiducia in se stesso. «Ha imparato a non dare peso al giudizio degli altri, a camminare a testa alta. Oggi è un uomo felice e sposato con un compagno meraviglioso».
Infine, l’appello: «Chi bullizza non è forte, ma fragile. Chi deride o colpisce lo fa per nascondere la propria debolezza. Il mio augurio è che i ragazzi trovino sempre mani tese ad afferrarli, non muri di indifferenza».
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