Caso Don Olindo. Il consigliere Romano: “Esiste un precedente di condanna in favore del libero accesso al mare. Le autorità intervengano. Subito un comitato cittadino”
| di RedazioneRiceviamo e pubblichiamo.
Spett.le Redazione,
avrei preferito non intervenire perché pensavo che la “ragione” ed “il rispetto della legge”, oltre che il “buon senso” avrebbero messo le cose a poste. Ma così non è stato.
Ho personalmente parlato con il Sindaco e con il Responsabile del Servizio demanio che mi hanno riferito che rispetto all’ordinanza del Consiglio di Stato (2007) che si è pronunciato a favore dell’accesso libero al mare dei cittadini non vi è stato alcun provvedimento modificativo di tale situazione.
Ritengo di fare chiarezza una volta per tutte riprendendo da un servizio giornalistico del 2001 le motivazioni giuridiche che hanno portato il Consiglio di Stato alla pronuncia suddetta ed inserendo anche la sentenza della Cassazione che ha definitivamente posto fine alla problematica già nel 2001.
"Nessuna proprietà privata e per nessun motivo può impedire l’accesso al mare alla collettività se la proprietà stessa è l’unica via per raggiungere una determinata spiaggia". Questa sentenza emessa dalla Terza sezione penale della Cassazione il 16.2.2001, al termine di una lunga battaglia giudiziaria, dovrebbe definitivamente regolare l’inalienabile diritto della collettività di poter liberamente accedere al mare. Diritto troppo spesso violato da proprietari di residence, villaggi vacanze, stabilimenti, ville con annessa spiaggia privata che spadroneggiano sulle nostre coste impedendo alla pubblica fruibilità tratti di litorale.
Il buon senso deve prevalere ed a questo proposito lancio una proposta di creazione di un Comitato cittadino per adottare la scogliera di Donn’Aulindo in collaborazione con il condominio Mariosa e con l’Amministrazione comunale per la tutela del sito rispetto alle problematiche della pulizia e dell’ordine pubblico e pensando, eventualmente, anche ad un regolamento di utilizzo dello stesso da rendere visibile a tutti.
Con l’auspicio di aver dato un contributo in positivo sulla problematica in esame, ringrazio la redazione per la pubblicazione ed in generale per l’azione di pubblicità e trasparenza di cui è portatore nell’interesse dei cittadini tutti. Ecco gli atti.
LIBERO ACCESSO ALLE SPIAGGE – Primo effetto della sentenza sarà la riapertura definitiva della spiaggia dello Sbarcatello all’Argentario, la spiaggia dove sorge la villa «L’Elefante felice» dei reali d’Olanda e altre residenze di Vip come quelle dell’ex ministro Giuseppe Guarino, del regista Luigi Squarzina, dell’industriale discografico Aurelio Ciarallo e gli eredi Borghese. La terza sezione penale della Cassazione ha infatti rigettato il ricorso dell’amministratore del consorzio lo Sbarcatello di Porto Ercole, chiudendo così un contenzioso sull’accesso alla spiaggia che da 10 anni vedeva l’Associazione donne dazionedell’Argentario, Legambiente e la regione Toscana combattere a colpi di carta bollata per il libero accesso all’arenile circondato dalla macchia mediterranea.
Fonte: http://www.ambienteelavoro.eu/joo/index.
Cassazione penale , sez. III, 16 febbraio 2001, n. 15268
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del popolo italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
Composta dai sig.ri
….
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da <C. A.>, nato il 9 novembre 1931 a S.Angelo Limosano, avverso la sentenza del Tribunale di Grosseto-Orbetello 2 febbraio 2000 n. 56, con la quale è stato dichiarato colpevole del reato p. e p. dall’art. 1161 cod. nav., accertato in località (*) Sbarcatello del comune di Monte Argentario il 13 gennaio 1995, e condannato, con le attenuanti generiche, alla pena di L. 800.000 di ammenda.
Sentita la relazione svolta dal Cons. S.F. MANNINO;
Sentita la requisitoria del P.G., in persona del dr. Wladimiro DE NUNZIO,, (*) il quale ha chiesto l’annullamento con rinvio limitatamente all’azione di risarcimento danni e il rigetto del ricorso nel resto;
Sentita l’arringa del difensore di parte civile, avv. Nicola LOMBARDI, il quale ha chiesto il rigetto del ricorso;
sentita l’arringa del difensore, avv. Giorgio PADOVANI, il quale ha chiesto l’accoglimeno (*) del ricorso;
osserva
Fatto-Diritto
Con sentenza n. 56 del 2 febbraio 2000 il Tribunale di Grosseto-Orbetello ha dichiarato <A. C.> colpevole del reato in epigrafe per aver impedito l’uso pubblico del demanio marittimo in località Sbarcatello del comune di Monte Argentario.
Nella motivazione della sentenza il Tribunale ha premesso in fatto che il giudizio reso nei confronti del <C.> costituisce l’ultimo episodio di una controversia insorta più di dieci anni prima fra associazioni rappresentative di interessi diffusi, come la Lega Ambiente e l’A.D.A. (Associazione Donne dell’Argentario, costituitasi allo scopo), e l’amministrazione del Consorzio dello Sbarcatello.
La controversia riguardava la rivendicazione da parte dell’intera collettività dell’uso della strada che attraversava un tempo il podere Sbarcatello e che in atto, a seguito del frazionamento della proprietà fondiaria e della costruzione di case di villeggiatura, attraversa l’area annessa al condominio omonimo, consentendo l’accesso a proprietà immobiliari private e al demanio marittimo.
…..gli accessi al lido dello Sbarcatello ed alla spiaggia erano stati progressivamente ristretti, fino ad essere eliminati, consentendo l’utilizzazione della strada ai soli condomini.
Questo era avvenuto mediante la recinzione dell’intera proprietà e l’installazione in corrispondenza della strada di un cancello, reso funzionale attraverso un efficiente servizio di guardia.
Si era, quindi, proceduto penalmente a carico di <A. C.>, quale amministratore del condominio dello Sbarcatello e autore delle opere che avevano determinato l’interruzione dell’accesso al lido e alla spiaggia.
…….omissis
L’art. 1161 codice della navigazione. attua una tutela completa e articolata del demanio marittimo, prevedendo come reato quattro forme alternative di condotta, costituite dall’occupazione diretta o dall’esecuzione sul demanio di innovazioni non autorizzate o dall’impedimento dell’uso pubblico di esso ovvero dall’inosservanza delle disposizioni degli artt. 55, 714 e 716 c. nav..
Il reato è, dunque, a forma mista, nel senso che una sola delle azioni alternativamente previste è sufficiente a commetterlo e che la commissione di due o più di tali azioni realizza un’ipotesi di concorso di reati.
….Nel prevedere come reato l’impedimento all’uso pubblico del demanio, l’art. 1161 c. nav. non pone alcuna limitazione riguardo ai modi e ai termini in cui l’impedimento dev’essere realizzato per divenire penalmente rilevante. Ne deriva che il reato configurato è a forma libera, in quanto il precetto penale comprende qualsiasi tipo di condotta che, al di fuori dall’occupazione diretta, impedisca tale uso, ad es., precludendovi, o anche semplicemente rendendovi più difficile l’accesso mediante opere realizzate in zona limitrofa a quella demaniale.
…..Pertanto si rende colpevole del reato previsto dall’art. 1161 c. nav. colui che, pur senza occupare direttamente una zona demaniale, ne impedisca tuttavia l’uso pubblico mediante l’esecuzione nella sua proprietà di opere, quali sbarramenti, recinzioni, cancelli e simili, che se non negano in diritto, ostacolano comunque in concreto l’esercizio di fatto della facoltà di raggiungere il demanio e, quindi, di usufruirne secondo la destinazione che gli è propria (Cass., Sez. III, 24 settembre 1996 n. 1219, ric. Di Giorgio e altri).
Questo è quanto è avvenuto nel caso in esame.
Infatti, il ricorrente, recintando la superficie di proprietà condominiale ed apponendo un cancello in corrispondenza della strada che porta al lido di Sbarcatello, si è di fatto impossessato dell’accesso al demanio marittimo, sottraendolo alla generalità degli aventi diritto e riservandolo esclusivamente ai condomini.
La sentenza di condanna ha, perciò, applicato correttamente la norma,
……… …..Il reato di impedimento all’uso del demanio marittimo previsto dall’art. 1161 c. nav., commesso mediante interruzione di una strada gravata da servitù di uso pubblico, costituisce altresì illecito civile quale spoglio della servitù stessa, per cui il Giudice penale che con la sentenza di condanna per il reato ordina la rimozione degli ostacoli che hanno determinato l’illecito impedimento all’accesso al bene demaniale, adotta un provvedimento di rilevanza penale in quanto rivolto a far cessare la permanenza del reato, assicurando che questo non venga portato a ulteriori conseguenze, oltre che di rilievo civilistico, perché reintegrativo degli aventi diritto nel possesso della servitù oggetto dello spoglio.
La Corte
condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al rimborso alle parti civili delle spese di questo grado, liquidate in complessive L. 2.200.000, ivi comprese L. 200.000 per spese, più I.V.A. e C.A..
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IN DATA 12 APR. 2001.
Credo che a questo punto debba intervenire il Sindaco per il rispetto della legge e per evitare che sulla questione si continui a creare confusione.
Antonio Romano
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