Corruzione, giudici arrestati a Salerno. Gip: «Fame di denaro»

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Corruzione, giudici arrestati a Salerno. Gip: «Fame di denaro»

I ricorsi tributari da ‘aggiustare’ diventavano «comprare una macchina», invece, il denaro prezzo della corruzione «mozzarelle». E’ il linguaggio criptico usato nelle conversazioni intercettate dai pm salernitani che hanno messo in luce un sistema corruttivo all’interno della sezione distaccata di Salerno della Commissione tributaria regionale della Campania. L’indagine, coordinata dai sostituti Elena Guarino e dal procuratore aggiunto Luigi Cannavale e delegata al nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di Finanza, ha portato, stamani, all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip Pietro Indinnimeo, per 14 persone, tra cui due giudici tributari, F.S. e G.D.C. le loro iniziali, due dipendenti amministrativi, sei imprenditori e quattro consulenti fiscali, tutti incensurati, con l’accusa di corruzione in atti giudiziari. Per gli inquirenti, sono dieci le cause tributarie di secondo grado per un valore d’imposta di circa 15 milioni di euro che sarebbero state pilotate in favore di imprenditori ritenuti corruttori i quali, in primo grado, alla Commissione tributaria provinciale di Salerno, non avevano ottenuto l’annullamento di procedimenti tributari originati da accertamenti dell’Agenzia delle Entrate e dei militari delle fiamme gialle. Una società di Siano, nel Salernitano, ad esempio, avrebbe ottenuto la cancellazione di un debito di oltre otto milioni di euro; per un’altra azienda di Salerno, invece, la somma contestata e poi annullata raggiungeva quasi il milione di euro.

La ricostruzione
Tutte le società sono della provincia di Salerno, tranne una che è dell’Avellinese. Secondo l’impianto accusatorio, a gestire il sistema corruttivo sarebbero stati i due funzionari i quali contattavano gli imprenditori o i loro consulenti fiscali per proporre le corruzioni. In media, le ‘mazzette’ che sarebbero andate ai due giudici oscillavano dai 5 mila ai 30 mila euro; i funzionari, invece, trattenevano una quota parte. La consegna dei soldi, come si vede nei filmati agli atti dell’indagine, avveniva nell’ascensore della Commissione tributaria o a casa dei giudici, sempre in contanti, il giorno prima della decisione. In un caso, uno dei due giudici, non soddisfatto di quanto pattuito per la tangente, avrebbe preteso con minacce un’integrazione della somma già ottenuta; in caso contrario, avrebbe emesso un provvedimento sfavorevole all’imprenditore corruttore. Il denaro contante non sarebbe stato mai prelevato dai presunti corruttori nella somma corrispondente a quella pattuita per la corruzione. Non solo soldi, però, perchè, in un caso, sarebbe stata promessa l’assunzione del figlio di un giudice da parte di una delle società coinvolte e, in un’altra occasione, sarebbe stato concesso, gratuitamente, un appartamento in città. Durante le perquisizioni eseguite, i baschi verdi hanno sequestrato, a casa di funzionario, la somma in contanti di 53mila euro; mentre, a casa dell’altro, diverse migliaia di euro, sempre in contanti.

Le indagini
In uno dei frame delle telecamere posizionate all’interno dell’ascensore, si vede come un consulente consegna diverse banconote da 50 euro ad un impiegato amministrativo. Quest’ultimo direbbe al suo interlocutore: «No, no. Ora scendiamo. Veloce… veloce; vieni vieni». «Si tratta di fonti di prova oggettive», ha sottolineato il procuratore capo facente funzioni di Salerno, Luca Masini, parlando delle immagini documentate delle dazioni di denaro. L’inchiesta è stata avviata nell’agosto del 2018 ed è terminata nel marzo scorso ed è partita da una serie di altre indagini. «Abbiamo messo la parola fine perchè le corruzioni erano immediate», ha evidenziato Masini. Infatti, con una particolare capacità, sarebbe stato messo in piedi un sistema in grado di assegnare i ricorsi ai giudici ritenuti compiacenti. «A gennaio scorso, era stata già preparata una calendarizzazione dell’anno per vedere a chi assegnare le cause», ha spiegato il pm Guarino ricordando come, «in un caso, la camera di consiglio per decidere su un ricorso e’ durata appena quattro secondi».

Le parole del gip
«Una fame di denaro tale da rinviare un delicatissimo intervento chirurgico» pur di non mancare in udienza per decidere una causa che ai doveva ‘pilotare’. E’ uno dei passaggi nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere con cui il gip di Salerno, Pietro Indinnimeo, descrive la condotta di uno dei due giudici arrestati oggi nell’ambito di un’inchiesta su un presunto sistema corruttivo alla sezione distaccata di Salerno della Commissione tributaria regionale della Campania. Un’ordinanza emessa dal gip in «tempi rapidissimi», sottolinea il procuratore capo facente funzioni di Salerno, Luca Masini, per una «indagine che ha consentito di disvelare un sistema corruttivo pericolosissimo e dannosissimo per lo Stato». L’indagine «rappresenta solo la punta di un iceberg», scrive ancora il gip, e per il procuratore aggiunto di Salerno, Luigi Alberto Cannavale, c’è la «tristezza il dover colpire chi ha messo una funzione di giustizia per interessi personali». Masini chiarisce, a margine di un incontro con la stampa, che quando «il gip ha indicato che si tratta di una indagine che evidenzia una punta di un iceberg», sottolinea che la procura della Repubblica «ha dovuto necessariamente, per interrompere le attività criminose, depositare e concludere anzitempo le indagini perchè le fattispecie corruttive erano via via programmate quotidianamente di giorno in giorno». Nell’ordinanza, inoltre, si fa riferimento, ha detto il comandante provinciale della guardia di Finanza di Salerno, generale Danilo Petrucelli, «alla sera del 23 novembre del 2018. Quella sera, dopo una sentenza, i due impiegati erano a cena al ristorante con l’amministratore delegato di un’azienda per festeggiare».

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