Danilo, la protesta a Napoli a passo di danza: «Credo nelle battaglie pacifiche»

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Danilo, la protesta a Napoli a passo di danza: «Credo nelle battaglie pacifiche»

di Giangaetano Petrillo

Lo abbiamo conosciuto negli ultimi giorni grazie a quello scatto che in mezzo alla protesta, proprio come un dipinto di Degas, sembrava rendere ogni cosa un sogno. Mentre tutto intorno infiammava la protesta, e i violenti devastavano tutto quello che avevano intorno, Danilo senza pensarci troppo fa quello che ama, cioè danzare. Si aggrappa ad un palo della segnaletica come fosse una sbarra e fa un arabesque sotto il palazzo della Regione Campania. Lui che di teatro vorrebbe calcarne soltanto uno, quel San Carlo dove le luci si sono spente nuovamente e il sipario è stato tirato giù. Alle sue spalle i poliziotti schierati sembrano fargli quasi da scenografia.

Lui, Danilo Di Leo, di Torre Annunziata, da dieci anni ballerino del teatro San Carlo e da otto mesi fermo, si staglia con potenza davanti alla confusione e ai disordini delle proteste, e ci mostra, e mostra al mondo, quanto della danza, ma più in generale della cultura e dell’arte, non si possa fare a meno. Lo abbiamo conosciuto lì, aggrappato a quel palo come chi è intento a ritrovare un equilibrio in mezzo a tanta incertezza; lì, nella speranza che quell’educata, pacata ed elegante forma d’arte possa far breccia nella coscienza di molti. Noi lo abbiamo contattato per farci raccontare come improvvisamente può nascere una forma di protesta così muta e ordinata.

Danilo, come mai ha preso la decisione di scendere in piazza in questi giorni?
Sono sceso in piazza perché credo nelle battaglie in difesa dei propri diritti, ovviamente sempre in maniera pacifica. L’ultimo Dpcm ha discriminato alcuni lavori decidendo cosa era essenziale per la società e cosa no. Io sono un ballerino e sono senza lavoro da marzo, e questa chiusura ha dato l’ennesimo schiaffo alla cultura, come se di Arte se ne può fare a meno, come se non sapessero che dietro agli spettacoli teatrali ci sono dei lavoratori con una dignità e soprattutto una famiglia da mantenere.

Cosa rappresentava per lei in quel momento quel gesto, quell’arabesque in mezzo alle proteste?
La foto è nata in maniera spontanea, l’ho fatta per me perché ho pensato potesse essere un ricordo di una manifestazione pacifica. Ho semplicemente fatto quello che so fare e involontariamente ho regalato un momento artistico e leggero durante un momento di esasperazione che sta provando una società ridotta all’osso a causa di questa pandemia e a causa di come stanno gestendo questo brutto periodo.

Ha visitato mai il Cilento? Ha dei ricordi particolari?
Ogni anno passo l’estate in Cilento. Adoro Paestum e i suoi scavi e il mare. Tutti gli anni passo almeno una settimana a Perdifumo. È una tappa che non manca mai nelle mie vacanze estive.

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