Il misticismo del Pinocchio di Collodi coinvolge il Natale

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Il misticismo del Pinocchio di Collodi coinvolge il Natale

L’editoriale di Alessandro Infante

E’ sempre attuale la storia di Pinocchio, ed ha fatto bene Benigni a proporre nuovamente durante le festività natalizie, questa favola che tutti noi ricordiamo fin dall’infanzia. Nel riservare a tutti una buona visione del nuovo film, è opportuno analizzare ed entrare nel vivo della favola al fine di interpretare al meglio il pensiero mistico del Collodi. Collodi pone al centro della sua favola un burattino, un pezzo di legno che ha desiderio di diventare bambino; protagonista della vita umana. Pinocchio, è il nome che Geppetto dà al suo burattino, l’albero sempre verde che sfida la morte.

Di rilievo e di grande importanza è il grillo parlante, che assume metaforicamente il ruolo della coscienza di Pinocchio. Una coscienza che purtroppo è caratterizzata da alcuni imperativi non ascoltati da Pinocchio. Imperativi misti ad ammonimenti che il burattino tende a non ascoltare. Collodi supera la sua persona nel descrivere il male e prende spunto dal Somma Poeta ove il gatto e la volpe personificano le fiere della Divina Commedia. Furbizia ed astuzia costituiscono il male e coinvolgono l’adolescente Pinocchio ad intraprendere strade pericolose; è poi Lucignolo suo migliore amico a trascinarlo nel “paese dei balocchi”.

Lucignolo è la rappresentazione del male, nello specifico del vizio delle tentazione, ed a tratti riprende il nome del Signore del Male, Lucifero per l’appunto (dal latino “angelo portatore di luce”). La trasformazione in asini costituisce la conseguenza al male antefatto, opposto agli ammonimenti della sua coscienza e ai buoni consigli di Geppetto. Collodi trascorre la sua vita durante le fine del 1800 e nel raccontare le “storie di Pinocchio”  non è esplicito nei suoi messaggi , egli  deve fronteggiare l’opinione pubblica, il buon costume e il potere temporale della Chiesa conclusosi nel 1870.

Collodi tenta anche di sradicare il pregiudizio comune, lo fa descrivendo il personaggio di Mangiafuoco in cui tende a sottolineare il suo atteggiamento dispotico e malefico contrapposto al suo grande cuore di generosità. Mangiafuoco difatti consegna del denaro a Pinocchio ed ordina ai burattini di non utilizzare la maschera di Arlecchino come  fuoco da ardere. La “fata turchina” subisce varie interpretazioni metafisiche, compare a tutela del mal capitato Pinocchio, lo ammonisce, lo cura e lo trasforma in essere umano.

La stessa morte viene esorcizzata dalla fata turchina in quanto Collodi evidenzia e sottolinea con forza l’importanza dell’educazione e del comportamento dell’essere umano superiore addirittura alla morte, posta in secondo piano, dinanzi alla vita. La favola si conclude con un ulteriore insegnamento da parte del Collodi.

All’interno del corpo del pesce cane, un tonno salva padre e figlio dalla morte segno tangibile del voler risaltare il valore dell’amicizia nata da buone azioni.

Il tonno ringrazia Pinocchio dopo aver ricevuto un bacio. Ecco le buone azioni, quelle che mancano nella nostra società tendente al male, che ascolta da molto tempo il gatto e la volpe, che insegue Lucignolo di ogni azione. Una società presuntuosa ed avida colpevole di aver messo da parte il grillo parlante, colpevole di non essere rappresentante di quei valori importanti che forse solo durante il Natale sembrano risorgere. Con Pinocchio ritorniamo tutti bambini, soprattutto quando ascoltiamo le musiche del maestro Fiorenzo Carpi nel film dell’artista Comencini, comprendendo solo oggi l’arduo compito di Geppetto nell’essere genitore.

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