Invasione dello scoiattolo variabile nel Basso Cilento: rischio per agricoltura e fauna autoctona
| di Antonio Vuolo
Saltella tra gli alberi e suscita simpatia, soprattutto tra i più piccoli. Eppure, anche nel Basso Cilento, la presenza dello scoiattolo variabile (Callosciurus finlaysonii) nasconde una seria minaccia per l’equilibrio ecologico e per il comparto agricolo locale. A lanciare l’allarme è uno studio guidato dal professor Domenico Fulgione dell’Università Federico II di Napoli, responsabile scientifico del progetto di ricerca sulla presenza di questa specie esotica e invasiva nel territorio del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni.
«La sua casa è il Sud-Est Asiatico – spiega Fulgione – ma negli Anni Ottanta furono liberati alcuni esemplari nei pressi di Maratea. Gli saranno piaciuti i posti, i frutti, e tutto quello che fa arrabbiare gli agricoltori, tanto che ad oggi ha raggiunto e invaso tutta la parte meridionale del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni. Da qui la giusta preoccupazione di Ente Parco e Regione Campania che in una strategia di collaborazione con la Federico II hanno attivato un programma per contrastare la diffusione dello scoiattolo asiatico».
Il problema non si limita ai danni alle coltivazioni. I ricercatori dell’ateneo napoletano hanno infatti riscontrato che la diffusione dello scoiattolo variabile sta compromettendo anche l’habitat dello scoiattolo rosso europeo (Sciurus vulgaris), specie autoctona che trova rifugio nei boschi del Vallo di Diano.
La collaborazione tra Regione Campania, Parco Nazionale e Università ha già portato ai primi risultati. Sono in fase avanzata le sperimentazioni sulle metodologie di cattura della specie invasiva e la ricerca condotta dal team del professor Fulgione e della dottoressa Maria Buglione è stata recentemente pubblicata dalla rivista scientifica internazionale Biological Invasions.
Il lavoro fotografa lo stato attuale dell’espansione dello scoiattolo asiatico nel Cilento, ma guarda anche avanti, ipotizzando gli sviluppi futuri alla luce dei cambiamenti climatici e globali, che potrebbero accelerare la diffusione della specie.
A preoccupare è soprattutto l’impatto a lungo termine sull’ambiente e sulla biodiversità locale. «Il pericolo principale è rappresentato dalla perdita di biodiversità. Parliamo di uno scoiattolo che può causare danni significativi alle specie autoctone. Ma lasciatemi aggiungere che iniziano ad arrivare anche le prime segnalazioni relative all’impatto su agricoltura e infrastrutture: danni alle coltivazioni, ai cavi elettrici, ai manufatti. Si tratta di una criticità che il Parco è chiamato a gestire e che già sta affrontando in sinergia con la Regione Campania e l’Università. È stato infatti avviato un progetto all’interno del quale, come Università, siamo stati incaricati di elaborare un protocollo per la cattura, l’eradicazione e la previsione demografica, ovvero per capire quale sarà il destino di questi animali e quali scenari ci attendono» rincara la dose l’esperto.
Con la conclusione della fase di studio, ora si passa all’azione: prende il via il piano di eradicazione, che però dovrà fare i conti anche con l’opinione pubblica. Il coinvolgimento delle comunità locali sarà cruciale per il successo dell’intervento, anche perché la percezione dello scoiattolo nella collettività è ancora molto legata a un’immagine positiva.
«Nell’immaginario collettivo, lo scoiattolo è spesso visto come un animale simpatico, innocuo, tenero. È vero, ed è comprensibile. Ma è anche vero che quando si parla di specie esotiche invasive, è estremamente difficile far comprendere il reale impatto che possono avere sulla biodiversità. È più facile imputare i danni a un animale come il cinghiale, che per molti è ‘ingombrante’ o ‘pericoloso’. Più complicato è far capire che anche una nutria, un ibis, o uno scoiattolo possono contribuire in maniera significativa alla perdita di biodiversità. – conclude Fulgione – Ecco perché è essenziale lavorare anche sul piano della comunicazione sociale. Immaginate cosa significa dover procedere con l’eradicazione di uno scoiattolo che vive nei parchi urbani, che è ormai in contatto quotidiano con l’uomo – come accade, per esempio, a Sapri. È chiaro che si tratta di un progetto di conservazione in cui la componente sociale sarà decisiva. Per quanto riguarda l’intervento sul campo, naturalmente, l’obiettivo è agire nel massimo rispetto del benessere animale. Stiamo valutando e sperimentando metodi alternativi, meno impattanti, e prendendo in considerazione tutte le soluzioni possibili purché efficaci nella rimozione della specie dall’ambiente naturale».
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