Quando la giustizia prima o poi rende giustizia. Pino Russo non ha mai violentato quella donna. Nessuno potrà risarcirlo

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Quando la giustizia prima o poi rende giustizia. Pino Russo non ha mai violentato quella donna. Nessuno potrà risarcirlo

Questo giornale ha raccontato fin dalle prime ore la tragica vicenda che ha travolto il giovane imprenditore di Camerota accusato ingiustamente di violenza sessuale. E’ quanto emerge dalla sentenza di proscioglimento con formula piena emessa dalla corte d’Appello. Questo giornale ha manifestato fin dalle prime ore tutte le perplessità, tutte le incongruenze, tutte le circostanze raccontate e che confrontate con gli elementi probatori portati in dibattimento presentavano paradossali zone d’ombra che prima o poi sarebbero emerse. Questo giornale conosce e conosceva quel giovane che ora può camminare libero e fiero per strada perchè «il fatto non sussiste» ed una sentenza d’Appello lo certifica. Quel giovane noto nella piccola cittadina del Cilento che come tutti è stato protagonista di una gioventù come le altre, tra normali pomeriggi trascorsi con amici al bar, qualche scorribanda ingenua (chi scrive in diverse occasioni ha avuto il piacere di condividerne il divertimento e l’aspetto goliardico) e lunghe corse in autobus per raggiungere l’istituto scolastico di Vallo della Lucania. Una famiglia per bene la sua, una infanzia sana quella di Pino, e poi il terremoto: l’avvicinamento di alcuni agenti al bancone di un bar, l’invito a seguirli in caserma, l’incomprensione e lo stordimento di quanto gli veniva raccontato, l’incredulità rispetto ad una denuncia che gli veniva contestata da parte di una donna, la permanenza nella caserma di Sapri e poi quel viaggio verso il carcere, verso il buio, verso la solitudine, verso la crudeltà che la vita può riservare nella migliore età. E già da quelle prime ore di fermo e di trasferimento le inaccettabili ed incomprensibili zone d’ombra: un trattamento forse riservato neppure a chi è colto in flagranza di reato. Eppure erano tutte da provare quelle accuse. Così prende il via l’iter giudiziario e la sua azienda subisce l’ulteriore beffa di un fermo ai suoi occhi inconcepibile, come inconcepibile era tutto quello che gli stava capitando. Il carcere, quelle presenze così lontane dal suo modo di vivere e dalle sue frequentazioni. La preoccupazione per la famiglia, per gli amici, per il giudizio che in una realtà piccola come quella di quel comune e di quel territorio possono avere la cifra di una esistenza. Le pesanti accuse scalfivano di giorno in giorno il corpo e la mente di quel giovane. Il buio di un penitenziario, la freddezza di una aula di tribunale, l’impeto ed il rigore delle procedure che sembrano trattenere quel desiderato urlo di libertà, quella denuncia che scarnifica per quanto ingiusta, hanno lasciato il segno nella fisicità del giovane che giorno dopo giorno rinunciava alla vitalità e persino all’alimentazione. Ma poi il riscatto, la voglia di reagire, quella piccola luce all’orizzonte che sai di poter raggiungere prima o poi perchè nessuno più di chi vive in prima persona una simile vicenda può conoscere il sostegno morale che ti da la consapevolezza della verità. Quindi le carte, le testimonianze, le indagini, le arringhe, gli articoli di giornale, l’incredulità di una comunità intera e una sentenza di condanna in primo grado. Pino ritorna tra le sbarre ma non si abbandona alla prima sconfitta, sa di potercela fare. Via alla richiesta d’Appello e poi la scarerazione, il ritorno a casa, il sapore di libertà, le prime telefonate agli amici più cari, gli incontri e i racconti a loro riservati, la sicurezza rispetto ad una sentenza d’Appello che non potrà non rendergli giustizia. E così è stato. Pino Russo non ha commesso il fatto. Pino Russo è assolto con formula piena. Su Pino Russo è stata commessa una ingiustizia. Una grave ingiustizia. E a riconoscerlo è il tribunale non l”insignificante opinione di chi scrive. Non ci saranno denari che valgono quanto è stato compiuto a questo giovane. Chi gli ridarà le energie sottratte, chi gli ridarà la tranquillità rubata, chi gli ridarà la fiducia verso ogni essere umano e verso l’autorità, chi gli ridarà la convinzione di vivere in uno stato che prima di mostrare i muscoli usa la ragionevolezza. A ridargli la perfetta immagine di un ragazzo comune, come tanti, ci penserà la sua comunità e la sua gente che fin dal primo minuto gli si è stretta intorno con un cordone di solidarietà umana e di incredulità rispetto a quello di cui era accusato. Ma i pezzi di vita che gli son stati strappati con un morso violento ed inconcepibile, come quello di un cane rabbioso che si accanisce su una innocua preda, e che in molti casi può portare a conseguenze tragiche, niente e nessuno potrà restituirglieli. E Pino lo sa

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