«Papà, lasciami volare», Giampietro Ghidini racconta la storia di suo figlio Emanuele

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«Papà, lasciami volare», Giampietro Ghidini racconta la storia di suo figlio Emanuele

di Giangaetano Petrillo

Fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa”. Questo è uno dei pochi passi evangelici di Matteo in cui emerge cedevolmente la figura di Giuseppe. Nel Vangelo matteano dell’infanzia, ogni volta che entra in gioco Giuseppe, la sua figura è caratterizzata da tre aspetti tra loro intrecciati: Giuseppe è l’uomo dei sogni, è l’obbediente che accoglie integralmente la volontà di Dio, è l’uomo che sa “prendere con sé”, cioè sa prendersi cura degli altri. Una figura che, seppur appare a tratti, trasuda amore, dolcezza, affettuosità. Questa sua inclinazione istintiva, naturale, a voler bene e a dimostrarlo, domina un altro passo evangelico, quando “destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte, e fuggì in Egitto”. In questo passo infatti non vi è alcun sintomo di dubbio o perplessità, ma Giuseppe si desta nella notte, una notte che non è soltanto un’indicazione cronologica delle circostanze della fuga precipitosa, ma segnala la prontezza dell’obbedienza di Giuseppe, e assume lo spessore simbolico del tema della notte nei testi biblici, per portare in salvo Gesù e sua madre. In questo senso Giuseppe emerge davvero come padre di Gesù, non nell’aspetto biologico, ma nel significato più profondo: il padre è infatti colui che custodisce, protegge, apre il cammino. La figura di Giuseppe, dunque, viene fuori gradualmente, ma mai si impone o sovrasta quella della madre. Non è un prospetto del contesto sociale e politico, in quanto nel mondo romano, e ancor prima in quello giudaico, è il padre ad assumere un ruolo predominante sia nell’educazione che nell’economia della famiglia, economia intesa proprio come amministrazione della casa. Dunque nei passi biblici è l’affetto, il profondo legame che lega il figlio, Gesù, al padre ad imporsi. Ecco allora che potremmo riscoprire, in questo tempo così forte, quei valori importanti che sono le relazioni umane, la bellezza dell’affetto fraterno che permette una delle testimonianze più belle e più significative nel mondo contemporaneo, Un affetto che può diventare invito ad aprire le porte del cuore per condividere le inquietudini, le gioie, i dolori, le speranze, i sentimenti che abitano la nostra esistenza. Oggi parliamo di tante cose, ci pronunciamo su tante cose, a volte ci ergiamo a giudici senza conoscere minimamente quello che abita nel cuore delle persone.

La stessa condizione umana che possiamo ritrovare nel rapporto tra Emanuele e papà Gianpietro, che visto la festa del papà trascorsa nella giornata di ieri vogliamo condividere con voi lettori. Siamo a Gavardo, vicino a Salò, a pochi chilometri dal Lago di Garda, e quella di Emanuele e Gianpietro sembra essere una vita come tante altre. Sembra, perché in realtà non è così. E come molte altre volte accade, bisogna toccare il fondo, anzi sprofondare nelle voragini più scure della vita per capire in parte la realtà, senza quasi mai riuscire ad accettarla.

Intendiamo condividere con voi questa storia, la storia di un morte violenta, la storia di una crisi esistenziale, la storia di un difficile rapporto tra un padre e un figlio, che si risolve accompagnando ad una morte una rinascita, grazie alla quale oggi molti padri e molti figli riescono a ritrovare un dialogo, un contatto, una confidenza che purtroppo venne meno a Gianpietro e a suo figlio. Anche Giuseppe, simbolo paterno di riferimento per la nostra cultura cristiana, all’inizio ebbe qualche dubbio. Sentì il peso di una condizione, di una situazione più grande di lui, e voleva uscirne rispettosamente. Infatti sempre nel vangelo di Matteo si legge “Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto”. Perché la paura, il senso di impotenza e d’inadeguatezza è umano, ma la soluzione, almeno è ciò che si legge nei Vangeli, sta nel ritrovare se stessi e ritrovarsi in Dio. E questo era l’identico peso che Gianpietro si trovò gravare sulla sua vita dopo quel 24 novembre 2013.  Quando Emanuele Ghidini, un ragazzo di 16 anni, quella maledetta notte decise di troncare la sua vita, a causa dell’assunzione di una droga sintetica, tuffandosi nel fiume Chiese a Govardo, dove viveva con i genitori e le sue due sorelle. Dopo la morte di Ema, papà Gianpietro con la sua famiglia ha passato giorni terribili. Aveva la sensazione di camminare in un posto a cui non apparteneva più, passava i giorni a fatica con un macigno pesantissimo sulle spalle. Tutto era dolore, dentro e fuori. “Perfino le ossa facevano male, schiacciate dal peso della gravità”. Dopo pochi giorni però qualcosa è cambiato. Un sogno straordinario con un solo protagonista, Emanuele, che ha risvegliato in papà Gianpietro un’energia inspiegabile che ha deciso di convogliare queste energie e dedicare la sua vita ai giovani e alla loro crescita, promettendo a suo figlio che avrebbe portato ovunque la sua storia. Come Giuseppe che dopo l’incertezza iniziale, obbediente alla parola di Dio venutogli in sogno, consegna la propria vita a un progetto che lo trascende, con l’accettazione del comando di prendere con sé Maria, così Gianpietro inizia una nuova vita con prospettive assolutamente insospettate, e con la scoperta di un senso più profondo del suo essere padre.

A seguito di questo tragico evento nasce un libro, scritto dal papà Gianpietro insieme a Marcello Riccioni dal titolo Lasciami Volare, una sorta di dialogo tra padre e figli, che vuole ripercorre il rapporto che ognuno di noi, figlio, ha saputo costruire con il proprio genitore e come, per converso, i genitori sentono la responsabilità di una educazione che ogni giorno stenta a trovare il suo equilibrio. La forza di questo lavoro è arrivata da un dramma. Il gesto di un adolescente che aveva stabilito come il sorriso dovesse essere il principio attivo di ogni suo coetaneo, e che si è ritrovato a fronte di un gesto che oggi difficilmente è giudicabile, comprensibile ma soprattutto ripetibile. Da questo libro è ricominciata la vita di papà Gianpietro in un nuovo rapporto con suo figlio Emanuele, che come una fenice è rinato dalle sue ceneri librandosi nell’aria sotto una nuova veste. Papà Gianpietro parla di Emanuele per portare avanti il suo ricordo, il suo amore. Durante ogni incontro, nelle scuole, negli oratori, nei teatri, le parole autentiche e dolci della sua voce entrano nel corpo di chi le ascolta come se ci fosse accanto ad ognuno di noi Emanuele che ci abbraccia, ci comunica che lì davanti a noi c’è suo padre che sta donando la vita a giovani, a tutti i giovani che vogliono vivere e iniziare ad apprezzare la vita per la sua interezza.

“Nell’Edipo Re di Sofocle, Edipo uccide il padre Laio e sposa sua madre Giocastra, senza sapere che sono i suoi genitori, perché da piccolo era stato affidato ad una diversa famiglia. Quando conosce la verità si cava gli occhi e vaga esule e perduto morendo da vagabondo disperato. Colpevole innocente, trasforma il suo errore in morte. Al contrario di Edipo, il figlio di Ulisse, Telemaco, ha visto suo padre andarsene per 20 anni e lo aspetta guardando il mare, a Itaca”, questa la riflessione che condivido con noi lo stesso Gianpietro, contattato dalla nostra redazione, “Due figli, due figure diverse, ma entrambi dipendenti da una relazione con il padre, la cui figura condiziona le loro vite. Ma nel bene e nel male quale padre non influisce sulle scelte di vita di un figlio? Quando il padre condiziona troppo la vita di un figlio, mettendo in atto quello che io chiamo ‘bullismo economico’, usando ad esempio l’arma del denaro come ricatto, rischia di creare un Edipo pronto ad uccidere la figura del padre come guida autorevole. Quando un padre si dimentica del figlio, il senso di abbandono può spingerlo a rifugiarsi in figure maschili sostitutive e spesso amicizie sbagliate. Un figlio pero aspetterà sempre, come Telemaco, quel padre che percorre il viaggio per trovare sé stesso”. E da questa storia ne è nata una fondazione “Pesciolinorosso” (http://www.pesciolinorosso.org/it-it/chisiamo.aspx), diventata una community di migliaia di persone, in crescita costante, dove genitori e giovani si scambiano idee, pensieri e condividono riflessioni su temi come l’adolescenza, il futuro, la scuola e ovviamente il rapporto tra genitori e figli. Abbiamo sentito Gianpietro che ha condiviso con noi questa riflessione.

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