Quella linea sottile e immaginaria

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Quella linea sottile e immaginaria

“Era destino”, oppure, “Era il suo destino”. Quante volte abbiamo ascoltato, o abbiamo pronunciato noi stessi, queste frasi con aria fatalistica?. In fondo, pensiamo anche noi che, se la nostra vita è andata così, è grazie e soprattutto al destino, quella linea invisibile, ma segnata e tracciata, lungo la quale si dipana, come un canovaccio già scritto, la nostra esistenza.

Se riflettiamo, mentre viviamo giorno dopo giorno la nostra quotidianità, non ci rendiamo conto di questa ineffabile, misteriosa e insondabile regia della cui presenza dubitiamo perché, effettivamente, siamo noi che ogni volta assumiamo le decisioni del caso, e quindi a scegliere il nostro presente. Salvo poi a ricrederci, ma quando tutto è già avvenuto, quando ci troviamo a guardare indietro, e fatalisticamente accettare quanto accaduto con la solita espressione: ” Beh….se è andata così, sarà stato destino”. È curioso, ma è così. Del destino abbiamo la percezione soltanto “ex post”, dopo, mai prima.

Ma allora, domandiamoci: il destino esiste? Esiste quella forza occulta che ci spinge ad agire e decidere in un determinato modo? Se diamo ascolto agli Stoici, scuola filosofica nata in Grecia intorno al IV sec a. C., è proprio in ragione di questa forza che ogni evento, ogni accadimento della vita ci appare inevitabile.

Spinoza (1632-1677) ritiene altrettanto ineludibile ogni cosa, ma tutto esiste per una ragione superiore, e la libertà dell’uomo è solo quella di affrontare il destino con un’unica certezza: tutto accade per un motivo superiore che egli non può capire.

Di tutt’altro parere è Friedrich Nietzsche  (1844-1900), per il quale il fato non esiste, e la vita non ha un senso dato da una Entità Superiore. La vita è soltanto un enorme caos nel quale l’uomo deve cercare di districarsi da solo con la propria volontà, con le proprie scelte e decisioni, le uniche capaci di dare un senso personale a questo caos e alla propria vita.
 
Di tutt’altro parere Hegel (1770-1831) per il quale, se un individuo compie una determinata azione, convinto che ad ispirarla siano la sua passione e la sua volontà, comunque egli non sa che la sua azione è già prevista e inquadrata in un disegno totale, in una necessità insieme storica e trascendente. Più si afferma l’individualità del libero agire, più si realizza la necessità superiore.

L’esistenza del destino, pertanto, non può essere provata con certezza, e rimane un concetto misterioso, che, singolarmente, qualcuno sente di percepire, e qualcun altro no. C’è chi vede e sente gli effetti del “vento” sui rami della propria vita, e chi no. Ma con, o senza, destino, in ogni caso, la libertà piena ed assoluta di controllare la propria vita forse non la può possedere nessuno. O sì? È possibile dare credito alla locuzione latina “Homo faber est fotunae suae”(L’uomo è artefice del proprio destino?). Se nel Medioevo si riteneva che l’uomo fosse completamente succube del destino, nel Rinascimento gli viene conferita la possibilità di agire e di non soccombere ad una realtà già predeterminata.

Insomma, il dilemma persiste. Una vera dicotomia: “Era destino”? Oppure :”Se l’è cercata!”. Chissà!

N.B. In foto la copertina del libro “Sarà il destino a decidere” di Tommaso Tentarelli (Mondadori)

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