Un nuovo ordine mondiale

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Un nuovo ordine mondiale

di Orazio Ruocco

Viviamo dei giorni particolari, nei quali si è fatto strada un termine che solitamente non trova spazio nella nostra quotidianità: pandemìa, dal greco pandèmos composto da pan = “tutto” + dèmos = “popolo”. Il termine “pandemìa” quindi ha poco a che fare, almeno etimologicamente, col concetto di malattia, e questo dovrebbe condurci a riflessioni, anche economiche, che abbiano un respiro più ampio, e che coinvolga l’intero pianeta. Sarò un sognatore, uno sprovveduto, o forse, e peggio ancora, un eretico da tenere alla larga dai santuari ove si predicano e diffondono i criteri e i canoni ufficiali dell’economia nazionale e mondiale, ma credo che una politica economica e sociale seria, incisiva, ed equa non possa essere avulsa da un contesto politico mondiale che esamini a fondo quanto sta avvenendo a livello planetario. Ma prima alcuni significativi dati. Il rapporto Oxfam del 20 gennaio 2020 ci dice che il 20% della popolazione italiana detiene circa il 70% della ricchezza nazionale, stimata in complessivi 9.297 miliardi di euro, circa 4 volte l’ammontare del debito pubblico. Il successivo 20% detiene il 16,9%, lasciando alla maggioranza dei cittadini italiani (60%) la quota restante del il 13,3%. Se si considera il vertice della piramide, i dati sono ancora più sconfortanti. Il 5% più ricco degli italiani è titolare da solo della stessa quota di patrimonio (41%) posseduta dall’80 per cento più povero, e l’1% della popolazione detiene quasi un quarto della ricchezza nazionale (22%). Non molto diverse le cifre che fotografano la situazione a livello mondiale. Un solo dato, per non annoiare: nel 2019 l’1% più ricco, sotto il profilo patrimoniale, deteneva più del doppio della ricchezza netta posseduta da 6,9 miliardi di persone.

Davanti a fenomeni del genere, e considerando lo tsunami del coronavirus che si sta abbattendo sull’Italia e sul mondo occorrono interventi di portata epocali. L’UE ha dato all’Italia libertà di movimenti, nel senso che potremo sfiorare gli indici del patto di stabilità e, conseguentemente, indebitarci ulteriormente. È come dire a chi sta annegando: “Hai la libertà di nuotare”. Ma i debiti poi chi li paga? Cosa può fare un governo, di qualsiasi colore politici davanti ad una situazione quale oggi abbiamo davanti. Personalmente ritengo che ci vorrebbe un nuovo Congresso di Vienna, che non si debba naturalmente celebrare per forza a Vienna, per disegnare un nuovo ordine economico e sociale mondiale. Solo così i governi, sottratti all’influenza e ai ricatti dei grandi potentati economici e finanziari, possono apportare cambiamenti reali per la vita delle persone assicurandosi che le grandi aziende e le persone più ricche paghino la loro giusta quota di tasse, e che il ricavato venga investito per ridare linfa al sistema economico sull’orlo del collasso, e che producano sistemi sanitari e di istruzione a cui tutti i cittadini possano accedere gratuitamente.

Occorrerebbe perciò istituire un’aliquota d’imposta marginale molto alta per i redditi più alti. Stabilire finalmente un salario garantito a fronte di una sensibile riduzione del cuneo contributivo. E poi, e poi occorrerebbe… Qui faccio emergere le mie convinzioni di liberale di vecchio stampo che a quella cultura si è abbeverato. Luigi Einaudi, secondo Presidente della Repubblica, e grande esponente della dottrina politica liberale sosteneva che un sistema fiscale può considerarsi equo quando chi possiede un reddito alto paga proporzionalmente imposte più gravose rispetto a chi detiene un reddito basso.

Un discorso dell’allora governatore della Banca d’Italia appare oggi alquanto attuale. Lamentava che la patrimoniale fosse stata accantonata. Era l’ennesima dimostrazione dello scarso coraggio e della mancanza di una visione programmatica, a causa della quale il debito pubblico del nostro paese era piombato a livelli impensabili. Se la patrimoniale non è sicuramente la panacea dei mali tributari italiani, secondo Luigi Einaudi è però in grado di compiere un vero miracolo: “mutare a fondo la psicologia del contribuente”. Una simile inversione di rotta darebbe al cittadino la consapevolezza di una raggiunta trasparenza fiscale, che gli trasmetterebbe fiducia nello Stato, percepito finalmente come onesto e non come ladro. Avranno, aggiungo io, le forze politiche il coraggio di istituire una imposta patrimoniale straordinaria? Concludo con le parole dello stesso Einaudi: «La patrimoniale lasciamola per il giorno in cui avremo governanti sulla cui credibilità nessun contribuente potrà nutrire dubbi – se mai verranno».

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