Vicenews: «Cilento fiorente business del narcotraffico e delle estorsioni»

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Vicenews: «Cilento fiorente business del narcotraffico e delle estorsioni»

«Il Cilento rischia di diventare la palestra delle nuove mafie». Titola così Vice news, l’agenzia di stampa internazionale, l’articolo pubblicato il 4 ottobre a firma di Enrico Nocera. Sotto i riflettori il Cilento, Castellabate, dove già prima del 2010, dalla consacrazione con il film Benvenuti al Sud, qualcuno si era accorto delle potenzialità del territorio. Non per l’industria cinematografica, – dice il quotidiano – ma per il fiorente business del narcotraffico e delle estorsioni. Il tutto sarebbe nato quando il clan Nuvoletta ha acquisito la proprietà dell’hotel Castelsandra all’inizio degli anni Ottanta. «Esiste un filo tutt’altro che sottile collegava, già trent’anni fa, territori ad alta densità camorristica con l’immacolata distesa cilentana, tanto che il 13 luglio 1992 arrivano i sigilli all’albergo e la confisca dei beni appartenenti al clan Nuvoletta, disposti dai giudici del tribunale di Napoli», scrive.

Senza mezzi termini sottolinea «un rapporto sempre taciuto, per un’opinione pubblica che in genere rifiuta l’appellativo di ‘terra di camorra’». Il Cilento rischia di diventare una sorta di «laboratorio» per nuovi cartelli criminali, che non si impongono in modo violento sul tessuto sociale, ma lo assecondano nel desiderio di veder crescere e modernizzare la propria economia. Lo spiega, a Vice News, Marcello Ravveduto, docente universitario di Storia Contemporanea e referente di Libera Salerno. 

L’edilizia Per il quotidiano, quello che lega le «vecchie» mafie a quelle di nuova generazione sulla costa cilentana, è l’edilizia. «Quando ero sindaco, a inizio anni Novanta, chiesi più volte – ma invano – l’istituzione di un’anagrafe degli investimenti immobiliari presso l’Alto Commissario per il coordinamento della lotta contro la delinquenza mafiosa. D’altra parte, che in Cilento la camorra e la ‘ndrangheta abbiano degli interessi non è un mistero per nessuno, anche se istituzioni e molti cittadini fanno di tutto per negarlo», dice Giuseppe Tarallo, ex sindaco di Montecorice e presidente del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni dal 2001 al 2008. «Quando ero sindaco venni avvicinato da alcune persone durante un matrimonio, cui partecipavo come invitato, all’hotel Castelsandra. Mi riferirono che ero desiderato in direzione. Una volta lì mi fu detto che avrei dovuto assecondare, o almeno non ostacolare apertamente, gli investimenti immobiliari che all’epoca erano previsti tra Agnone e Acciaroli. Investimenti che, mi venne riferito a chiare lettere, erano per l’80 percento riconducibili a capitali mafiosi». «In Cilento i clan si dedicano al commercio, dove le licenze sono relativamente facili da ottenere. – sottolinea Ravveduto – Non hanno nessun interesse a controllare le amministrazioni. D’altra parte chi glielo fa fare? Chi mai cercherebbe di condizionare le scelte di un Comune di poche migliaia di abitanti che non ha nemmeno i soldi per la cancelleria? Per questo è difficile ricostruire la mappa dei clan. C’è un passaggio tra economia illegale ed economia legale che ancora non abbiamo colto appieno». 

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