Procreazione medicalmente assistita: “Se non ora quando” Napoli scrive alle ministre Cancellieri, Fornero e Severino

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Procreazione medicalmente assistita: “Se non ora quando” Napoli scrive alle ministre Cancellieri, Fornero e Severino

Torna di nuovo in auge il tema della procreazione medicalmente assistita e della legge 40 che ha collezionato fino ad ora 16 bocciature da tribunali nazionali ed europei. Dopo l’ultima sentenza della Corte Europea, il Governo italiano ha annunciato ricorso alla Corte di Strasburgo. Le promotrici del comitato Se non ora quando di Napoli hanno scritto in merito alle ministre Cancellieri, Fornero e Severino per evitare il ricorso. In Campania sono presenti 40 centri di procreazione medicalmente assistita, 31 privati e 9 pubblici. Di questi nove pubblici uno è quello di Vallo della Lucania, presso l’ospedale San Luca, dove è possibile praticare la Fivet (Fecondazione in vitro ed embryo-transfer).

Di seguito la missiva del comitato Se non ora quando di Napoli

Il Ministro della Salute, R. Balduzzi, ha chiesto ai suoi colleghi il parere favorevole alla presentazione del ricorso avverso la recente pronuncia della Corte Europea, che ha giudicato incoerente la legge n. 40 che “regolamenta” la procreazione medicalmente assistita.

Nell’attesa di siffatta decisione, che auspichiamo sia rispettosa dell’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, alla base della pronuncia giurisdizionale sovranazionale, ci rivolgiamo alle titolari dei Dicasteri degli Interni, Pari Opportunità e Giustizia, ad Anna Maria Cancellieri, Elsa Fornero e Paola Severino, ma anche a tutti gli uomini liberi del Consiglio dei Ministri, affinché non diano il proprio voto a sostegno del ricorso che il Governo si propone di presentare entro tre mesi alla Grande Chambre di Strasburgo, per evitare che diventi norma vigente in Italia la menzionata sentenza della Corte Europea.

Logica, ragionevolezza e buon senso, nonché una puntuale disamina delle sedici pronunce operate dai competenti organi giurisdizionali italiani sulle incongruenze della legge n. 40 ed un’attenta analisi delle motivazioni alla base dei cinque ricorsi presentati alla Corte Costituzionale in merito alla medesima legge, dovrebbero indurre l’intera compagine dell’esecutivo presieduto dal premier Monti a rinunciare a detto ricorso.

Tuttavia la forte aspettativa riposta dalle donne italiane a che la loro rappresentanza governativa si connoti anche per un attento, puntuale e coerente rispetto della  dignità femminile ci induce a fare appello soprattutto alle titolari dei tre suddetti ministeri, Cancellieri, Fornero e Severino, affinché non costringano donne desiderose di maternità, portatrici di una malattia genetica, a farsi impiantare, in base alla attuale normativa, un embrione malato, per poi successivamente abortirlo, “quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determino un grave pericolo per la salute fisica e psichica della donna” costringendo donne già provate dalla sofferenza a subire un ulteriore trauma.

Facciamo appello affinché soprattutto le donne comprendano, nel rispetto della sentenza della Corte Europea, a valutare la incoerenza della norma e considerare che nella realtà fattuale già da due anni, ossia dalla pronuncia del Tribunale di Salerno, i centri di fecondazione assistita presenti sul territorio italiano effettuano diagnosi preimpianto degli embrioni, auspicando che la futura normativa di riferimento non sancisca “l’eugenetica”, ma eviti alle donne il rischio di essere vittime di un doppio trauma.

Ordunque il ricorso prospettato appare piuttosto che improntato al rispetto della vita umana al quale ogni buon governante dovrebbe tendere, solo “un accanimento terapeutico per una legge di cui restano soltanto i brandelli e di cui le giurisdizioni europea ed italiana hanno ripetutamente messo in evidenza le innegabili violazioni della legalità costituzionale” (S. Rodotà).

Poiché l’Europa, considerata quale stella polare, non sia ascoltata solo sulla moneta unica, sulle finanze pubbliche concordate, sui sacrifici economici imposti in nome della salvezza nazionale, ma anche sulle libertà e sul rispetto dei diritti universalmente riconosciuti, riteniamo che il Consiglio dei Ministri non possa decidere di presentare ricorso avverso la sentenza della Corte Europea sulla legge n. 40.

E Voi, che in tale organo istituzionale rappresentate non solo i rispettivi dicasteri d’appartenenza, ma anche la particolare aspettativa, in Voi riposta dalle donne italiane, di una maggiore e migliore tutela dei loro interessi, pronunciate un No chiaro ed inequivocabile, anche in nome e per conto di quante non hanno la possibilità di far sentire chiara, decisa e forte la voce dei loro diritti.

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