Salerno sembra la Svezia, è la capitale della differenziata

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Salerno sembra la Svezia, è la capitale della differenziata

Lo stereotipo che vuole i campani e i meridionali geneticamente “inadatti” a fare la raccolta differenziata crolla miseramente nel salernitano. Una delle più estese province italiane (quasi 5mila chilometri quadrati di superficie, 158 comuni e oltre 1milione di abitanti) con una raccolta differenziata che raggiunge quote da record, che la mettono al di sopra di tanti nuclei urbani del Centro e del Nord del paese.
 
Sotto l’etichetta del “miracolo Salerno” si nascondono tante realtà virtuose, grandi o piccolissime. C’è la Salerno del sindaco Vincenzo De Luca, quasi 150mila abitanti, passata nell’arco di un triennio da livelli di differenziata “napoletani” a percentuali “svedesi”, tanto da diventare un modello da esportazione. Ci sono centri medi, come Cava de’ Tirreni, oltre 50mila abitanti e una differenziata che da anni si attesta al 66 per cento. E ci sono i minuscoli comuni del Cilento e del Vallo di Diano, come Roccagloriosa e Atena Lucana, capaci di arrivare a differenziare più del 90 per cento dei propri rifiuti.

Quali sono le ragioni del fenomeno salernitano? «Non c’è nessun segreto» afferma Sergio Annunziata, sindaco di Atena Lucana, comune di circa 2400 abitanti al confine con la Basilicata, che da anni riesce a differenziare la quasi totalità dei propri rifiuti (92 per cento dichiarato). Pochi giorni fa è stato invitato a raccontare la propria esperienza virtuosa alla Festambiente di Vicenza, insieme agli assessori all’Ambiente delle città di Berlino e di Parigi, Katrin Lompscher e Denis Baupin. «Non ho rivelato nessuna formula magica – dice – Semplicemente ho iniziato a promuovere la differenziata nel mio comune dieci anni fa, quando dalle nostre parti non ne parlava ancora nessuno. Adesso facciamo il porta a porta e siamo arrivati a differenziare tutto, anche gli oli esausti della cucina e gli abiti dismessi».

Per realizzate il miracolo di Atena Lucana è stata necessaria la partecipazione attiva della popolazione. «L’importante – afferma Annunziata – è sensibilizzare la gente. E la maniera migliore per farlo è spiegare loro quanto si riesce a risparmiare con la differenziata. Noi, per esempio, riusciamo a rivendere molti dei materiali raccolti, recuperando il 35 per cento del costo del servizio, e così posso far pagare ai miei cittadini tasse bassissime. Per un’abitazione di 100 metri quadrati da noi si pagano 40 euro di Tarsu, dieci volte in meno di quanto si paga a Napoli».

L’obiezione ricorrente, in questi casi, è che non ci voglia molto a fare la differenziata in un comune di poche migliaia di abitanti, mentre la musica cambierebbe al crescere della popolazione e della densità abitativa. Una smentita arriva da Salerno, unico comune italiano di oltre 100mila abitanti (insieme a Novara) a potersi fregiare del titolo di “comune riciclone” assegnato annualmente da Legambiente. L’ultima edizione della speciale classifica, pubblicata oggi dalla associazione ambientalista, attribuisce a Salerno il 70,31 per cento di differenziata.

La ricetta vincente è sempre la stessa. «Salerno – spiega Michele Buonomo, presidente di Legambiente Campania – si è impegnata molto dal punto di vista dell’organizzazione del servizio e ha fatto gli investimenti adeguati, così ha dimostrato che anche in comuni sopra la soglia critica dei centomila abitanti è possibile fare una differenziata di alto livello. Il metodo è quello del porta a porta, che si è dimostrato molto più efficace della raccolta su strada, tramite cassonetti».

Nel 2008 il sindaco De Luca ha lanciato il servizio di raccolta a domicilio, che in due anni (attraverso cinque “step” da 30mila abitanti ognuno) è stato progressivamente esteso all’intero territorio comunale. I risultati sono arrivati subito e già nel 2009 la raccolta differenziata si attestava al 45 per cento, garantendogli il primo riconoscimento di Legambiente. La città campana – affermava l’associazione nella “motivazione” del premio – è la «dimostrazione che dall’emergenza si può uscire, che i modi per farlo ci sono. A chiunque dirà qualcosa circa supposte impossibilità o evidenti difficoltà, che nessuno nasconde, la risposta finalmente c’è: Salerno».

Risultati incoraggianti arrivano anche da altre realtà salernitane. Ad esempio dai comuni compresi nel Consorzio di bacino Salerno1, tra cui tanti centri urbani dell’agro nocerino-sarnese, al confine con la provincia di Napoli. «La svolta si è avuta con la raccolta porta a porta – spiega Gabriele Quarello, dirigente del consorzio – Se si eccettuano pochi casi, come quello di Angri, dove di recente, e in controtendenza con il resto del territorio, l’amministrazione comunale ha deciso di reintrodurre i cassonetti in strada, il servizio di raccolta a domicilio oggi rappresenta la regola in tutti i comuni della zona. E i risultati si vedono». Oltre alla citata Cava de Tirreni (66 per cento di raccolta differenziata), in zona ci sono gli esempi virtuosi di Nocera Superiore, Mercato San Severino e Baronissi, tutti comuni di circa 20mila abitanti e con quote di differenziata che variano tra i 60 e i 70 punti percentuali.

Termovalorizzatore superfluo? I risultati esaltanti raggiunti dalla provincia salernitana in tema di differenziata hanno riaperto il dibattito sulla necessità di un termovalorizzatore in zona. Paradossalmente, a sposare le idee degli ambientalisti – a detta dei quali un termovalorizzatore sarebbe superfluo – è oggi lo stesso De Luca, che fino a pochi anni fa era uno dei massimi fautori dell’impianto, che intendeva affidare all’autore del Guggenheim di Bilbao Frank Gehry.

A determinare la conversione verde del sindaco contribuisce sensibilmente il fatto che oggi, in virtù delle leggi che hanno affidato alle Province il ciclo integrato dei rifiuti, non spetterebbe più a lui realizzare e gestire l’impianto, bensì al presidente della Provincia Edmondo Cirielli. Fatto sta che oggi De Luca va dicendo che i comuni salernitani «non possono garantire al futuro impianto le 300mila tonnellate annue di conferimenti previste». E che dunque «il raggiungimento di tale quantitativo porterebbe a Salerno rifiuti provenienti da altri territori, confermando in pieno tutte le preoccupazioni già espresse in relazione alla tutela della salute pubblica». Stesso concetto, con parole diverse, esprime il presidente di Legambiente Campania Buonomo: «A Salerno servono altri tipi di impianti. Anche nelle realtà più virtuose, quelle che arrivano all’80 per cento di raccolta differenziata, resta infatti sempre una frazione del 20 per cento che necessita di un ulteriore trattamento. Quanto ai termovalorizzatori, invece, alla Campania basta quello di Acerra. A patto che sia fatto funzionare come si deve».

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