“L’ombra della luce”: la mostra fotografica di Rosario Tedesco ad Ascea, presso la Fondazione Alario

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“L’ombra della luce”: la mostra fotografica di Rosario Tedesco ad Ascea, presso la Fondazione Alario

“Tutto è pieno insieme di luce e di tenebra invisibile,
pari l’una e l’altra, perché né con l’una né con l’altra c’è il nulla”
Parmenide, “Sulla Natura”

Il 18 maggio alle 18:30, nell’ambito degli eventi indetti per Eleatica 2013, Claudio Aprea, direttore della Fondazione Alario, ove avrà luogo la mostra, inaugurerà ufficialmente la personale di Rosario Tedesco “L’ombra della luce”.

I presenti saranno guidati in direzione della sala espositiva ove ha sede l’installazione da un reading durante il quale verranno letti una serie di testi scelti dall’autore per l’occasione.

Interventi:
– La poetessa e critica letteraria Angela Furcas leggerà una sua recensione-presentazione delle opere presenti nella mostra;
– Salvatore Forte (studioso rosacrociano e sceneggiatore) e Francesco De Falco (regista cinematografico) si alterneranno a leggere e a commentare passi tratti dal saggio “L’ombra delle idee” di Giordano Bruno;
– L’attrice Cristina Orrico leggerà frammenti scelti dal poema “Sulla natura” di Parmenide

«Non è stato facile – racconta Rosario Tedesco – ma alla fine ho scelto i migliori scatti tra quelli che, con gentile concessione avvenuta in via esclusiva dell’attore Manuele Morgese, gli ho fatto nelle due occasioni nelle quali ho avuto modo di assistere allo spettacolo teatrale “Il Caso Dorian Gray”, scritto da Giuseppe Manfridi e diretto da Pino Micol, la prima volta al Castello dell’Abate il 26 agosto scorso a Castellabate e la seconda al Teatro Parmenide il 12 febbraio ad Ascea, offrendomi inconsapevolmente esattamente, fin nei minimi dettagli, lo scenario cui ero alla ricerca da diverso tempo per realizzare delle foto che avevo ben chiare nella mente nelle quali fossero presenti tutti quegli elementi che facessero sì io potessi realizzare una “visione” ben specifica che avevo avuto e che perseguivo in segreto attendendo l’occasione propizia per metterla in atto e far sì divenisse realtà. Io li chiamo – non so quanto legittimamente – “caravaggeschi”, sia per la maniera che ho di mirare ad evidenziare momenti non palesemente determinanti o cruciali, se preferite, della vita o, nel caso specifico di uno spettacolo teatrale, sia per la maniera con cui metto in risalto il contrasto tra le luci, l’oscurità e le ombre, proprio come faceva il grande Maestro a suo tempo, che il critico d’arte Vittorio Sgarbi ama definire, soprattutto per la prima delle due ragioni, il primo fotografo della storia. Al di là di quanto l’amica critica letteraria e poetessa Angela Furcas ha scritto di oltremodo lusinghiero nei miei confronti riguardi questi miei lavori fotografici, io perseguo unicamente un’emozione ben precisa che ben conosco, sia al momento in cui scatto le foto, che in quello successivo in cui vi lavoro in post-produzione per accentuare il risultato a cui miro per ciascuna di esse.
L’intento e la speranza sono che quella stessa emozione giunga, anche solo in parte, a chi le visionerà
».

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