A Padula …son tornate a fiorire le rose: continua il progetto integrato ‘Rosantico’

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A Padula …son tornate a fiorire le rose: continua il progetto integrato ‘Rosantico’

Prosegue il percorso articolato del progetto integrato di archeologia, paleobotanica, valorizzazione sostenibile ‘Rosantico’, natura, bellezza, gusto, profumi tra Paestum, Padula e Velia, sullo spunto del recupero, nell’area dei templi, della varietà botanica più vicina alla rosa antica di Paestum, celebrata da Virgilio, a cura e per iniziativa del Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni d’intesa con la Soprintendenza per i Beni Archeologici di Salerno, Avellino, Benevento e Caserta. Seconda tappa del progetto è il reimpianto del roseto certosino, un ceppo antico di rosa banksiana, identificato dalla ricerca botanica nel corso del restauro esemplare del complesso monastico più suggestivo d’Europa.

Nel 2004 il recupero della Certosa di San Lorenzo in Padula si avviava a conclusione e, soprattutto, si stava concludendo il sorprendente recupero dei giardini, delle corti, dei chiostri e di tutte le aree esterne al costruito, aree che per circa un secolo e mezzo erano rimaste ricoperte da consistenti strati di terreno alluvionale depositato dalle ripetute inondazioni verificatesi dalla metà dell’Ottocento. Un attento e sistematico recupero operato dalla sorprintedenza ai Beni Architettonici di Salerno e Avellino anche per le aree interne a uno dei complessi monastici più grandi d’Europa permette oggi di riproporre a un attento visitatore lo stato che i laboriosi e fantasiosi padri certosini avevano immaginato e progettato per la loro ‘Città Celeste’. Come ha di recente ben messo in risalto Gennaro Miccio, il soprindentente a cui si deve la recente messa a punto del progetto di recupero del roseto certosino che si inaugura il 25 maggio, ore 11,30 nel chiostro del Priore, alla presenza di autorità a cittadini, già gli studi che Alessandro Tagliolini aveva condotto sulla sistemazione e sui disegni dei giardini e del Desertum della Certosa avevano ipotizzato l’esistenza di un diverso disegno di ogni spazio secondo un progetto che rispondeva alle esigenze spirituali dei padri certosini: all’interno di ognuno dei ventisei appartamenti era un’ampia area destinata a giardino, e non a orto da coltivare. Grandi riquadri, poi, riproducevano il Chiostro Grande, luogo centrale della vita claustrale.

Girdini questi che si offrono quale mezzo e strumento per dare modo al certosino di modellare la natura e per ricercare, attraverso la manipolazione della forma e dello spazio, l’essenza stessa dello spirito. I monaci non avevano bisogno di coltivare la terra: la Certosa di Padula era ricca e godeva di cospicue rendite provenienti dai vasti provvedimenti. La cura del giardino costituiva per il monaco un ulteriore strumento che, unito alla preghiera, allo studio, alla contemplazione, alla pratica artistica, rendeva possibile già in questa vita ed all’interno della Certosa, la concretizzazione della ‘Città Celeste’ intesa quale preludio naturale del Paradiso.

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