‘Sconzajuoco’, il secondo numero aperto da una lettera del giornalista Luca Pagliari ad Angelo Vassallo

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‘Sconzajuoco’, il secondo numero aperto da una lettera del giornalista Luca Pagliari ad Angelo Vassallo

È stato pubblicato il secondo numero de periodico della fondazione Angelo Vassallo sindaco pescatore ‘Sconzajuoco’, pubblicato per la prima volta il 29 settembre scorso. ‘Sconzajuoco’ è il progetto di riqualificazione ambientale e sociale di un tratto di spiaggia del comune di Capaci in provincia di Palermo. Un’iniziativa, nata grazie all’associazione AddioPizzo, che vuole essere una vera e propria rivoluzione culturale e sociale volta a scompaginare gli affari della Mafia. ‘Sconzajuoco’ era anche il nome della barca di Libero Grassi, siciliano coraggioso che amava il mare e la libertà e fu ucciso dalla mafia nel 1991. ‘Sconzajuoco’, da ora, è il nome del periodico pubblicato mensilmente dalla Fondazione Angelo Vassallo Sindaco Pescatore. Lo scopo è quello di dare voce a chiunque voglia raccontare il proprio territorio, storie passate o recenti, riflessioni politiche. Tutto ciò avverrà senza operare nessuna distinzionesociale, di religione, di appartenenza politica.

Lettera ad Angelo Vassallo Il secondo numero di Sconzajuoco ha un’apertura d’eccezione, una lettera del giornalista Luca Pagliari ad Angelo Vassallo, qui sotto proposta integralmente. Per scaricare la rivista ‘Sconzajuoco’ clicca qui.

Caro Angelo, 
spesso quando sto realizzando un reportage o un servizio giornalistico, mi scopro a chiedermi se ti sarebbe piaciuto o se avresti approvato. Non so perché questo accada, ma è così. Da quando la tua storia, grazie a Dario, si è sovrapposta alla mia vita, il tuo esempio è divenuto parte integrante del mio agire. 
Angelo, oggi voglio regalarti una storia che mi è tornata alla mente qualche sera fa mentre dialogavo con Simone Cristicchi. Oltre ad essere un cantante, un attore e uno scrittore, Simone è uno che osserva il mondo partendo dal basso, dai deboli, da chi non ha voce. Il 26 settembre, in occasione della giornata europea della ricerca, l’Università Politecnica delle Marche mi ha invitato a chiacchierare con lui su di un palco. La piazza era gremita e per un istante mi è passato per la mente che una serata così, nella tua Pollica, ci sarebbe stata da dio. Nessuna retorica, niente vip, ma solo parole e brezza di mare.
Abbiamo parlato di matti, di poesia, di bellezza, di Alda Merini, di natura e soprattutto di amore per gli ultimi. Anche tu avevi un amore viscerale per i disgraziati, quelli che non chiedono, che non sono furbi, che si accontentano sempre. E adesso arrivo alla storia. 
Nel 2004 sono andato per la Rai a fare un reportage in Val Pellice (Piemonte) tentando di raccogliere la testimonianza di uno degli ultimi partigiani viventi della zona. 
Ho parlato a lungo con Aldo, quasi 90 anni e una vita da boscaiolo spezzata dal dramma della guerra. Mi ha raccontato tante cose Aldo e la più bella è arrivata per caso, uscita da chissà quale angolo della memoria.
Durante un rastrellamento in montagna ci fu uno scontro a fuoco. Quasi tutte le sere partigiani e tedeschi si sparavano addosso e spesso i cadaveri erano mostrati come trofei. Quella notte Aldo e un soldato tedesco rimasero feriti in maniera non grave e il destino li depositò in due letti dello stesso ospedale, separati da un misero comodino di ferro. Mai il nostro partigiano era stato così vicino al nemico e immagino che la stessa cosa valesse per il tedesco. Entrambi avevano vent’anni o poco più. Il vuoto tra quei due letti era colmo di odio, di rancore e soprattutto di diffidenza. La prima notte nessuno dei due chiuse occhio per paura che l’altro potesse ucciderlo nel buio. La mattina successiva il soldato tedesco estrasse da chissà dove una sigaretta e se la fumò. Per il partigiano fu una sofferenza, avrebbe dato chissà cosa per una semplice tirata. 
Il ragazzo tedesco fumò altre volte durante il giorno e verso sera, chissà perché, appoggiò una sigaretta sul comodino. Per Aldo fu una tortura, mai avrebbe ceduto a quella tentazione e sicuramente il crucco lo stava aspettando al varco per colpirlo. Fu mentre stava pensando ciò, che il soldatino, con un lieve movimento dell’indice, fece rotolare leggermente la sigaretta verso Aldo. Passarono altri minuti interminabili ma alla fine Aldo cedette; impaurito e vergognoso prese tra le dita quel mezzo mozzicone proveniente dal nemico. 
Lentamente, nel silenzio più totale, il tedesco porse ad Aldo un fiammifero. Una nube liberatoria di fumo avvolse il partigiano. 
Aldo, dopo la prima avida tirata, piuttosto indeciso si voltò verso il nemico per valutare la situazione. Inarrestabile, incontenibile, a entrambi scappò di bocca un sorriso. 
Fu così che nacque un’amicizia durata oltre cinquant’anni. Durante le tante vacanze trascorse assieme, raccontarono tante volte la loro incredibile vicenda. Prima alle mogli, poi ai figli e quindi ai nipoti. 
È una bella storia d’amore caro Angelo, accetta questo piccolo racconto. Consideralo un modesto omaggio. Un fiore depositato ai piedi della tua tomba, in questa giornata d’autunno.

Luca Pagliari

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