C’è un libero poeta nel Cilento che i cilentani non riconoscono: quando la poesia può costarti la vita | VIDEO

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C’è un libero poeta nel Cilento che i cilentani non riconoscono: quando la poesia può costarti la vita | VIDEO

A 13 anni, spiega, si è autoproclamato poeta. Ovvero, obbediente, a una missione. La poesia – spiega – si impossesserà della sua vita determinando esperienze di «grande putrefazione» e «incredibile esaltazione». Insomma, può capitare che la più drammatica dannazione diventi l’amore più inviolabile, il dono più prezioso a cui sei legato. Indissolubilmente. E, in nome di questa scelta compiuta, tutto può accaderti. Perché sei solo strumento e non artefice. Ed è grazie a questo ‘sì’ che la poesia continua ad esprimersi, anche se tu ne muori. 

E’ quanto accaduto a Pantaleo Cella, poeta cilentano, nella bocca di molti: incompreso, allontanato, messo ai margini. Nella bocca sua, invece: semplicemente obbediente alla missione che ha abbracciato. E tutto quello che, agli occhi dei tanti diventa il primo tratto attraverso cui rappresentarlo, agli occhi suoi si trasforma in naturali premesse, affinchè il libero pensiero possa prima formarsi e, poi, esprimersi. Attraverso l’arte delle parole. Ma affinchè si formi e perchè si esprima, è necessaria, almeno in questo caso, una profonda aderenza alla fisicità della vita. 

Esistere significa appunto avvertire. Poi esprimere. Ma per avvertire è imprescindibile che il freddo sia tale e come tale sia percepito, come anche il dolore, l’estasi, l’amore, se vuoi: la fame, la solitudine, l’ingratitudine, il ribrezzo degli altri, come anche il vento, il puzzo di putrefazione e l’odore del sole. «Non può l’uomo scegliere la poesia – dice Pantaleo Cella – ma è la poesia a sceglierti». E ti vuole tutt’intero, come lui si è concesso, senza riservarsi altro che non fosse immediatamente disponibile a quel remoto ‘si’. 

Questo giornale ha incontrato Pantaleo Cella in occasione della ricostruzione della storia cilentana, come l’ha incrociato nella spiegazione del rapporto tra darvinismo e creazionismo, insomma intorno a quesiti storici e filosofici. Oggi l’appuntamento con le videointerviste si ridetermina, attraverso quello che è una sorta di ‘testamento’ o ‘confessione’ del poeta, rispetto a cui, chi scrive, sente di non dovere aggiungere altro. Se non grazie, auspicando che venga accolto nel significato più compiuto che questa parola è in grado di partorire. 

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