Coronavirus e “campanili”, da dove nasce il sistema dei comuni italiano?

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Coronavirus e “campanili”, da dove nasce il sistema dei comuni italiano?

di Giangaetano Petrillo

I sindaci cominciano ad assumere anche il ruolo di sceriffo, costretti a farlo per tutelare la salute di tutti dall’incoscienza di alcuni. Vale a dire coloro che, nonostante i divieti, escono di casa senza motivo rischiando di vanificare gli sforzi di chi, come medici e infermieri, stanno cercando di contrastare l’avanzata del contagio. Proprio i sindaci, e di riflesso le comunità, stanno riscoprendo la responsabilità e l’importanza dell’amministrazione locale. La politica degli ultimi vent’anni, così fortemente compressa in un sistema verticistico di potere, aveva distanziato l’attenzione di comuni, che sempre più vediamo riemergere. Ma da dove nasce il sistema dei comuni italiano? Il “Paese dei mille campanili” questa definizione dell’Italia non è un semplice motto, ma affondo le radici in una storia complessa. È l’età dei Comuni, che inizia intorno all’anno Mille, quando molti centri abitati della penisola cominciano a ingrandirsi, ad arricchirsi, a ripopolarsi. Nell’XI secolo la popolazione delle città tornò a crescere grazie ai grandi progressi dell’agricoltura, che garantirono un aumento dei beni alimentari disponibili e fecero affluire nei centri urbani nuovi abitanti. Le città si riempirono così di botteghe artigiane e di attività commerciali. Di conseguenza, i borghesi, cioè gli artigiani e i mercanti provenienti dagli antichi borghi che un tempo stavano al di fuori delle mura, divennero sempre più consapevoli della propria forza e cominciarono a voler partecipare in maniera più attiva alla vita politica della propria città, prendendo autonomamente decisioni senza più dover sottostare ad alcuna autorità esterna, nemmeno a quella dell’imperatore. In questo periodo però i borghesi non erano i soli abitanti delle città a chiedere maggiore peso politico. In generale infatti tutti i cittadini più ricchi, non solo commercianti ma anche i nobili, esperti di diritto, giudici e notai, volevano governarsi da soli, scegliendo le leggi con cui regolare la vita della comunità cittadina e amministrando in modo autonomo i propri interessi. Le città, però, erano di fatto governate dai vescovi o, in misura minore, da grandi feudatari, che imponevano tasse e obblighi a tutti gli abitanti dei loro territori. In molte città si formarono delle libere associazioni di cittadini che intendevano gestire in modo autonomo i problemi della vita urbana e che presero il nome di comuni. All’inizio, i comuni avevano un carattere privato, cioè non erano riconosciuti dalle autorità ufficiali ma erano semplice espressione della libera volontà dei cittadini. A poco a poco, però, esse riuscirono ad assumere il pieno potere, cominciando a svolgere funzioni di governo che spettavano all’imperatore ma che da tempo erano gestite dai vescovi. Fu così che, in gran parte dei centri urbani dell’Italia centro-settentrionale, la guida della politica cittadina fu assunta dai consigli, vale a dire dalle assemblee formate dai rappresentanti delle famiglie più potenti della città. A seconda delle città, questi consigli assunsero il nomi diversi, spesso definiti arenghi o parlamenti. Ben presto, i consigli cominciarono a nominare, attraverso elezione, i loro rappresentanti, i consoli. Questi restavano in carica per un periodo di tempo limitato, di solito un anno, ed esercitavano il potere esecutivo. Infatti i consoli dovevano mettere in pratica le decisioni prese dai consigli. E proprio l’elezione dei consoli, rappresenta, secondo gli storici, la nascita vera e propria dei comuni nelle singole città. Fin dalle origini, le associazioni di cittadini che avevano dato vita ai comuni si proponevano di esercitare un vero e proprio potere politico, cioè di controllare la vita della città e dei suoi abitanti sotto ogni aspetto, politico, sociale ed economico. All’inizio i consigli o le assemblee popolari affiancarono i conti o i vescovi, ma dalla seconda metà dell’XI secolo divennero sempre più importanti e finirono per scalzarli. Ben presto, dunque, i comuni diventarono delle vere e proprie istituzioni e cominciarono a esercitare in piena autonomia il potere politico sulle città. I comuni iniziarono così a svolgere alcuni compiti che prima spettavano ai signori feudali o ai vescovi, come la riscossione dei tributi del contado, cioè dalle campagne circostanti; il conio della moneta; imporre dei dazi, cioè imposte sulle merci che entravano in città; emanare le leggi; amministrare la giustizia attraverso i tribunali; organizzare milizie armate per difendere la città dalle minacce esterne. In Italia, già alla fine dell’XI secolo, Milano, Genova, Pisa, Asti e Arezzo diedero vita a comuni autonomi. Milano in particolare si affermò presto come il più importante comune lombardo grazie alla felice posizione geografica nel mezzo della pianura padana. La città infatti era vicina sia al mar Tirreno, e quindi ai traffici mediterranei, sia alle Alpi, e quindi alle grandi direttrici commerciali dell’Europa continentale. Il comune di Firenze nacque nel XII secolo. La città toscana conquistò presto un posto di primo piano, grazie alle sue fiorenti attività manifatturiere, specialmente in campo tessile, sia si suoi potenti banchieri, la famiglie Bardi, Peruzzi; Acciajuoli, Scali, che finanziavano le corti di tutta Europa. Nell’Italia meridionale lo sviluppo dei comuni fu ostacolato dalla presenza del regno normanno, che intorno al 1100 si estendeva su Sicilia, Puglia, Calabria a cui si aggiunsero poi Campania e Basilicata, e che rappresentò un forte ostacolo allo sviluppo delle autonomie cittadine. Vi sono comunque realtà attivissime antiche nell’Italia Meridionale che riescono ad accrescere il loro potere sino a guadagnare una relativa autonomia dal potere imperiale. Una di queste è Amalfi, immersa nella natura selvatica e spettacolare della sua costa, nei secoli crocevia di popoli molto diversi fra loro. Come i tirreni, il nome che i greci usavano per indicare gli etruschi, o gli stessi greci, e successivamente i romani. O i fenici che qui arrivarono dai porti dell’Asia Minore, portando spezie, tessuti e conoscenza. Quella di Amalfi è una potenza iniziata nel IX secolo, che esplode prepotentemente nel corso dell’XI secolo, ed è fondata sulle conoscenze navali e astronomiche romane. Dunque, Amalfi rappresenta un’unicità nel meridione d’Italia. L’ennesimo capitolo di una storia fatta di continui scambi tra Oriente e Occidente, sulle vie del mare e del desiderio di libertà.

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