L’Italia, Miklós Zrínyi e la causa cristiana:  uno sguardo alla  politica e alla cultura ungherese  del XVII secolo

| di
L’Italia, Miklós Zrínyi e la causa cristiana:  uno sguardo alla  politica e alla cultura ungherese  del XVII secolo

Nel Seicento l’Ungheria è divisa in tre parti, è travolta dagli intrighi politici e dalla crisi sociale, dalle continue guerre antiturche e dalle discordie tra cattolici e protestanti; eppure i nobili cattolici, nonostante la delicata situazione del Paese, continuano a formarsi in Italia, come avveniva nei secoli precedenti, e la vita culturale dei magiari è fervida e produce veri capolavori. La Controriforma in Ungheria è guidata dall’ arcivescovo Péter Pázmáni, figura eminente del Barocco magiaro, meritevolmente considerato “padre della prosa moderna ungherese”. Filosofo e teologo coltissimo, Pázmáni favorì la nascita di licei-ginnasi, accademie, collegi e università; invogliò la più alta nobiltà a fare “pellegrinaggi culturali” in Italia; spinse il più alto clero cattolico a frequentare Collegi italiani: il Germanico -Ungarico di Roma, l’Ungarico-Illirico di Bologna, quello dei Nobili a Parma.

Come già avveniva nel XIII secolo e in quelli successivi, ancora  nel XVII secolo gli uomini più altamente istruiti dell’Ungheria continuarono a studiare in Italia: il futuro principe dell’Ungheria indipendente Ferenc Rákóczi II, il futuro governatore Ferenc Nádasdy, il futuro vescovo Benedek Kisdy, Miklós Telegdi, a cui si deve la prima tipografia cattolica ungherese,  il memorialista transilvano Miklós Bethlen, György Káldy, che realizzò la prima traduzione integrale cattolica della Bibbia in ungherese, il conte e arcivescovo Imre Csáky, che a Roma compose un melodramma in latino dedicato a  Papa Innocenzo XII, János Vanoviczy, segretario e procuratore generale dell’Ordine dei Paolini ungheresi, autore di un’opera religiosa in italiano … e i fratelli Miklós e Pietro Zrínyi!  L’elenco è lunghissimo e racchiude i rampolli dell’Ungheria del Seicento, che spesso si conobbero in Italia e continuarono a frequentarsi in Ungheria, per poi tornare insieme in Italia, come politici e ambasciatori. 

Il più influente politico e intellettuale ungherese del tempo fu il conte Miklós Zrínyi, discendente di un’ antica famiglia croata e ungherese, da secoli avvezza al comando e all’amministrazione politica.  Come maestro Zrínyi ebbe proprio  l’arcivescovo Péter Pázmáni,  il fautore della Controriforma ungherese. Zrínyi fu uomo d’armi, ma anche di poesia: combatté morendo eroicamente contro il Turco, come i suoi antenati avevano fatto prima di lui; e fin da giovanissimo si dedicò agli studi. Era giovanissimo quando in Italia  ricevette da Papa Urbano VII un libro inversi. Esempio di multilinguismo e multiculturalità, conosce gran parte delle lingue europee e parla fluentemente, oltre all’ungherese e al croato, italiano,  latino, turco e tedesco. In una perfetta sintesi poetica Miklós Zrínyi sfrutta i modelli italiani e latini per inserirli in una poesia originale: i motivi virgiliani, ariosteschi e tasseschi si mescolano agli elementi decorativi del Marino. Zrínyi scrive “Obsidio Szigetiana”(Assedio di Sziget), il poema epico ungherese universalmente considerato il capolavoro poetico del Seicento magiaro: pregevolissimo poema barocco scritto nel 1645-1646, l’opera è un esempio etico- storico di virtù cristiana e nazionale. 

Il poema epico religioso celebra la  difesa che di Sziget aveva eroicamente fatto quasi un secolo prima un suo avo omonimo contro il Turco che avanzava. Prima di comporre il suo capolavoro in onore del bisnonno Miklós Zrínyi, che sacrificò la vita per difendere la causa cristiana, l’Ungheria e l’Occidente dall’assedio turco di Sziget, Miklós Zrínyi analizzò tutte le opere latine e italiane: presso la sua corte di  Csáktornya, uno dei centri intellettuali e politici dell’Ungheria, la Bibliotheca Zriniana, creata sul modello della Bibliotheca di re Mattia Corvino,  era ricchissima per pubblicazioni e rarità dei volumi italiani e latini, in gran parte acquistati a Venezia. Per quanto in lui siano fortemente presenti i modelli italiani (il sentimento religioso nella difesa di Sziget ricorda quello per Gerusalemme; l’antenato acquista i rilievi eroici  di  Goffredo di Buglione …) l’opera di Zrínyi non può essere integralmente compresa senza la conoscenza della letteratura ungherese: l’opera è difatti originale, è magiara! In un rigoroso metodo comparatistico il grande poeta dell’Ottocento János Arany ha osservato come in Zrínyi, intellettuale dalla classica formazione “all’italiana”, tipica di ogni intellettuale ungherese,  risuonino le canzoni storiche e le lasse di carattere eroico dei rapsodi ungheresi, fuse e raffinate in un processo non dissimile a quanto in Italia avviene dai cantori ai poemi di Pulci, Boiardo e Ariosto. Politico e combattente dell’Ungheria meridionale, il bano Zrínyi scrisse numerose opere politiche, in cui sono riportate deduzioni e lucidi ragionamenti per contrastare i turchi che avanzano in terra danubiana.

L’Ungheria di Zrínyi, di fatto, non era molto diversa dall’Italia smembrata alla mercé dello straniero di cui parla Machiavelli. Nel saggio “A törok áfium ellen való orvosság” (Medicina contro il veleno dei Turchi) l’intellettuale ungherese dichiara di non nutrire speranza alcuna nell’aiuto di imperatori, papi, spagnoli, francesi, italiani (precisando che questi ultimi, gli italiani, di certo accorrerebbero in aiuto degli ungheresi, “se fosse loro concessa forza ed unità”). La medicina contro il turco, sostiene Zrínyi, “non può che trovarsi nella volontà tenace e pugnace degli ungheresi”. In Zrínyi il legame con Machiavelli e col suo metodo di ragionamento è forte: d’altronde gli ungheresi non vogliono sentirsi isolati, distanti dall’Occidente; ma il legame si ferma qui perché, se pur in una dimensione europea, si sentono ungheresi! Il signore, il principe sperato di cui parla Machiavelli, quello che potrebbe risollevare le sorti dell’Italia, in Ungheria  non lo si cerca! Zrínyi non propone né auspica una figura salvifica, qualcuno che possa liberare l’Ungheria dal Turco.

La figura machiavelliana del principe per Zrínyi è rappresentata dal popolo:  è lo stesso popolo magiaro a dover  incarnare quel  principe di cui parla Machiavelli. Il popolo ungherese  deve salvare l’Ungheria dal Turco, e con l’Ungheria deve salvare la cristianità e l’Occidente! Nella parole di Zrínyi si avverte forte  l’amore patrio magiaro che si fonde e si salda al desiderio di indipendenza, e che affonda le radici nei secoli, fino ai tempi del primo re,  quando nell’anno 1000 Santo Stefano d’Ungheria legò indissolubilmente la sanguinaria stirpe magiara alla cristianità e all’Occidente.

Consigliati per te

©Riproduzione riservata