Migliaia in piazza per salvare il punto nascita di Sapri
| di Marianna Vallone
Migliaia di persone si sono riversate questa mattina nelle strade di Sapri per difendere il punto nascita dell’ospedale “Immacolata”. Una protesta compatta, pacifica, che ha visto in prima fila cittadini comuni, mamme, bambini, studenti, associazioni, sindaci con la fascia tricolore, amministratori e sindacati. Tutti uniti da un obiettivo: impedire la chiusura di un presidio sanitario considerato vitale per il territorio del Golfo di Policastro, dell’intero Cilento meridionale, della Basilicata lucana e l’alta Calabria.
Il corteo, partito da piazza San Giovanni alle 9.30, ha attraversato le vie della città in un lungo serpentone di cartelli, bandiere e slogan. “L’ospedale non si tocca”, “Difendiamo il nostro diritto alla sanità”, “Lotta dura contro la chiusura”: queste alcune delle scritte che hanno accompagnato la marcia, culminata sotto il palco allestito per i discorsi ufficiali.
“Siamo qui oggi come lo eravamo nel 1979, quando Don Giovanni Iantorno guidò la battaglia per aprire questo ospedale”, ha ricordato dal palco uno dei rappresentanti dei comitati locali. “Allora lottavamo per costruirlo, oggi lottiamo per non perderlo.”
In piazza erano presenti tutti i sindaci del comprensorio, amministratori di maggioranza e opposizione, il consigliere provinciale Pasquale Sorrentino, i rappresentanti del Parco Nazionale del Cilento, Carmelo Stanziola ed Elena Gerardo, i deputati Attilio Pierro e Franco Mari, insieme ai dirigenti scolastici Franca Principe e Corrado Limongi, i docenti delle scuole locali e gli studenti, i comitati di lotta riuniti nelle Comunità Mediterranee, ostetriche, operatori sanitari, oltre ai parroci e ai tanti rappresentanti sindacali, le tante associazioni del territorio.
A garantire la sicurezza e a sostenere lo svolgimento della manifestazione, erano presenti la Polizia Municipale, la Protezione Civile, le ambulanze, i Carabinieri della Compagnia di Sapri e i soccorritori: tutti uniti, ciascuno con il proprio ruolo, a tutela di una protesta pacifica e partecipata. Un fronte popolare e istituzionale che ha voluto ribadire, con forza, l’importanza di mantenere aperto un servizio essenziale non solo per le mamme e le donne, ma per l’intera popolazione.
“Chiudere il punto nascita significherebbe condannare le donne di questo territorio a percorrere anche cento chilometri per partorire, mettendo a rischio la loro salute e quella dei loro figli”.
Il timore, condiviso da molti, è che la chiusura del reparto sia solo l’inizio di un progressivo smantellamento dell’ospedale. “Difendere il punto nascita significa difendere l’ospedale, e difendere l’ospedale significa difendere la nostra possibilità di vivere in questo territorio”, hanno sottolineato da più parti.
A scandire la manifestazione, i cori e gli slogan dei partecipanti. “Questo ospedale ci appartiene. È stato costruito con anni di battaglie. Non possiamo arrenderci proprio adesso”, ha detto un rappresentante dei comitati. La protesta di oggi si inserisce in una più ampia mobilitazione a difesa della sanità locale, che ha visto negli ultimi mesi diverse iniziative dei comitati e degli amministratori.
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