La novità editoriale, «Così si parlò in palestra» dell’ebolitano Dario Mirra

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La novità editoriale, «Così si parlò in palestra» dell’ebolitano Dario Mirra

Umanità, salute, dolore, solidarietà, felicità: sono queste le parole chiave di “Così si parlò in palestra” dello scrittore esordiente Dario Mirra. Ansia, dolori muscolari, traumi, cadute, disabilità sono accidenti possibili che capitano agli umani, sono esperienze attraversate dal dolore. Sono questi i temi di “Così si parlò in palestra”, Paguro edizioni, del dottor Dario Mirra, osteopata e chinesiologo, di Eboli.

Trentacinque paragrafi, riferimenti minimi e alcune precisazioni, per 95 pagine scritte un po’ per ridere, molto per pensare. L’introduzione è della giornalista Ornella Trotta. La filosofia, disciplina a cui l’autore attinge a piene mani, ci dice che il dolore è capace di riscatto, è capace di evolvere in felicità se impariamo a metterci in relazione empatica con l’altro, in relazione con il suo dolore, se l’io diventa noi.
La rivoluzione è possibile se ci emancipiamo dall’egoismo, se ci riconosciamo fratelli fra fratelli, tutti bisognosi di cure e di attenzioni. E’ nelle relazioni sincere, coltivate anche in palestra, che il dolore diventa felicità. E la salute, come la felicità, è un’arte.

Protagonista è Paolo, chinesiologo, laureato in scienze motorie, diplomando in osteopatia. Paolo, che somiglia tanto all’autore, è un campione di umanità, un’umanità modellata dallo studio e dal tempo trascorso a curare i dolori fisici, ma un po’ anche psichici, dei suoi allievi. Alla Workout di Battipaglia, palestra senza griffe e senza vanità, si esercitano i muscoli e il cuore. Coprotagonista è Eugenio “un posto fisso” che si “allena in solitaria”. Poi c’è Celestino, già campione di arti marziali, proprietario della palestra, ‘o Mast, “decisamente in forma per non essere più giovanissimo”. I personaggi, collocati in uno spazio geografico certo, sono verosimili.

L’autore Mirra racconta le dinamiche relazionali che si instaurano in una palestra di medie dimensioni di una città di medie dimensioni. Dialoghi leggeri sull’essere e sulla felicità fra macchine isotoniche, area cardio, cyclette, tapis roulant e vogatore. Perché Dario Mirra scrive queste pagine? Forse per quell’incontro a Barra con il film “Il mistero di Bellavista” di Luciano De Crescenzo. E per la ricerca e lo studio, più tardi, delle opere di De Crescenzo. Come si trascorre il tempo alla Workout? In sintonia, in amicizia, in solidarietà. Paolo controlla che tutto nella sala proceda per il giusto verso, corregge le posture degli allievi, ne modera le discussioni e dispensa pillole di saggezza.

“Così si parlò in palestra” è un libro da leggere e rileggere per la profondità delle riflessioni, per l’umanità che lo attraversa e perché ci ricorda che il dolore si allevia con il movimento dei muscoli e del cuore.
L’opera si chiude con dei “Riferimenti minimi”, le basi scientifiche della cura, non una bibliografia, ma “un elenco di piccole precisazioni utili al lettore”. I temi sono di notevole interesse e smantellano vecchi dogmi sulla cura, sulla salute e sul dimagrimento. Un libro da leggere perché ci dice che la felicità esiste e coincide con il tempo che dedichiamo agli altri e a noi stessi, è il tempo sacro della cura.

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