Parco del Cilento, proposta modifica legge. Palmieri: «Quella attuale è obsoleta e non corrisponde a esigenze reali»

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Parco del Cilento, proposta modifica legge. Palmieri: «Quella attuale è obsoleta e non corrisponde a esigenze reali»

Far valere di più il territorio nelle scelte del Parco, concordare con i territori una futura riperimetrazione e ascoltare chi amministra le popolazioni. E’ in sintesi quanto verrà chiesto dalla Comunità montana Alburni, presieduta dal sindaco di Roscigno Pino Palmieri, nella modifica di proposta di legge istitutiva del Parco nazionale del Cilento, Diano e Alburni, che verrà depositata e presentata venerdì 6 novembre alle 11 nella sala dei Caduti di Nassirya di Palazzo Madama. 

«La normativa ambientale e costitutiva dei Parchi nazionali e regionali, ed in particolare quella del Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, – si legge nell’introduzione del testo stilato dalla Comunità Montana Alburni – appare assolutamente obsoleta e non più corrispondente alle reali esigenze ambientali e territoriali. Appaiono evidenti, dopo venti anni dall’istituzione, le discrepanze normative e soprattutto attuative della stessa».

Quello su cui pone l’attenzione la Comunità montana degli Alburni è che «alle gravi limitazioni dei diritti degli abitanti non hanno mai corrisposto quelle compensazioni e incentivazioni previste, e le popolazioni residenti hanno dovuto subire non solo i gravami istitutivi ma anche ed ancor più gravami burocratici, conseguenti alla farraginosità della norma. Basti pensare al divieto assoluto di recinzione di un campo coltivato o di allevamento, recinzione che potrebbe essere rilasciata solo dopo una moltitudine di costosi e lunghissimi adempimenti a carico dell’agricoltore/allevatore che nel frattempo ha avuto i propri campi distrutti da mandrie di cinghiali ovvero i propri animali sbranati da branchi di lupi».

Tra le modifiche c’è anche quella di rivedere la parte riguardante le elezioni. «Appaiono altresì evidenti le ‘pecche’ della normativa ultraventennale che ha voluto all’epoca asportare i poteri degli enti locali competenti spogliandoli di qualsivoglia potere in materia, per addensarli tutti nella gestione dell’ente parco tant’è che addirittura i quattro componenti del consiglio direttivo dell’ente parco e quindi dagli enti locali inseriti nel parco ‘’ non hanno diritto di voto’. Orbene, questa norma, stupidamente punitiva, e forse anticostituzionale, visto che il popolo sovrano elegge direttamente i propri rappresentanti negli enti locali, deve essere assolutamente abrogata – spiega la Comunità montana Alburni – assegnando nuovamente sovranità ai comuni dei territori oggetto di perpetrazione del parco, comuni che sono gli unici a conoscere dettagliatamente il territorio e le legittime esigenze delle popolazioni residenti. E’ per tale motivo che la presente proposta di legge prevede non solo il voto per i rappresentanti locali nel consiglio direttivo dell’ente ma anche la partecipazione di uno dei suoi quattro componenti alla giunta. E’ bene evidenziare che sempre più la gestione del parco e conseguentemente la normativa dello stesso è diventata sempre meno a coincidete sulla legge istitutiva e con le esigenze delle popolazioni locali». 

Inevitabile, visti gli ultimi episodi, il passaggio sugli ungulati. «L’ente parco – si legge – ha pubblicato un bando nazionale per la vendita di carne di cinghiale catturato nel parco senza neanche pensare a un diritto di prelazione per i coltivatori o allevatori zonali che dai cinghiali ottengono solo ingenti danni quasi mai completamente recuperati». Con la proposta di legge la Comunità montana chiede «che tutte le iniziative commerciali vengano divulgate all’esterno solo dopo aver esperito il diritto di prelazione attraverso gli enti locali competenti per le popolazioni residenti».

Il presidente Palmieri spiega infine che «anche per cio che concerne regolamenti, statuto e perimetrazioni la legge ma soprattutto l’attuale consuetudine ignora quasi completamente gli enti locali dando un potere assoluto al consiglio direttivo aumentando ancora di più il divario tra una gestione nazionale scevra dalla conoscenza delle problematiche locali e le popolazioni residenti». 

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