19 Ottobre 2025

Si rifiuta di spacciare e denuncia la banda sui social: così scattano i 32 arresti nel salernitano

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Si rifiuta di spacciare e denuncia la banda sui social: così scattano i 32 arresti nel salernitano

È stato un messaggio pubblicato su Instagram da un adolescente di Cava de’ Tirreni a far emergere un traffico di droga che, secondo gli inquirenti, univa la Campania alla Basilicata. Quel post – «La mia morte è dovuta alla droga» – non è passato inosservato a un carabiniere che, preoccupato, ha deciso di approfondire la vicenda.

Dalle successive verifiche è emerso che il giovane aveva rifiutato di entrare a far parte di una rete di spacciatori e, temendo ritorsioni, si era allontanato da casa. Da quel momento sono partite le indagini della Direzione Distrettuale Antimafia di Potenza, che hanno portato alla scoperta di un’organizzazione strutturata dedita allo smercio di cocaina e hashish.

Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, al centro del sistema ci sarebbe stato Antonio Bisogno, 20 anni, di Cava de’ Tirreni, considerato il promotore del gruppo. Il giovane, in contatto con Vincenzo Zullo, 44 anni, figlio del noto esponente criminale metelliano Dante Zullo, avrebbe gestito una fitta rete di pusher, in parte minorenni, operativi tra la provincia di Salerno e il Materano.

Le attività di spaccio si concentravano principalmente nei luoghi di ritrovo giovanile, dove la droga veniva distribuita in piccole quantità. Le indagini, durate circa due anni, hanno portato all’emissione di 32 ordinanze di custodia cautelare e al coinvolgimento complessivo di 55 indagati nelle province di Matera, Potenza, Salerno, Lecce, Trani e Siracusa.

La base logistica dell’organizzazione sarebbe stata individuata a Ferrandina, in provincia di Matera, dove – secondo gli inquirenti – si erano insediate le nuove leve dei clan Bisogno e Zullo con l’intento di espandere la propria influenza sul territorio lucano.

Durante le perquisizioni, i carabinieri hanno rinvenuto due cellulari riconducibili a Bisogno, uno dei quali utilizzato in carcere per mantenere i contatti con i complici. L’organizzazione avrebbe inoltre avuto accesso ad armi e non avrebbe esitato a ricorrere alla violenza per imporre il proprio controllo, con pestaggi e intimidazioni che avevano destato timore nella popolazione locale.

Le accuse contestate, a vario titolo, sono associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, aggravante mafiosa, detenzione di armi e munizioni e concorso esterno in associazione mafiosa.

Nei prossimi giorni gli indagati compariranno davanti al giudice per gli interrogatori di garanzia. Diversi dei destinatari delle misure cautelari risiedono nel Salernitano, altri risultano invece indagati a piede libero. L’inchiesta ha inoltre consentito di sequestrare ingenti quantità di droga e di documentare un fitto intreccio di rapporti criminali che, secondo gli investigatori, avrebbe cercato di ridefinire gli equilibri dello spaccio tra Campania e Basilicata.

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