‘So’ nato a lo Ciliento’: il ricordo del fratello di Aniello De Vita

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‘So’ nato a lo Ciliento’: il ricordo del fratello di Aniello De Vita

Prima ancora che i sindaci la scegliessero come inno, “So’ nato a lo Ciliento e me ne vanto” era già l’inno dei cilentani, orgoglio e sentimento, di quelli che il territorio lo abitano e di quelli che lo hanno dovuto lasciare. Forse i più hanno iniziato a sentirsi tali, canticchiando quella famosa canzone che Aniello De Vita realizzò nei primi anni Ottanta e che nei giorni scorsi è diventata in modo ufficiale l’inno del Cilento, bandiera di quel territorio a sud della provincia di Salerno. I primi cittadini dell’area del Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, sotto la guida del primo cittadino di Moio della Civitella, Enrico Gnarra, hanno deliberato affinché la canzone già simbolo del Cilento diventasse l’elemento distintivo di una identità territoriale. A ricordare l’uomo, il medico e il cantore del Cilento è il fratello, Giuseppe De Vita, che con Aniello ha condiviso tutto, anche quel tozzo di pane al ritorno da scuola.

Ci racconti com’era Aniello, come medico e cantante…
Nella sua evoluzione come uomo e professionista ha cercato sempre di studiare per arrivare proprio a questo. Era testardo Aniello. Prima si è laureato in Medicina, poi ha preso la specializzazione di Anestesiologia. Dopo venti anni ha deciso di specializzarsi in Cardiologia. Lo ha fatto per altri vent’anni, dividendosi tra Salerno, Vallo della Lucania e Moio della Civitella. L’esigenza poi di sostenere il suo impegno culturale, lo ha portato ad intraprendere anche studi antropologici presso l’Università di Salerno laureandosi nel 1989 con una tesi sulla “Sessualità contadina”.

E come fratello, invece, com’era?
Ci chiamavano i fratelli siamesi. Hanno spesso confuso le voci, abbiamo sempre avuto lo stesso timbro. Anche se io sono un po’ stonato. Eravamo quattro fratelli e ci siamo divisi il pane, andavamo a scuola a Vallo della Lucania a piedi sempre insieme. Condividevamo tutto, anche quando le vite si sono divise, la casa di Moio è diventata la casa del ritrovo. Ogni 15 giorni eravamo intorno al fuoco con mamma.

La mamma che ruolo ha avuto nelle canzoni di Aniello?
Una delle maggiori ispiratrici delle poesie di Aniello è stata mamma Nina. Se uno ascolta “Pure li prete re la via” trova tutti i sentimenti di tipo familiare. Anche lei forniva ad Aniello vocaboli dialettali, espressioni, racconti della gente.

Tutti conoscono “So’ nato a lo Ciliento e me ne vanto”, ma quante canzoni ha composto Aniello De Vita?
Non tutti sanno che Aniello ha composto circa 100 canzoni. Sono tante, potrei ricordare “Ciliento terra mia” , “Margarita”, Scarrafone”… Non sono un esperto di musica ma le sue melodie mi commuovono tutte. Una delle più belle è quella che ha fatto con Geppino Liuccio. 

Diceva prima che ha scritto anche un libro autobiografico?
Alla fine della sua carriera ha voluto mettere per iscritto la sua esperienza di cantautore, in un libro “Storie di canzoni” che è la sua autobiografia e contiene documenti preziosi della sua vita.

L’arte è un affare di famiglia, lei, Giuseppe, scrive poesie…
Aniello ha musicato l’Aulivo, che è una della sue canzoni più forti dal punto di vista musicale e le parole sono versi di una mia poesia. Ho scritto sei libri di poesie, tutte in dialetto moiese. Con quella lingua i nostri genitori, i nostri nonni, contadini, hanno creato una società. Vuol dire che in quella lingua c’erano le conoscenze per fare il vino, fare i salumi. Da cinquantenne in poi ho voluto fare omaggio a questa lingua, ho scavato quel linguaggio dell’infanzia e ho composto finora circa 300 poesie in cui racconto un po’ tutto del Cilento.

Era importante per il Cilento avere un inno?
Lo è la salvaguardia territoriale. Il sindaco di Moio della Civitella, Enrico Gnarra, una persona molto sensibile alla causa, ha colto quello che succede ogni anno il 23 luglio da quando Aniello è morto. Decine di artisti cilentani si riuniscono per cantare innamorati le sue canzoni, senza compenso. C’è stato un riconoscimento dal basso alla canzone di mio fratello, che mano mano si è diffuso ed è arrivato alla politica, stimolata dal sindaco Gnarra. Se una terra non prende coscienza di quello che è e può rappresentare, diventa preda facilmente di forze esterne, anche del tipo malavitoso. Sono convinto che questo canto aiuterà il Cilento in qualche modo. 

Ricorda quando è nata “So’ nato a lo Ciliento e me ne vanto”?
Il modo di comporre era intimista,  sposava un tema, ci lavorava in un angolo di casa nostra vicino al fuoco, poi la faceva ascoltare ai familiari fino a che riusciva a capire che la composizione era chiusa. Aveva questa capacità di rapportarsi, interfacciarsi con i familiari e gli amici. Aveva anche questa capacità, quella di collaborare sempre con i poeti,  ha collaborato con me, con Geppino Liuccio, Giuseppe Lauriello, intensamente ha collaborato con Enzo D’orsi, il più grande poeta dialettale del Cilento.

Cosa ricorda di quella intensa collaborazione, con Enzo D’Orsi?
Era un poeta napoletano, nato a Moio della Civitella però durante gli studi ha catturato il dialetto napoletano a cui ha dedicato le sue canzoni e poesie. Aniello lo provocò. Gli disse “perché non scrivi nel nostro dialetto, nel dialetto cilentano?”. Iniziò un epistolario tra Aniello a Salerno e l’ingegnere a Mestre, che è tutto riportato nel suo libro “Storie di canzoni”. 

 

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