Tragedia Ciclope, il masso ancora non è stato trovato: altri nomi al vaglio degli inquirenti

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Tragedia Ciclope, il masso ancora non è stato trovato: altri nomi al vaglio degli inquirenti

Le indagini proseguono. La procura di Vallo della Lucania lavora in sinergia con la compagnia dei carabinieri di Sapri e con i colleghi di Marina di Camerota. Tocca a loro, magistrati e forze dell’ordine, far luce sulla morte di Crescenzo Della Ragione, il giovane napoletano di 27 anni morto nella notte tra il 10 e l’11 agosto all’interno della discoteca Il Ciclope. Lo studente, residente a Varcaturo e in vacanza nel Cilento in compagnia di alcuni amici, era con il cugino e un ragazzo del posto quando, quella tragica notte, dal costone che sovrasta uno dei locali notturni più in voga del Sud Italia, si è staccato un masso da circa 60 metri di altezza che pesava più di 70 chili. A confermare la ricostruzione dell’incidente, è l’esame autoptico svolto qualche giorno dopo all’obitorio dell’ospedale San Luca di Vallo della Lucania dal medico legale Adamo Maiese. Crescenzo è morto per gravissimo trauma cranico encefalico con sfondamento a carico della regione occipitale. 

«L’arma» del delitto
Il lavoro degli inquirenti è concentrato sul ritrovamento del masso. Quella sera, quando i carabinieri di Camerota e Sapri sono arrivati all’interno della «grotta della musica», a terra c’era il corpo di Crescenzo immerso in una pozza di sangue e acqua. Pioveva a dirotto. Gli uomini del capitano Emanuele Tamorri e del luogotenente Massimo Di Franco, hanno coperto il cadavere con un telo nero e hanno subito interrogato i presenti. Qualcuno – a detta di chi indaga molto vicino alla proprietà – avrebbe affermato in un primo momento che il 27enne sarebbe morto travolto da un ramo di un albero. Altri, invece, giurano di aver sentito che altri presunti testimoni avrebbero riferito agli investigatori che il malcapitato stava correndo per ripararsi dalla pioggia quando all’improvviso sarebbe andato a sbattere contro un albero. Nulla di più falso. Chi era in quella grotta quella notte ha tentato di occultare la verità e ha fatto sparire subito il masso. Quella pietra è l’oggetto che ha causato la morte. Quella pietra è la prova. Quella pietra è il tassello che manca e, dopo tre settimane, ancora non si trova. Dove è andata a finire? Chi l’ha spostata? Su ordine di chi? E’ lontana dal Ciclope? Come è stata spostata? E’ stata frantumata, gettata in mare o distrutta in mille pezzi? Sono giorni che chi indaga sta tentando di dare delle risposte a queste domande. 

Gli indagati
Giancarlo Grippo, capo procuratore di Vallo della Lucania, ha iscritto, nel registro degli indagati, quattro nomi. Si tratta del sindaco di Camerota Antonio Romano, del gestore della discoteca Raffaele (Lello) Sacco e di due tecnici di Caserta. Il procuratore ha ordinato anche il sequestro di tutti i documenti che sono presenti al Comune di Camerota e che riportano al loro interno la parola ‘Il Ciclope’. Si tratta delle licenze, delle carte che portano la firma di Lello Sacco e dei sindaci che dagli anni Novanta si sono succeduti a palazzo città di piazza San Vito. Sotto la lente di ingrandimento degli 007 di Vallo della Lucania, inoltre, sono finiti anche i report dei tecnici che avevano il compito di inviare all’autorità di bacino, ogni tre mesi, per confermare l’agibilità della grotta o eventuali problemi. Ma ci sarebbe dell’altro. Dalle indagini è emerso che Il Ciclope, in caso di pioggia, non poteva essere aperto. C’è scritto nel nulla osta all’agibilità rilasciato al titolare della discoteca nel 2006. 

Altri nomi
Al vaglio dei magistrati, oltre alle persone già raggiunte da avviso di garanzia, ci sarebbe una rosa di nomi, alcuni dei quali non ascoltati dagli inquirenti. Su questi la procura non si sbilancia. I carabinieri della Scientifica di Salerno sono stati all’interno della discoteca il giorno successivo all’incidente. I Ris hanno scattato fotografie e raccolto prove. Gli inquirenti nomineranno un perito per ispezionare la grotta da cima a fondo. Una caverna composta da quattro grotte più piccole. Quella principale e centrale, ospita la consolle, la pista da ballo, alcuni privè e il bar più grande. Una discoteca avvolta da misteri, come quando nell’agosto dell’anno precedente altri massi si staccarono dal costone e caddero sui bagni sfiorando, tra gli altri, anche alcuni ragazzi del posto. Nel 2011 il corpo Forestale dello Stato di Vallo della Lucania decise di chiuderla, ma fu riaperta subito dopo dalla procura.

Il ricordo
Intanto alcuni cittadini si stanno organizzando per ricordare Crescenzo ad un mese dalla sua scomparsa. Si recheranno al Ciclope per lasciare una candela e un mazzo di fiori. Il parroco, don Gianni Citro, ha già annunciato che terrà una messa in onore del 27enne nella chiesa di Sant’Alfonso in piazza San Domenico a Marina di Camerota. Il papà di Crescenzo è stato l’unico della famiglia a rilasciare dichiarazioni. Lo ha fatto tramite il proprio profilo Facebook scagliandosi contro il sindaco di Camerota, che a detta di Antonio Della Ragione non si sarebbe fatto vivo e non avrebbe dimostrato vicinanza alla famiglia, e contro la proprietà del Ciclope. Intanto, durante il consiglio comunale di Camerota, l’opposizione, formata da Guzzo, Del Gaudio e Scarpitta, ha avanzato una mozione di sfiducia nei confronti del primo cittadino. Mozione che è stata respinta dalla maggioranza. Il sindaco, sempre durante il consiglio comunale, si è difeso dagli attacchi della minoranza e dalle dichiarazioni del papà di Crescenzo in questo modo: «Ho provato a contattare la famiglia subito dopo la tragedia, ma non ho trovato il numero. Poi ho mandato un messaggio di cordoglio alla madre. Mi sono trovato in una melma mediatica senza precedenti e c’è chi mi ha già processato. Sono fiducioso nel lavoro della magistratura».

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