Garibaldi cilentano: l’epopea garibaldina del 1860 nelle memorie salernitane, con illustrazioni e documenti inediti, di Gennaro De Crescenzo

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Garibaldi cilentano: l’epopea garibaldina del 1860 nelle memorie salernitane, con illustrazioni e documenti inediti, di Gennaro De Crescenzo

Andò dappertutto. Spesso travalicò i confini che ora, anche grazie a lui, definiamo nazionali. Comunque la si racconti non si potrà che ammirarlo: ma si è mai vista un’altra trottola come quella? E il suo cavallo bianco si ammalò di labirintite oppure no? E gli altri? Tutti gli altri, che facevano? A parte quelli che si accodavano ai Mille, divenendo sempre di più, gli altri, tutti gli altri, si mettevano seduti, dopo aver sfacchinato ad ammazzare centinaia di polli per lui (ci pare di sentire ancora il loro soffrire, le grida quasi umane, come quelle dei porci a dicembre, gennaio e febbraio, imprigionati e appesi a un palo nei riti tribali celebrati tuttora in  molte zone dell’Italia Unita; prima acute e poi volgenti verso l’afonia disperata) e il suo entourage; a spolverare la sedia buona; a rassettare i letti con le lenzuola ricamate; a sostituire il sapone fatto con il grasso delle scrofe e la lavanda, raccolta in agosto sul Cervati. E gli scribacchini, i giornalisti, gli scrittori, le buone penne in genere, che facevano? Anche loro spolverano gli arnesi necessari per la scrittura: penne d’oca (anche il loro starnazzare ci pare di sentire, quello lanciato in aria quando le strappavano le penne dal culo), carta assorbente, boccettine multiformi con nuovo inchiostro nero, le scrivanie in noce o castagno locale, il set delle mille penne di riserva, nuove di zecca e procurate al mercato nero per la bisogna. Ciò che quei cervelli e quelle mani sporche di inchiostro produssero si può leggere in libri, cronache dell’epoca (tutto spesso ristampato in forma anastatica), sulle lapidi nei cimiteri, nelle piazze più rappresentative, sui portali realizzate dai certosini con pietra dolce di Padula. E spesso ritroviamo il tutto nel web. Un esempio? Basta cercare IL GIORNALE DI EBOLI E DELLA PROVINCIA DI SALERNO, DAL 1915.

Grazie alla bibliografia che vi abbiamo rinvenuto, si è cercato L’EPOPEA GARIBALDINA DEL 1860 NELLE MEMORIE SALERNITANE, con illustrazioni e documenti inediti, di GENNARO DE CRESCENZO. Non ci è passato per la mente di andare in una qualsiasi Biblioteca Provinciale; lo abbiamo trovato e sfogliato in una libreria antiquaria: la sua carta ci ha colpito, come il suo odore; lo abbiamo comprato: euro (se preferite: euri): 35,00 (pare sia stato un favore, essendo la prima edizione: giugno 1939). Lo abbiamo letto tutto, anche le note. Tralasciando la labirintite che ci ha colpito in forma acuta (mica siamo il cavallo bianco di Garibaldi, noi. A proposito: vi hanno mai chiesto di che colore fosse il cavallo bianco di Garibaldi?), dobbiamo confessare che lentamente il libro ti prende e ti trasporta in una epoca non ben rappresentata dai libri di storia. Il primo capitolo: Uno sguardo retrospettivo al 1860. Esergo di Matteo Mazziotti (scrittore e politico cilentano): Si levano in alto le luminose immagini purissime di coloro i quali intravidero un nobile ideale, vi consacrarono tutte le energie dell’anima e per esso baldi e sereni dettero in olocausto la vita. Matteo Mazziotti. A questo punto ci rendiamo già conto che la faccenda è seria. Ci schiariamo la voce e proseguiamo a capo chino. Da qui in poi, dalla prefazione, è una serie infinita di nomi e cognomi che abbiamo spesso letto o sentito pronunciare girando per il Cilento (ma anche per la Valle dell’Irno, per Cava de’ Tirreni, per Salerno): vie a loro intestate; libri dedicati; libri scritti; omonimi orgogliosi e impettiti. Ne riportiamo una parte: Giuseppe Abamonte di Caggiano; Carlo Mauri di Buccino, marchese di Polvica; Nicola Maria Rossi di Laurino; il marchese Ferdinando Ruggi, il fratello Antonio e Vincenzo Troisi, G.B. Mazziotti di Celso, Teodosio de Dominicis da Ascea, Ettore Netti e l’avvocato Francesco Notaroberto a Padula, Michele Guida a Montesano sulla Marcellana. Altri forse molto più noti: il generale Giuseppe Schipani, Luigi Ferraioli, Leonino Vinciprova, Stefano Türr, Camillo Benso Conte di Cavour, Giovanni Centola, Francesco Crispi, Ferdinando Della Gattina Putruccelli, Giuseppe Maria Pessolani, Alessandro Dumas… Si potrebbe scrivere fiumi di parole su ognuno di essi. Ci limitiamo a dire qualcosa del Netti, in cui ci siamo imbattute in altri documenti d’epoca: arringò la folla davanti la Certosa di Padula prima dell’arrivo di Carlo Pisacane. Con pochi altri fu ammazzato nei pressi di un convento a Sanza: dove adesso è il cippo che ricorda proprio Carlo Pisacane e i 300 (quelli che erano appunto 300, qualcosa in più, giovani e forti, di Luigi Mercantini) che, dopo lo sbarco a Ponza, furono ammazzati tra Padula e Sanza. Era il 2 luglio 1857. Conosciamo alcuni eredi di parte delle persone nominate (qualcuno ha solo il cognome un po’ modificato per errori degli uffici di anagrafe o per scelta): hanno lo stesso cipiglio; avvertono ancora l’orgoglio: un loro avo c’era e Garibaldi sedette sulla sedia che hanno conservato. Qualcuno la tiene nel bagno. Qualche altra non  si rinvenne. Una fu forse bruciata. Di alcuni personaggi è stato scritto moltissimo; per alcuni se ne sono incaricati anche gli avi, che ne hanno seguito passo passo le tracce, ricostruendone la storia. È il caso di Giovanni Matina: Vincenzo Mattina (Enzo per gli amici; già sindaco di Buonabitacolo ed Eurodeputato): ricostruisce anche le modifiche nel cognome. Lo si può verificare qui:

http://www.pisacane.org/documenti/1860/Giovanni%20Matina.pdf

Mentre altre notizie del passaggio di Garibaldi nel Vallo di Diano si possono acquisire qui:

http://comune.sala-consilina.salerno.it/argomento.asp?cat=188

dove Giuseppe D’Amico ci dice anche di Esperanza von Schwartz una scrittrice tedesca, amante di Garibaldi. Luigi Del Bagno aveva tre anni e mezzo quando, nel pomeriggio del 5 settembre 1860, Giuseppe Garibaldi passò per Polla da dove proseguì la sua marcia trionfale che due giorni dopo gli consentì di entrare in Napoli accolto da una folla osannante. Anche a Polla il generale ebbe un’accoglienza calorosissima: nei pressi della storica Taverna del Passo, situata nella via che oggi porta il suo nome, Garibaldi fu salutato da tantissima gente. Lì il piccolo Luigi (…) fu fatto salire sulla carrozza del generale e con lui percorse un breve tratto di strada. Da allora per i suoi concittadini Luigi Del Bagno divenne Luigi di Garibaldi e questo soprannome, ancora oggi, è patrimonio di tutti i suoi discendenti. Naturalmente, l’episodio di Polla non è entrato nei libri di storia ma è una testimonianza importante che conferma come il mito di “un eroe senza tempo e senza confini” fosse già presente nel Vallo di Diano. Una ulteriore conferma viene dal fatto che un giovane legale di Polla, Francesco Galloppo, formò il Battaglione del Tanagro (85 pollesi più altri uomini reclutati nei paesi vicini, per una forza complessiva di 250 volontari) che si distinse nella battaglia del 29 ottobre sotto le mura di Capua. Nella storia, invece, sono entrati altri personaggi del Vallo di Diano che combatterono al fianco di Garibaldi (…) È il caso dell’ufficiale Francesco Carrano, imparentato con Giovanni Matina e, come lui, originario di Diano (Teggiano) autore di una Storia d’Italia in quattro volumi (uscita postuma nel 1910). Nel 1860 Francesco Carrano, che in passato aveva combattuto anche a Venezia con Daniele Manin, pubblicò a Torino il libro dal titolo I cacciatori delle Alpi comandati dal generale Garibaldi nella guerra del 1859. Alle pagine 9-86 il libro contiene le Memorie di Garibaldi che il generale aveva affidato a quattro persone di nazionalità diversa: a Teodore Dwight (editore e scrittore americano); ad Esperanza von Schwartz (scrittrice tedesca e amante del generale); ad Alexandre Dumas (romanziere francese) e, appunto, a Francesco Carrano, che aveva avuto rapporti di amicizia anche con Carlo Pisacane, la cui spedizione di Sapri nel 1857, al di là del tragico epilogo, ebbe il merito di mantenere accesa la fiaccola del patriottismo. C’è poi un altro episodio che aveva contribuito non poco a scaldare gli animi dei rivoltosi: nel 1859, in occasione del matrimonio di Francesco II con la principessa Maria Sofia di Baviera, il re Ferdinando II concesse l’esilio a 91 detenuti politici tra i quali vi erano ben dieci salernitani e, tra questi, Michele Aletta di Monte San Giacomo, Vincenzo Dono di Teggiano, Giuseppe Maria Pessolani di Atena Lucana. E proprio il Pessolani fu uno dei tre cittadini del Vallo di Diano che seguirono Garibaldi il Sicilia: gli altri due erano i padulesi Antonio Santelmo e il sacerdote Vincenzo Padula che, purtroppo, cadde nella battaglia di Milazzo.

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