Camerota, quando il mare lascia sulla spiaggia storie che non tutti conoscono

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Camerota, quando il mare lascia sulla spiaggia storie che non tutti conoscono

Ad un certo punto, proprio quel giorno, mentre cerchi conchiglie sulla spiaggia, ti imbatti in una storia che fino a qualche ora prima galleggiava trasportata dalle onde tra l’isola delle Sirene e la torre delle Viole. Ora è lì, ferma, che aspetta di essere raccontata. Il sole gioca a nascondino con le nuvole. Per baciare l’orizzonte c’è ancora tempo. Un freddo pomeriggio di febbraio t’accompagna in un’avventura nuova. Capita così, che qualcosa apparentemente banale, finisce per diventare un racconto da condividere. Un segno da lasciare. Un qualcosa da insegnare a chi, quella storia lì, non l’ha mai udita né letta su nessun libro. Due foglie di palma, una scatola di polistirolo, una bottiglia di plastica, un pezzo di corda e qualche busta di plastica nera. Può dare l’idea di una creazione. Di un qualcosa buttato lì senza motivo.

Invece quella «cosa» senza un nome preciso, è un segnale. E’ un punto di ristoro. E’ persino un rifugio che, troppe volte, si trasforma in una trappola mortale. Quando l’estate volge al termine, in concomitanza con le acque calde trasportate dalle correnti, arrivano, nel mare del Cilento, i grandi pesci pelagici. La lampuga è uno di questi. Un pesce magico, un arcobaleno di colori che lotta attaccato all’amo. Salta. Si dimena.
 
Pesce viaggiatore, la lampuga, chiamata anche «pesce capone», percorre grandi superfici e si riposa quando trova qualsiasi oggetto galleggiante. Per questo motivo i pescatori del Cilento, a settembre, tagliano le foglie secche delle palme. Si procurano delle cassette in polistirolo. Le legano tra di loro. E viene fuori quello che poi il mare in tempesta ha portato sulla spiaggia della Calanca a Marina di Camerota.

Queste strutture galleggianti vengono utilizzate dalle lampughe per sostare, per prendersi un po’ d’ombra. I pescherecci, ma anche le piccole imbarcazioni da diporto, passano di fianco questi oggetti, ancorati al fondale, e fanno razzia di lampughe con traine o reti da circuizione. Capita anche di catturare altre specie. E poi, queste storie che galleggiano, talvolta vengono rimosse dai pescatori, altre, invece, lasciate lì. Il mare d’inverno, poi, sempre arrabbiato, le strappa via dall’ancoraggio e le porta in spiaggia, sottocosta, dove provano a raccontarsi. Ma non tutti le ascoltano. Non tutti le comprendono.

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