Sel Campania: «Tutti al presidio per ribadire che l’acqua deve rimanere pubblica»

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Sel Campania: «Tutti al presidio per ribadire che l’acqua deve rimanere pubblica»

«La legge regionale del 2013 voluta dal Presidente della Regione Campania Caldoro e dall’assessore Romano sulla riorganizzazione del sistema idrico integrato rappresenta un drammatico passo indietro dal punto di vista politico. – spiega Sel Campania in una nota – Aprendo alla privatizzazione dei grandi acquedotti regionali va in direzione opposta alla volontà popolare espressa con il referendum del 2011, ed inoltre marginalizza il ruolo delle comunità locali nella gestione e nel controllo del servizio idrico, rafforzando ulteriormente la posizione delle società private che ancora gestiscono l’acqua in gran parte del territorio regionale». «Ancora una volta l’acqua è vista come mera merce, e non si immagina alcuna forma di tutela della risorsa naturale – scrive ancora Sinistra Ecologia Libertà Campania che crede, invece, che il riordino del servizio debba avvenire secondo criteri ambientali, democratici e partecipativi, riconoscendo all’acqua il valore di bene comune e la necessità di garantirne la quantità vitale minima anche alle fasce più deboli e povere della popolazione. Ecco perché chiede «l’immediato ritiro della legge ed aderisce e parteciperà al presidio organizzato dal Coordinamento campano per la gestione pubblica dell’acqua» che si terrà giovedì 27 febbraio alle ore 15 fuori la sede della Regione Campania di via Santa Lucia.

DOCUMENTO DI SEL CAMPANIA

Il DLR 204/2013 sulla riorganizzazione del servizio idrico integrato rappresenta un drammatico passo indietro dal punto di vista politico, perché il testo approvato dalla Giunta regionale sembra dimenticare completamente il referendum per l’acqua pubblica tenutosi nel 2011 ed i suoi esiti. Manca l’affermazione dell’acqua come bene comune e della proprietà e gestione pubblica del bene, mentre ne viene dichiarata esclusivamente la sua essenzialità per la vita umana e la sua destinazione al soddisfacimento dei bisogni della popolazione: il minimo indispensabile, parole cui non seguono scelte politiche consequenziali. Il D.L., pur sottolineando lo status di diritti inviolabili ed inalienabili della persona della disponibilità e dell’uso d’acqua potabile e di quella necessaria per il soddisfacimento dei bisogni umani, non si preoccupa nemmeno di indicare il minimo vitale garantito per abitante, individuato dall’OMS in 40 litri al giorno cadauno; ci si limita a rimandare ad un successivo provvedimento la definizione del minimo vitale garantito, rendendo così di fatto ogni affermazione una mera dichiarazione di principio.

La nuova normativa riserva alla Regione una serie di competenze e poteri di grande rilevanza, trasformandola da ente regolatore in ente competente sulla gestione di parte rilevante del Servizio Idrico Integrato (SII), con una rottura del principio di unità verticale della gestione del ciclo integrato delle acque all’interno del bacino idrografico ed il riconoscimento alla Regione stessa della competenza sulla gestione delle opere di rilevanza strategica regionale. La precedente legislazione regionale ne prevedeva il trasferimento alle autorità d’ambito territoriale per garantire la gestione unitaria del ciclo delle acque in capo ad un unico ente competente dalla sorgente alla depurazione, e le scelte effettuate dalla Giunta sembrano in contraddizione con la normativa statale, che, in sostanza, impone l’unitarietà della gestione dell’intero ciclo delle acque.

Il D.L. in questione prevede l’affidamento all’esterno della gestione di tali opere, senza escludere affatto il ricorso alla privatizzazione, ed affidando per giunta una scelta così importante alla Regione senza neppure chiarire l’organo deputato alla scelta sul modello gestionale! Il rischio, più che concreto, è che una decisione di tale importanza possa essere presa dalla Giunta, bypassando il Consiglio con tutto ciò che ne consegue in termini di trasparenza, partecipazione e rappresentatività. Poco trasparenti sono anche i criteri di individuazione delle opere di rilevanza strategica regionale, anch’essi nelle mani della Giunta regionale con il rischio di una totale arbitrarietà.

Il D.L. in questione interviene anche con un ulteriore ampliamento dei confini territoriali ed amministrativi degli ATO, suddividendo l’intero territorio regionale in soli 3 ambiti territoriali ottimali. Anche questa scelta è incomprensibile, se pensiamo a come l’unica esperienza di gestione realmente unitaria avviata nel territorio regionale (nell’Ente d’Ambito n. 3 Sarnese/Vesuviano, il cui gestore è la famigerata GORI s.p.a.) ha palesato in maniera evidente il deficit democratico e di partecipazione degli enti locali e dei cittadini, chiamati semplicemente a ratificare e subire quanto deciso dagli uffici degli enti d’ambito e dal gestore. L’estromissione degli enti locali dalla attività dell’ATO e dalla gestione del servizio idrico è stata, nel caso dell’ATO 3, conseguenza diretta proprio di quell’ampiezza dei confini territoriali amministrativi che la Giunta regionale cerca di potenziare, ed il peso di ogni comune, piccolo o medio che sia, è diminuito esponenzialmente fino a diventare insignificante. Ne è venuta fuori una gestione sostanzialmente verticistica e accentrata che non ha tenuto né tiene in alcun conto le competenze dei comuni e del loro ruolo di proprietari delle reti e di rappresentanti dei cittadini.

L’ulteriore ampliamento dei confini accentuerebbe ancor più sensibilmente il carattere verticista dell’organizzazione delle competenze in materia di SII, producendo un distacco ancor più rilevante tra i centri decisionali e le comunità locali, in aperto contrasto con lo spirito referendario. Le assemblee di ATO, poi, composte da centinaia di comuni (rappresentativi di milioni di abitanti) diventerebbero ingestibili e confusionarie, rendendole praticamente inutili. E non può essere la sola previsione della possibile suddivisione delle gestioni in articolazioni territoriali a compensare l’effetto dell’allargamento dei confini amministrativi d’ambito, perché i poteri di queste articolazioni territoriali risultano scarsi e meramente consultivi, con l’aggravante dell’assenza di strutture amministrative di supporto in grado di operare e partecipare alla pianificazione tecnica ed economica. Peraltro l’individuazione di tali articolazioni territoriali da parte della Giunta regionale suscita sospetti di incostituzionalità, e persino i criteri per stabilire quali comuni possano procedere ad una gestione associata del SII risultano poco trasparenti.

Non può non evidenziarsi, inoltre, l’assoluta assenza di qualsiasi coinvolgimento nella gestione del SII di associazioni e comitati che, in questi anni, hanno costantemente agito a favore della salvaguardia di una gestione pubblica, trasparente e partecipata dell’acqua, e che ancora una volta si trovano esclusi e espropriati di qualsiasi funzione reale nonché, come al solito, relegati nei comitati consultivi di stimolo e controllo a cui tra l’altro non viene attribuita alcuna struttura tecnica di supporto rendendo la possibilità di impulso dello stesso organo assolutamente velleitaria.

Il D.L. approvato dalla Giunta regionale non può essere ritenuto accettabile, in particolare per ciò che riguarda l’assoluta assenza di coerenza con gli esiti referendari e di forme partecipative dei cittadini nel controllo e nella gestione della risorsa idrica. È intollerabile anche la centralizzazione non solo della programmazione e del controllo del SII, ma addirittura della gestione degli impianti di rilevanza strategica regionale posizione da parte della Regione Campania: uno snaturamento di questo tipo della funzione programmatoria dell’ente rischia di condurre verso la privatizzazione (vedi Acquacampania s.p.a.) e all’ulteriore svalutazione del ruolo dei comuni, peraltro in aperta contraddizione con la prossima istituzione della Città Metropolitana. Inoltre la Regione potrebbe, nel disegnare le articolazioni territoriali, favorire i gestori privati a scapito delle gestioni pubbliche.

Pertanto si ritiene imprescindibile ed indispensabile rigettare la proposta di legge Romano e procedere al riordino del servizio secondo criteri ambientali, democratici e partecipativi. Bisogna chiedere che venga esplicitata la definizione dell’acqua come bene comune e la necessità che la sua proprietà e gestione rimangano in mano pubblica, oltre alla quantificazione del minimo vitale garantito in non meno di 40 litri al giorno per persona, come previsto dall’OMS.

Dobbiamo chiedere il mantenimento dell’unitarietà della gestione d’ambito, riservando alla Regione il solo potere di porre in essere meccanismi perequativi delle tariffe del servizio idrico integrato tra i diversi territori regionali. È necessario individuare con chiarezza criteri e requisiti per la costituzione e la definizione su base volontaria delle articolazioni territoriali, lasciando alle assemblee d’ambito la sola presa d’atto dell’esistenza dell’articolazione territoriale, così da rispettare anche il giusto principio di autodeterminazione e sovranità delle comunità locali.

Occorre dotare le articolazione territoriali di strutture amministrative in grado di consentirle di operare con maggiore adeguatezza, dotandole di competenze reali in materia di programmazione economica e tariffaria. Dobbiamo anche lavorare affinché venga valorizzato in maniera significativa il ruolo della partecipazione attiva dei soggetti sociali che si adoperano nel settore del SII, prevedendo l’obbligo della loro presenza all’interno degli organismi di controllo delle aziende di gestione del SII e degli ATO, nonché la possibilità di partecipazione per i medesimi soggetti alla amministrazione delle aziende di gestione con rappresentanti della società civile e della cittadinanza attiva, individuati con metodi democratici e assembleari all’interno delle articolazioni territoriali. Inoltre gli organismi regionali consultivi composti dai soggetti attivi nel settore del SII dovrebbero essere dotati di strumenti per poter operare in autonomia a difesa dell’utenza.

Per questi motivi Sinistra Ecologia Libertà Campania aderisce e parteciperà al presidio organizzato dal Coordinamento campano per la gestione pubblica dell’acqua che si terrà giovedì 27 febbraio alle ore 15 fuori la sede della Ragione Campania di via Santa Lucia.

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