Morto dopo intervento per dimagrire, la clinica si difende: «Intervento riuscito perfettamente, abbiamo fatto il possibile»

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Morto dopo intervento per dimagrire, la clinica si difende: «Intervento riuscito perfettamente, abbiamo fatto il possibile»

Vuole la verità la famiglia di Michele Alfano, 40 anni e una morte improvvisa. Poco più di due settimane fa, il 3 novembre, alla clinica Cobellis di Vallo della Lucania, si era sottoposto a un intervento allo stomaco per dimagrire, in seguito al quale è morto. Le sue condizioni si sono aggravate qualche giorno dopo quando ha avuto un primo collasso cardiocircolatorio, al quale ha fatto seguito il trasferimento in terapia intensiva. Mercoledì sera il decesso e poche ore più tardi la denuncia ai carabinieri di Vallo della Lucania da parte dei familiari di Alfano. La procura ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo e iscritto nel fascicolo degli indagati i nomi dei medici e del personale sanitario che hanno operato l’uomo. Un atto dovuto. Sotto inchiesta sono finiti Luigi Cobellis, Luigi Angrisani, Giovanni Novi, Aniello Cavaliere, Antonia Cobellis, Rocco Cimino, Carlo Festa, Lucia Pepe, Rosa Malfi, Silvio Dequerchis, Vincenzo Afeltra, Antonietta Nese, Daniela Danza e Aldo Costanza. L’esame autoptico, affidato al medico legale Adamo Maiese, sarà eseguito il 23 novembre alle 13:00 all’ospedale di Vallo.

La difesa «Il dott. Luigi Cobellis e il personale della clinica tutto, mio tramite, rinnovano alla famiglia del paziente Michele Alfano i loro sentimenti di autentico cordoglio per la scomparsa del loro caro – commenta il legale della clinica, l’avvocato Franco Maldonato, che poi chiarisce subito – Debbo anzitutto confutare la illazione secondo cui la clinica Cobellis avrebbe accolto il paziente per un intervento di chirurgia estetica. Si è trattato, per contro, di un intervento programmato di riduzione gastrica resosi necessario per prevenire i gravissimi rischi legati all’obesità in un paziente già portatore di cardiopatia ischemica (e per questa ragione già sottoposto ad un’angioplastica coronarica), diabete grave insulino-dipendente e pneumopatia asmatiforme».

Michele Alfano, 40enne di Capaccio, conosciuto in città per essere stato il gestore per diversi anni del bar 0828, lo scorso 3 novembre ha deciso di sottoporsi ad un’operazione per perdere peso. Si era deciso così deciso di rivolgersi alla Clinica Cobellis per un intervento di riduzione dello stomaco. Una serie di complicazioni sorte pochi giorni dopo l’operazione hanno portato al tragico epilogo. «Per il doveroso rispetto che si deve sia alla memoria del paziente sia alla professionalità del personale medico della clinica Cobellis, – spiega l’avvocato Maldonato – va detto che l’intervento di riduzione gastrica, eseguito in data 3 novembre, è perfettamente riuscito ed il paziente ha avuto un tranquillo decorso post-operatorio fino al 6 novembre, allorquando è insorto un improvviso collasso cardiocircolatorio prontamente risolto a seguito di ricovero in terapia intensiva per escludere una crisi ischemica, attesi i precedenti».

Cos’è successo nei giorni successivi? «Esclusa la sofferenza cardiaca, il giorno dopo insorgeva febbre elevata, che rendeva necessario l’accertamento di eventuali aggressioni batteriche, contrastate con una pluralità di accertamenti laboratoristici e strumentali (Tac addome e Tac torace) che escludevano sia raccolte ascessuali nella sede dell’intervento sia eventuali broncopolmoniti. – spiega il legale della Clinica Cobellis – Poiché nei giorni successivi la febbre persisteva e si appalesava una insufficienza respiratoria, il paziente veniva sottoposto ad una nuova tomografia di controllo sia all’addome sia ai polmoni, senza che tuttavia gli esami restituissero risultati suggestivi di una qualche patologia ulteriore. Poiché dagli esami di laboratorio era emerso che nei muchi bronchiali si era indovato un acinetobacter, veniva rinnovata la terapia antibiotica che riusciva a debellare l’aggressione batterica».

La situazione è precipitata. Perché solo alla terza Tac addome torace, effettuata il 16 novembre e cioè la mattina del decesso, «è emersa una raccolta extragastrica per fuoriuscita del mezzo di contrasto attraverso una breccia che si era creata nei tessuti gastrici – aggiunge il legale entrando nel dettaglio. – Poiché si rendeva urgente chiudere il tragitto fistoloso e tuttavia appariva pericoloso un nuovo intervento chirurgico, ci si disponeva ad una protesi endogastrica con posizionamento di drenaggi percutanei al fine di svuotare la raccolta subfrenica». Ma le condizioni del 40enne sono peggiorate e l’uomo ha subito un ennesimo collasso cardiocircolatorio. Vane le manovre di rianimazione, l’uomo è morto il 17 novembre alle 00.31.

Una tragedia senza fine per i familiari che ora vogliono vederci chiaro e capire se ci sia responsabilità della clinica per la morte dell’uomo. «La condotta degli operatori è stata irreprensibile, essendosi disposti a contrastare con successo l’attacco batterico e ad affrontare il pericolo di una complicanza chirurgica addominale, esclusa da ben 2 accertamenti strumentali, eseguiti in data 8 e 10 novembre. – commenta l’avvocato Maldonato -
Davanti alla fistola emersa all’esito della terza tomografia nello stesso giorno del decesso, gli operatori si sono disposti correttamente per un intervento mini-invasivo per il quale purtroppo è mancato il tempo necessario, attesa l’insorgenza di un secondo collasso cardiocircolatorio in un paziente la cui integrità era stata gravemente minata dalle gravi patologie che avevano reso necessario l’intervento stesso».

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