Una liturgia inutile e stantia: l’inaugurazione dell’anno giudiziario

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Una liturgia inutile e stantia: l’inaugurazione dell’anno giudiziario

di Giuseppe Amorelli – Avvocato

Si rinnova ogni anno un inutile rito, che è dato dalla inaugurazione dell’anno giudiziario ridotto ad una  elencazione  di tutte le “patologie” che affliggono la giustizia italiana, e in  un invito a mutare tendenza, soprattutto ai P.M.ad evitare protagonismi e cercare consenso, ad evitare atteggiamenti che con la giustizia non hanno nulla a che vedere, rientrando più nel genus della politica e dell’ambizione personale.

Quest’anno poi, dulcis in fundo, le dichiarazioni rese dall’ex magistrato, Luca Palamara, radiato dall’ordine giudiziario nell’ottobre del 2020, sull’”amministrazione” della giustizia in Italia. Sostiene infatti l’ex magistrato che:” In Italia vige un “Sistema” composto da giudici, giornalisti, politici, che hanno più potere del parlamento, del governo, che li ha messi  e pertanto li lascia fare e li difende.” 

A tal uopo non possiamo non ricordare il monito di uno dei padri della Carta Costituzionale, Piero Calamandrei: «In tutte le costituzioni democratiche la indipendenza dei giudici e della magistratura è proclamata come essenziale garanzia di giustizia» mentre «Nei regimi totalitari il giudice non è indipendente, e un organo politico, e uno strumentum regni»

Dinanzi a questo stato di cose, “Il popolo italiano”,  nel nome del quale ogni giudice pronuncia una sentenza, rimane esterrefatto oltre che offeso nella sua dignità.

Occorrerebbe che un “Presidio Giudiziario” sia, in primo luogo, un “Presidio di effettiva Giustizia”.

Il Presidio Giudiziario Cilentano di Vallo della Lucania ad esempio.

Da anni si riscontrano una serie di criticità che compromettono seriamente l’amministrazione della giustizia. In primis, la carenza di magistrati. Infatti, senza dare numeri, un problema cronico è dato dagli innumerevoli processi civili arretrati. Al 31 dicembre 2019 infatti erano pendenti procedimenti civili 7778 di cui ultradecennali n°1461 e ultratriennali 3730. I procedimenti penali sempre alla data del 31.12. 2019 erano in  totale 4.208 di cui 169 collegiali e 4039 monocratico Difatti  oggi un magistrato civile, al Tribunale di Vallo della Lucania, ve ne sono solo 3, oltre il presidente di sezione, e  ne mancano almeno due, ha sul proprio ruolo tra i 1.500 e 1.700 processi all’anno. 

Mi è d’obbligo pero evidenziare che alcune iniziative sono state tempestivamente intraprese, in primo luogo dall’attuale Presidente del Tribunale di Vallo della Lucania, Dr. Gaetano De Luca. Infatti  fu  fortemente sostenuta una proposta di legge istitutiva del Tribunale del Cilento e Vallo di Diano, al fine di allargare il circondario e rientrare in quei parametri idonei ad ottenere un organico dei magistrati più ampio. Vi fu una espressa richiesta, sempre a firma del Dr. Gaetano De Luca, del 19. Aprile 2019, indirizzata sia al Ministero di Grazia e Giustizia, sia al CSM, di ampliamento di 6 posti della pianta organica del Tribunale di Vallo della Lucania, ai sensi dell’articolo unico  comma 379 legge 30.12.2018 n°45. Anche tale richiesta non ha avuto alcun esito. Vi sono stati anche contatti diretti, con segreterie di ministri, per perorare le predette iniziative, con esiti anch’essi negativi. Forse noi non apparteniamo ad alcun “Sistema” e ce ne vantiamo.

   Ulteriore problema è la nomina di “giovani” magistrati senza alcuna “esperienza” acquisita, con il compito di svolgere le funzioni giudicanti in materie disparate e complesse. Da qui nasce un ulteriore problema: La regola, che dovrebbe essere osservata è che le istanze di giustizia che promanano dal cittadino, debbano essere adeguatamente ed idoneamente scrutinate in tempi brevi. Impossibile a realizzarsi.

Orbene il cittadino, “ignaro di cose di giustizia”, non può sapere né tantomeno immaginare che come Calamandrei sostiene nel Il Processo Come Giuoco- Riv. Dir. Processuale del 1950, :”Per ottener giustizia non basta aver ragione. Anche l’antico proverbio veneto, tra gli ingredienti che occorrono per vincere le liti, mette sì al primo posto l”aver ragion”, ma subito dopo aggiunge che occorre “trovar chi la intenda”. Pertanto il giudice , il cui visus è limitato costituzionalmente nella cornice degli alligata et probata, essendo il processo civile . processo di parti basato sul principio del contraddittorio (ar.101 cpc), non è libero di dar ragione a chi vuole; ma è tenuto a dar ragione a quella parte che è riuscita a dimostrare di averla, senza farsi condizionare da simpatie di sorta: processo e giuoco, carte bollate e carte da giuoco, bisogna, avvocati e giudici, far di tutto perché questo non sia: e perché veramente il processo serva alla giustizia.” Può succedere che un giudice, nel contrasto tra un ricco ed un povero o tra un ateo e un credente, dia ragione senza accorgersene all’uno o all’atro non per ragioni oggettive della causa, ma per la propensione morale che egli prova verso la categoria sociale a cui l’uno o l’altro appartiene”.

Nonostante i “mezzi” ristretti e a volte inadeguati, in cui si costretti ad operare, dovendo rendere giustizia, è indispensabile però non dimenticare che ogni singolo fascicolo processuale, non bisogno considerarlo con freddezza, legato ad un numero di ruolo in quanto esso contiene un dramma umano, una vita umana  in cerca di giustizia, non un mero rapporto giuridico.  “La torbida e mutevole inquietudine umana che riempie le quadrate caselle del diritto processuale va ricondotta prima ancora che a regole giuridiche, a regole etiche, i quanto lo studio del processo è sterile astrazione se non è anche e soprattutto studio dell’uomo. E noi avvocati siamo fermamente convinti di quanto è stato giustamente osservato:” Il segreto della giustizia sta in una sempre maggior umanità e in una sempre maggiore vicinanza umana tra avvocati e giudici nella lotta contro il dolore. Infatti il processo, e non solo quello penale, è di per sé una pena che giudici e avvocati devono abbreviare rendendo giustizia.”. Con tutte le carenze organizzative di mezzi e personale e nonostante i silenzi assordanti dei politici innanzi alle richieste di efficienza del sistema giustizia cilentano, abbiamo il dovere di continuare la nostra lotta , a noi avvocati ce lo impone la Toga, vessillo di libertà, e come ci ha insegnato il Grande Maestro, Alfredo De Marsico:”La Nostra Toga è la divisa di una grande funzione civile: l’attuazione della giustizia, attraverso l’accertamento, quasi sempre arduo, del vero.”

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