Centola saluta don Stefano, dopo 23 anni il parroco lascia la Parrocchia di San Nicola di Mira
| di Redazione
È una domenica come tante altre: i fedeli arrivano e prendono posto nei banchi, i lettori si organizzano per proclamare la Parola di Dio, il coro prova gli accordi dei canti per animare la liturgia. Don Stefano si affaccia dalla porta della sacrestia per far capire, senza rimproverare, che è il momento del silenzio. Ma non è una domenica come le altre… perché è una delle ultime domeniche in cui “lui” è ancora il nostro parroco, parroco della Parrocchia “San Nicola di Mira” di Centola.
È difficile non provare un senso di lacerazione: sembra che qualcosa si stia strappando dentro… o forse…si è già strappato! Ognuno di noi sa quanto sta perdendo, ma è anche consapevole di quanto ci è stato donato e di quanto ci è stato testimoniato non solo da lui ma anche da tutta la sua famiglia. Sentimenti condivisi sia dai fedeli della Parrocchia di Foria che di San Severino.
Don Stefano Bazzoli è arrivato ancora ragazzo nella nostra Diocesi, da una piccola cittadina della provincia di Verona. Ha lasciato famiglia, amici, montagne e lingua per accogliere in “toto” non solo ciascuno di noi, ma anche le nostre tradizioni e il nostro dialetto. Forse non ci siamo mai resi conto di quanto amore ci sia voluto nello sceglierci. Il popolo cilentano è generoso e ospitale, ma a volte ostinato nel difendere le proprie posizioni. In principio non è stato accolto con benevolenza: non gli è statoriconosciuto subito il ruolo di guida, ma è statopercepito come un uomo da osteggiare per difendere la propria autonomia. Ciò che colpisce, però, è che don Stefano ha affrontato tutto questo non con la forza dell’ “Io”, ma con la forza silenziosa del “noi” della preghiera. Una forza radicata nella fede e nella certezza che Cristo non ci lascia mai soli, soprattutto nei momenti più bui.
Accanto a lui ci sono stati sempre il suo papà e la sua mamma che per amore del figlio hanno imparato ad amare questa terra e questa gente. La loro, è stata,una testimonianza di famiglia ancorata al Vangelo e, per ventitré anni, con discrezione, pazienza e comunione nella preghiera hanno accompagnato,anche loro, la nostra crescita spirituale. Oggi vogliamo dire grazie anche al signor Mario, che ora è in cielo, e grazie alla signora Luigina. Ci mancheranno i momenti di preghiera vissuti insieme, come ci è mancata l’attenzione e la cura che il signor Mario aveva per chi , nella comunità, avesse qualcheproblema: aveva un radar speciale per cogliere con immediatezza chi stava vivendo momenti difficili.
Don Stefano ci mancherà. Ci vorrà tempo per abituarci al nuovo sacerdote, ma non verremo meno a ciò che, in questi anni, ci ha insegnato. Ha voluto che camminassimo con le nostre gambe, nella consapevolezza che Cristo è l’unico pastore delle comunità e che ogni sacerdote è sempre un “alter Christus”. È stato un sacerdote compassionevole e misericordioso, ha camminato in silenzio accanto a chi ha sofferto, non è stato e non è un Sacerdote perfetto, perché, grazie a Dio, è solo un uomo, ma a chi lo accoglierà, diciamo, però, che è davvero un grande Sacerdote che ama veramente e non sceglie mai il primo posto.
Nel corso di questa lunga missione nella nostra comunità, certamente non tutti lo hanno riconosciuto come un padre, ma questo non ha inficiato e non inficia il suo operato. Un Santo diceva che bisogna diffidare di un sacerdote del quale tutti parlano bene, poiché dello stesso Gesù si diceva che fosse “un poco di buono”. Guardando al bilancio di questi anni, possiamo riconoscere che il suo modo – a volte discusso e discutibile – era in realtà la via giusta per ricostruire una comunità smarrita e dalla dura cervice.
In questi anni ha condiviso momenti autentici con le nostre famiglie. Non è mai mancata la sua presenza, costante e discreta. Ha aperto le porte della chiesa a tutti. I ragazzi, che lo hanno cercato, hanno trovato in lui una spalla forte e un amico sicuro al qualeaffidare le proprie fragilità.
Nei corsi prematrimoniali ha invitato coppie-testimoni perché i fidanzati potessero imparare dalla vita concreta. È stato un sacerdote equilibrato, con una evidente e concreta profondità spirituale.
La sua conoscenza delle Sacre Scritture ha reso le omelie fonte di ricchezza spirituale e morale,utilizzando sempre un linguaggio semplice e chiaroaccessibile a tutti. Gli incontri settimanali di catechesi biblica hanno permesso a molti di approfondire la conoscenza della Parola di Dio e di comprendere anche i passi più complessi dell’Antico Testamento. Preparava per ciascun incontro delle sintesi efficaci , pile di fotocopie erano a disposizione di chiunque entrasse in chiesa, così che la catechesi potesse continuare anche a casa, diventando preghiera e meditazione. Sempre vicino ai bisogni concreti della comunità, non ha mai dimenticato malati e deboli, portando Cristo nelle loro case e celebrando l’Eucaristia con loro.
Il suo trasferimento ha frastornato e scosso tutti noi. Ci consola la fede e la fiducia nello Spirito Santo, che guida la Chiesa e ispira anche le scelte più dolorose. La ricchezza che lascia a questa comunità ci aiuterà, pur con le nostre fragilità, a vivere l’esortazione dell’Apostolo Pietro: “Essere sempre pronti a rendere ragione della Speranza che è in noi”.
Oggi comprendiamo che questa domenica non è come le altre. È il segno di un distacco, ma anche di un nuovo inizio: far germogliare, grati a Dio, il seme che don Stefano ha seminato tra noi. Abbracciamo i fratelli di Novi Velia e di San Biase e diciamo loro che il Signore ha fatto, a loro e a noi, una grande grazia, affidando le nostre comunità a questo sacerdote che non sopporta il caldo e che ama la pioggia, ma che sa portare il sole di Cristo nel cuore di chi lo incontra.
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