Con 112 voti favorevoli, 59 contrari e 9 astensioni, il Senato ha approvato in via definitiva la riforma costituzionale che introduce la separazione delle carriere nella magistratura, uno dei punti centrali del programma di governo in materia di giustizia. Si tratta del quarto e ultimo passaggio parlamentare, come previsto dall’articolo 138 della Costituzione, che ora apre la strada al referendum confermativo.
La seduta di Palazzo Madama si è svolta questa mattina. Prima del voto, il presidente Ignazio La Russa ha disposto l’accertamento del numero legale dei presenti in Aula, quindi si è passati alla votazione finale, che ha sancito l’approvazione del testo già licenziato dalla Camera.
La riforma interviene sull’ordinamento giudiziario modificando la Costituzione per separare in modo netto le carriere tra giudici e pubblici ministeri, prevedendo anche la creazione di due distinti Consigli Superiori della Magistratura, uno per i magistrati giudicanti e uno per quelli requirenti.
Meloni: “Un passo storico verso un sistema più vicino ai cittadini”
Immediato il commento della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che in un post su X ha definito l’approvazione “un traguardo storico”: “Oggi, con l’approvazione in quarta e ultima lettura della riforma costituzionale della giustizia, compiamo un passo importante verso un sistema più efficiente, equilibrato e vicino ai cittadini. È un impegno concreto mantenuto a favore degli italiani. Ora la parola passerà ai cittadini, che saranno chiamati a esprimersi attraverso il referendum confermativo. L’Italia prosegue il suo cammino di rinnovamento, per il bene della Nazione e dei suoi cittadini. Perché un’Italia più giusta è anche un’Italia più forte”.
Verso il referendum confermativo
Trattandosi di una legge di revisione costituzionale, la riforma dovrà essere sottoposta al giudizio dei cittadini con un referendum, poiché non ha raggiunto la maggioranza qualificata dei due terzi in Parlamento. Il voto popolare potrebbe svolgersi nella primavera del 2026, salvo diverse indicazioni da parte del Governo e della Corte di Cassazione, che dovrà fissarne la data.


