Quando il freddo avvolge le colline e la costa del Cilento, la cucina locale cambia ritmo e profumi: tornano in tavola i piatti dell’inverno, quelli che affondano le radici nella tradizione contadina e che ancora oggi rappresentano un patrimonio gastronomico unico nel suo genere. Ricette semplici, stagionali, nate per nutrire e scaldare dopo giornate di lavoro nei campi o di pesca in mare aperto.
Uno dei protagonisti assoluti è il fagiolo di Controne, piccolo, bianco e tenerissimo, cucinato in zuppe dense o accompagnato a cicoria selvatica. In inverno diventa un piatto quasi rituale, servito spesso con pane abbrustolito e un filo d’olio extravergine locale. Anche il cece di Cicerale conquista la tavola.
Altro simbolo della stagione fredda è foglie e patate, una minestra rustica che racchiude il senso stesso della cucina cilentana: ingredienti poveri, ma ricchi di sapore. Le patate, spesso prodotte nei paesi dell’entroterra, si uniscono alle verdure a foglia larga, creando un equilibrio perfetto tra dolcezza e amarezza.
Tra i piatti più robusti si ritrova anche il ragù cilentano, preparato lentamente, per ore, con carne di maiale, vitello o capra, pomodoro e aromi locali. Un condimento sostanzioso, ideale per i fusilli fatti a mano, tirati con il tradizionale ferro e ancora presenti nelle case delle famiglie più legate alla tradizione.
Non può mancare il baccalà, protagonista delle tavole invernali di molti comuni cilentani. Che sia fritto, con le patate o “indorato e fritto” nelle festività, resta uno dei sapori più riconoscibili del periodo natalizio e non solo. Accanto a lui, anche la scarola imbottita, un piatto festivo che unisce pane, capperi, olive e alici, raccontando un mondo di cucina di recupero e sapienza antica.
Tra le ricette più antiche dell’inverno cilentano merita un posto speciale la cuccìa di legumi, un piatto che racconta la storia agricola del territorio molto più di quanto facciano ingredienti ricchi o preparazioni lunghe. La cuccìa – da non confondere con la variante dolce diffusa in Sicilia – è una pietanza di straordinaria semplicità: un misto di legumi secchi come ceci, cicerchie, fave e lenticchie, messi in ammollo per una notte e poi cotti lentamente in un unico grande tegame. Veniva preparata soprattutto nelle case contadine nei giorni più rigidi dell’anno, quando la dispensa offriva poco più degli alimenti conservabili a lungo.
L’inverno cilentano porta con sé anche dolci caratteristici. Tra questi spiccano i scauratielli, bastoncini fritti di pasta al miele aromatizzata con agrumi e alloro, tramandati di generazione in generazione. Sono il simbolo delle feste, del calore familiare e dell’identità gastronomica del territorio.
Un patrimonio culturale e culinario che, ancora oggi, unisce famiglie e comunità attorno al fuoco, ricordando quanto la cucina, soprattutto in inverno, sia un gesto di appartenenza e memoria.




