18 Dicembre 2025

Anidride carbonica al posto dello iodio, così cambia l’angiografia 

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Anidride carbonica al posto dello iodio, così cambia l’angiografia 

«L’angiografia è un esame strumentale che serve per poter visualizzare le arterie o le vene del nostro corpo e che prevede la puntura di un’arteria (arteriografia) o vena (flebografia) e l’inoculazione di una sostanza, il mezzo di contrasto, che storicamente è rappresentato da mezzo di contrasto iodato. L’arteriografia, che può durare da pochi secondi ad alcuni minuti a seconda dell’estensione dei segmenti vascolari da esaminare, permette di poter visualizzare le arterie e vedere se siano o meno soggette a un processo patologico di restrizione oppure di dilatazione. È, indubbiamente, una diagnostica fondamentale nel momento in cui dobbiamo ipotizzare un percorso diagnostico-terapeutico di alcune malattie che coinvolgono le arterie del nostro corpo. In particolare, si tratta di un esame radiologico che viene effettuato per poter visualizzare le arterie che portano sangue al cervello, al cuore, agli organi addominali, agli arti inferiori; tutte le nostre arterie sono visualizzabili e studiabili attraverso l’arteriografia». Lo spiega all’agenzia Dire il professor Mauro Gargiulo, ordinario di Chirurgia Vascolare all’Università degli Studi di Bologna e direttore dell’Unità Operativa Complessa di Chirurgia Vascolare dell’Irccs Policlinico Sant’Orsola di Bologna.

L’uso del mezzo di contrasto iodato, però, in alcuni casi può essere pericoloso. «Lo iodio– chiarisce l’esperto- iniettato all’interno dei nostri vasi permette di poter disegnare bene le nostre arterie; vi sono però pazienti allergici al mezzo di contrasto iodato per i quali esiste una controindicazione assoluta o relativa all’utilizzo del mezzo di contrasto iodato. In altri pazienti, invece, l’utilizzo del mezzo di contrasto iodato può creare problematiche a livello renale; in effetti il mezzo di contrasto iodato viene espulso per via renale e potrebbe determinare alcuni danni a livello delle strutture del parenchima renale, per cui dopo un’angiografia può insorgere un’insufficienza renale, ancora più evidente quando il paziente parte già da un’alterazione della funzionalità renale di base su cui lo studio angiografico può eventualmente determinare un ulteriore peggioramento della funzionalità renale stessa».

Oggi, però, esiste un’alternativa ugualmente valida come il mezzo di contrasto iodato ma meno pericolosa. «In alcuni interventi chirurgici effettuati per via endovascolare (trattamento di patologia aneurismatica aortica o di arteriopatie ostruttive periferiche)– afferma il professor Mauro Gargiulo- abbiamo notato che il quantitativo di mezzo di contrasto utilizzato è abbondante e questo può creare danni a livello della funzionalità renale. Si è dunque cercato di capire come poter ridurre i rischi, in modo particolare, sulla funzionalità del rene. Alcuni colleghi, già all’inizio degli anni 2000, hanno pensato di poter sviluppare l’utilizzo di un mezzo di contrasto alternativo a quello iodato ed hanno iniziato ad utilizzare la CO2, cioè l’anidride carbonica; dal 2007 al 2016 vi è stata una graduale crescita dell’uso del mezzo di contrasto con CO2 al posto del mezzo di contrasto iodato nei pazienti affetti da insufficienza renale a livello internazionale e vi è stato un incremento dell’attenzione scientifica sull’uso di tale metodica proprio nei pazienti che avevano di base un’alterazione della funzionalità renale e che dovevano effettuare interventi di chirurgia vascolare arteriosa con tecniche endovascolari».

«Dal 2016– prosegue- vi è stata una ulteriore evoluzione tecnologica con l’introduzione in commercio di iniettori di CO2 che hanno ulteriormente migliorato le performance dell’angiografia con CO2; dal 2016 utilizziamo sistemi di iniezione automatizzata dell’anidride carbonica all’interno dei nostri vasi. Questa angiografia con mezzo di contrasto non iodato, ovvero con anidride carbonica, è ora una metodica che in alcuni centri viene utilizzata routinariamente non soltanto nei pazienti che presentano rischi all’utilizzo del mezzo di contrasto iodato ma proprio nella routine di trattamento dei pazienti che necessitano di un trattamento endovascolare di malattie arteriose prendendo quasi il posto dell’angiografia col mezzo di contrasto».

«Questo approccio– tiene a precisare il direttore dell’Unità Operativa Complessa di Chirurgia Vascolare del Policlinico Sant’Orsola di Bologna- non è un approccio che va contro il mezzo di contrasto iodato, che abbiamo utilizzato da sempre e che continuiamo ad usare anche oggi, bensì rappresenta una espansione dell’utilizzo dell’angiografia anche in quei pazienti in cui il mezzo di contrasto iodato non può essere utilizzato per vari motivi; in questi pazienti l’angiografia con CO2 mantiene una elevata affidabilità di immagine che risulta quasi totalmente sovrapponibile a quella che si ottiene con il mezzo di contrasto iodato; è, di fatto, un passo avanti nell’utilizzo dell’angiografia e nel ridurre i rischi delle procedure che facciamo».

L’anidride carbonica, però, è un gas a tutti gli effetti: esiste il pericolo di emboli? «La CO2 fluttua all’interno del sangue– chiarisce il professor Mauro Gargiulo- si distribuisce all’interno del sangue, viene eliminata per via polmonare e non crea situazioni di difficoltà di vascolarizzazione con embolizzazioni gassose a livello dei vari organi. Noi normalmente, però, abbiamo una particolare attenzione alla sede nella quale iniettiamo la CO2, perché effettivamente questo rischio potrebbe essere insito nelle caratteristiche dell’anidride carbonica; in effetti oggi non iniettiamo e non facciamo angiografie con CO2 nella parte alta del nostro albero arterioso, ovvero nella zona che va al di sopra del diaframma, quindi nel torace o nelle arterie che portano sangue al cervello. In queste zone si preferisce, infatti, non utilizzare la CO2 non perché siano state dimostrate complicanze, ma perché si presume che ci possano essere rischi aggiuntivi a livello della vascolarizzazione cerebrale, se iniettiamo il mezzo di contrasto nella zona delle arterie cerebro afferenti. Di base, dunque, non abbiamo rischi di embolie gassose verso la periferia, però si tratta, comunque, sempre di un gas e un’embolia gassosa a livello cerebrale potrebbe ipoteticamente portare una ischemia del cervello».

Una metodica innovativa, dunque, e che viene utilizzata all’interno del Servizio Sanitario Nazionale. «Probabilmente non tutti i centri di Chirurgia Vascolare sono dotati di questo sistema di angiografia- le parole di Gargiulo- il Policlinico Universitario in cui lavoro lo usa ormai dal 2016 in un’attività routinaria. Ci sono altri centri in Italia che utilizzano questa tecnologia e centri che ancora oggi non hanno preso confidenza con la metodica. Unità Operative di Chirurgia Vascolare come quella che io dirigo a Bologna garantiscono al paziente ad alto rischio di insufficienza renale che deve effettuare procedure angiografiche con mezzo di contrasto la possibilità di utilizzare l’angiografia con la CO2, alternativa che riduce rischi e complicanze di uno studio angiografico».

«Tutto questo– conclude il professor Gargiulo- non è soltanto oggetto di una ipotesi, ma ha avuto supporti scientifici grazie anche a lavori che abbiamo condotto nel nostro Istituto ed in altri centri italiani e stranieri e che hanno mostrano che nei pazienti in cui è stata utilizzata la CO2 per trattamenti di patologia aortica non vi sono state alterazioni della funzione dei reni sia nell’immediato postoperatorio che nei controlli effettuati ad un anno dall’intervento chirurgico e dall’utilizzo della angiografia con CO2, con una sostanziale differenza rispetto ai pazienti che, invece, hanno fatto ricorso al mezzo di contrasto iodato».

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