3 Novembre 2025

Batterie sostenibili: uno studio di Ollum rivela i 3 modelli con la minore impronta di CO₂

| di
Batterie sostenibili: uno studio di Ollum rivela i 3 modelli con la minore impronta di CO₂

Quali sono le batterie con l’impatto climatico più basso? A rispondere a questa domanda è Ollum, società italiana di consulenza ambientale e sostenibilità, che ha svolto un’analisi delle Dichiarazioni Ambientali di Prodotto (EPD) pubblicate sul portale EPDItaly nella categoria “sistemi di accumulo dell’energia”. In questo studio, Ollum ha confrontato l’impronta di carbonio delle diverse batterie, espressa in kg di CO₂ equivalente per ogni kWh di energia immagazzinata, individuando quelle con il minor impatto ambientale e offrendo un benchmark delle soluzioni oggi disponibili sul mercato.

L’impatto (in evoluzione) delle batterie

Le batterie sono diventate il cuore pulsante della transizione energetica. Alimentano le auto elettriche, stabilizzano la rete, favoriscono l’autoconsumo fotovoltaico attraverso l’accumulo dell’energia prodotta e rappresentano una delle tecnologie più promettenti per un futuro a basse emissioni. Tuttavia, la loro produzione richiede ancora oggi l’impiego di materiali e processi energivori, con un’impronta ambientale che non può essere trascurata.

Negli ultimi anni, però, il settore ha compiuto progressi significativi. La ricerca sui materiali catodici, il recupero dei metalli rari e la diffusione di sistemi di riciclo di seconda vita stanno contribuendo a ridurre l’impatto complessivo dei sistemi di accumulo. In parallelo, la crescente disponibilità di dati ambientali certificati permette di capire dove e quanto una batteria impatta realmente sull’ambiente, aprendo la strada a un miglioramento continuo e misurabile. «La misurazione è il primo passo per migliorare: analizzare le dichiarazioni EPD ci permette di capire dove si concentrano oggi gli impatti e come le aziende stanno evolvendo verso una produzione più sostenibile,» commenta Saverio Lapini, CEO e Co-founder di Ollum.

EPD: la carta d’identità ambientale dei prodotti

Ogni batteria, come qualsiasi altro prodotto industriale, ha una storia ambientale che inizia ben prima dell’uso e prosegue fino alla fine del ciclo di vita. A raccontarla in modo trasparente è la EPD – Environmental Product Declaration, la Dichiarazione Ambientale di Prodotto riconosciuta a livello internazionale.

Basata su un’analisi del ciclo di vita (Life Cycle Assessment, LCA), la EPD descrive e quantifica gli impatti ambientali lungo tutte le fasi produttive: dall’estrazione delle materie prime alla fabbricazione, dal trasporto fino allo smaltimento o al riciclo. Tutti i dati sono verificati da enti terzi indipendenti e raccolti nel database EPDItaly, punto di riferimento per il mercato nazionale.

Questo sistema di dichiarazioni rende confrontabili prodotti e tecnologie che, pur appartenendo alla stessa categoria, possono avere livelli di emissioni molto diversi. È proprio da queste informazioni che Ollum ha costruito il suo studio, analizzando diverse dichiarazioni EPD di sistemi di accumulo per identificare quali batterie mostrano l’impronta di carbonio più contenuta.

Lo studio di Ollum: le batterie con minore impronta di carbonio

Per individuare i sistemi di accumulo con l’impatto ambientale più contenuto, Ollum ha esaminato le dichiarazioni ambientali di prodotto (EPD) pubblicate sul database EPDItaly, filtrando i documenti relativi alla categoria batterie di accumulo dell’energia.
L’analisi ha preso in considerazione i valori di Global Warming Potential totale (GWP-total), espressi in chilogrammi di CO₂ equivalente per ogni kilowattora di energia immagazzinata, parametro che permette di confrontare prodotti diversi su base omogenea.

In pratica, significa che sono state confrontate le emissioni di CO₂ generate durante l’intero ciclo di vita delle diverse batterie, rapportandole all’unità funzionale di 1 kWh di energia accumulata, come previsto dalle regole di categoria (PCR), per capire quali risultano meno impattanti. Tutte le EPD analizzate fanno riferimento alla PCR EPDItaly007: Electronic and Electrical Products and Systems (Rev. 3.0), la cui sub-PCR EPDItaly021: Part B for Energy Storage definisce i criteri specifici di calcolo e confronto per i sistemi di accumulo di energia.

L’analisi inoltre ha considerato tutte le principali fasi del ciclo di vita dichiarate nelle EPD: produzione (manufacturing), distribuzione, installazione, uso e manutenzione, fine vita. In questo modo è stato possibile valutare l’impatto complessivo delle batterie lungo l’intera filiera, dal processo produttivo fino al loro smaltimento o riutilizzo.

È importante ricordare che le dichiarazioni EPD sono tra loro comparabili, ma possono comunque presentare variabili legate ai dati di produzione o al perimetro di analisi, che rendono complessa una comparazione assoluta 1:1 anche per prodotti appartenenti alla stessa tipologia.

Dallo studio emergono tre produttori con prestazioni più efficienti dal punto di vista ambientale: Zucchetti Centro Sistemi, Hefei Gotion High-tech Power Energy e Sungrow Power Supply.

  1. Zucchetti Centro Sistemi (Italia)
    Zucchetti Centro Sistemi S.p.A. è una realtà italiana attiva nei settori dell’automazione, della robotica e delle energie rinnovabili. La divisione “ZCS Azzurro” sviluppa sistemi di accumulo destinati principalmente al settore residenziale e terziario. I modelli Azzurro HV ZBT, modulari e basati su tecnologia al litio-ferro-fosfato (LFP), offrono capacità da 5 a oltre 20 kWh e sono progettati per ottimizzare l’autoconsumo di energia fotovoltaica.
    Secondo le dichiarazioni EPD analizzate, pubblicate tra maggio e luglio 2025, il loro impatto medio è di 139,4 kg CO₂ eq/kWh, paragonabili al tragitto Milano-Roma in auto andata e ritorno[1], uno dei valori più bassi tra quelli oggi disponibili sul mercato.
  2. Hefei Gotion High-tech Power Energy (Cina)
    Gotion è un gruppo internazionale specializzato nella produzione di batterie agli ioni di litio per applicazioni automotive e stazionarie. Il modello analizzato, 2.7 MWh Air-cooled Cabin Energy Storage System, è un sistema di accumulo di grande scala, con raffreddamento ad aria, utilizzato principalmente in impianti industriali e infrastrutture di rete.
    La relativa EPD, pubblicata a maggio 2024, riporta un GWP totale pari a 145 kg CO₂ eq/kWh, un risultato competitivo per una tecnologia destinata a contesti di elevata potenza.
  3. Sungrow Power Supply (Cina)
    Sungrow è tra i principali produttori mondiali di inverter e sistemi di accumulo energetico, con oltre 25 anni di attività nel settore delle rinnovabili. Il modello ST5015UX, disponibile in due varianti di modulo batteria, è destinato a impianti commerciali e industriali e impiega celle LFP ad alta efficienza.
    Le dichiarazioni EPD pubblicate (marzo 2025) per questa gamma indicano un impatto medio di 213,5 kg CO₂ eq/kWh, valori che rimangono tra i più bassi della categoria utility-scale.

Nel complesso, le differenze osservate tra i modelli analizzati confermano quanto la tecnologia impiegata, la scala del sistema e la gestione della filiera produttiva possano influenzare in modo significativo l’impronta climatica di una batteria. L’adozione di metriche comuni, come quelle fornite dalle EPD, permette oggi di confrontare in modo trasparente prodotti di diversa provenienza e di individuare con chiarezza i margini di miglioramento lungo l’intero ciclo di vita.

Il ruolo dell’LCA: misurare per innovare

Gli strumenti di analisi come la Life Cycle Assessment (LCA) e le Environmental Product Declaration (EPD) permettono di valutare in modo scientifico e comparabile l’impatto ambientale dei prodotti, individuando dove e come ridurlo.
Nel caso delle batterie, questi studi consentono di comprendere quali fasi del ciclo di vita, dalla produzione delle celle fino al fine vita, incidono maggiormente sulle emissioni di CO₂, fornendo ai produttori dati concreti su cui intervenire per migliorare le proprie prestazioni ambientali.

In questo senso, misurare diventa il primo passo per innovare.

«Le EPD e gli studi LCA non sono solo strumenti di rendicontazione, ma veri e propri motori di innovazione,” aggiunge Saverio Lapini. “Conoscere l’impronta ambientale dei prodotti permette alle aziende di intervenire nei punti giusti, riducendo le emissioni e aumentando la competitività»

Consigliati per te

©Riproduzione riservata