Camerota, Fondazione Vassallo: «Falesia distrutta, si faccia giustizia»
| di Comunicato stampa
«Avevamo denunciato pubblicamente già due anni fa la devastazione di quel tratto di costa. Ma non possiamo limitarci a registrare passivamente questo fatto: dobbiamo andare oltre la cronaca giudiziaria e affermare con forza che ci troviamo di fronte a un atto gravissimo, un vero e proprio disastro ambientale compiuto nel silenzio complice – e talvolta interessato – di molte istituzioni». A dirlo è Dario Vassallo, presidente della Fondazione Vassallo in riferimento ai lavori al costone roccioso sul tratto compreso tra Cala del Cefalo e Cala Finocchiara a Camerota, all’interno del Parco Nazionale del Cilento
Continua Vassallo: «È stata letteralmente sventrata con trenta quintali di esplosivo, nel nome di una presunta ‘somma urgenza’, una formula dietro cui si sono celate decisioni opache, interessi privati e troppi silenzi colpevoli. A questa denuncia, rilanciata anche sui media e portata all’attenzione delle autorità, non è seguita la doverosa azione di tutela da parte dello Stato. Al contrario, il presidente della Fondazione è stato oggetto di minacce di morte. Una delle più inquietanti, diretta e brutale, recitava: ‘Ti facciamo saltare con il tritolo’. Una frase che non lascia spazio a interpretazioni, e che oggi pesa come una pietra sull’omertà che ha circondato questa vicenda».
«Mi chiedo – prosegue Vassallo – se davvero tutto ciò debba finire coperto dalla polvere dei tribunali, oppure se non sia arrivato il momento, finalmente, di sollevare quella polvere e aprire i fascicoli lasciati a dormire negli archivi della Procura di Vallo della Lucania. In quella sede, infatti, da troppo tempo giace una mia denuncia formale contro Mario Scarpitta e contro chi ha cercato di intimidirmi. È giunto il tempo che la giustizia si assuma fino in fondo le sue responsabilità e che si ponga fine a ogni tentativo di insabbiamento».
«Il nostro impegno – aggiunge – non si è mai fermato, nonostante l’isolamento istituzionale, nonostante l’indifferenza e l’assenza di risposte da parte di chi avrebbe dovuto difendere quel territorio. È inaccettabile che ancora oggi si tenti di presentare l’uso del tritolo come una semplice procedura di sicurezza, un’azione ordinaria. È un insulto all’intelligenza dei cittadini definire quell’operazione ‘biologica’, come ha fatto il sindaco Scarpitta. Il tritolo non è bio. Il disastro è reale. La distruzione è tangibile. E la memoria non si cancella con un colpo di spugna».
«Ci chiediamo – continua – come sia stato possibile che un intervento di tale portata sia passato senza alcun confronto pubblico, senza il coinvolgimento dell’Ente Parco, senza una seria indagine ambientale preventiva. Ci chiediamo perché nessuno, tra le istituzioni preposte al controllo e alla vigilanza, abbia agito con tempestività. E soprattutto, chiediamo ancora: perché la giustizia ha scelto finora di ignorare la nostra denuncia?».
«Il processo ora in corso è certamente un primo passo, ma non può e non deve essere l’ultimo. Pretendiamo piena chiarezza: sulle autorizzazioni rilasciate, sui ruoli e le responsabilità delle autorità locali e sovralocali, sulle vere motivazioni che hanno portato all’uso dell’esplosivo. Questo lo dobbiamo al Cilento, lo dobbiamo a chi crede ancora in una politica onesta e trasparente, lo dobbiamo soprattutto a nostro fratello Angelo Vassallo, il sindaco pescatore, ucciso per aver difeso il bene comune».
«Non ci fermeremo. Continueremo a chiedere verità, giustizia e trasparenza. Perché dove lo Stato ha taciuto, noi parleremo. Dove è stato fatto saltare un pezzo di paesaggio, noi continueremo a costruire memoria», conclude Dario Vassallo.
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