Non abbiamo paura e lavoriamo per il futuro dei nostri figli

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Non abbiamo paura e lavoriamo per il futuro dei nostri figli

A chi sostiene che oggi non bisognerebbe affrontare il discorso sull’approvvigionamento energetico, dopo i tristissimi eventi di Fukushima in Giappone, noi diciamo che non temiamo il confronto su questi temi nemmeno tra due o tre anni, perché abbiamo argomenti da vendere a favore dell’energia solare e di quelle da essa derivate. Ma ci chiediamo, perché perdere del tempo prezioso per il futuro dei nostri figli e per la salute della Terra? Perché non iniziare ora un confronto serrato tra le varie proposte per uno sviluppo sostenibile del nostro pianeta?
Il mondo intero non può più sottostare agli interessi economici di potentati insensibili all’attuale richiesta di democrazie vere, al servizio di cittadini che aspirano a vite più degne di essere vissute. Le ribellioni dei paesi del Nordafrica sono una testimonianza attuale di questa volontà latente di riscatto da parte dei paesi non industrializzati e da parte delle fasce sociali svantaggiate dell’occidente. Pertanto, è arrivato il momento, anche per i popoli occidentali avanzati, di incominciare a riflettere su temi d’interesse globale come le mutazioni climatiche, che stanno causando sempre più frequenti fenomeni, legati ad accentuate instabilità atmosferiche, come quelli riscontrabili sulle coste meridionali degli Stati Uniti. 
Sarebbe quindi utile che la politica (quella sana e disinteressata, non quella legata alle solite cricche degli affari che ride per le sciagure altrui) guidasse in modo saggio un processo rivoluzionario per rimpiazzare, negli anni, i carburanti fossili con fonti di energia rinnovabile. In questa prospettiva un economista o uno scienziato dovrebbe rispondere al seguente interrogativo secco: «Esiste davvero la possibilità che una fonte energetica pulita fornisca una quantità di energia sufficiente al fabbisogno attuale (e a quello futuro) dell’intera Umanità?». La risposta affermativa andrebbe così elaborata.
Il fabbisogno energetico attuale, che si stima essere pari all’energia che si produrrebbe in 16.000 centrali da un GigaWatt (un milione di KiloWatt) l’una, per un totale di 16 TeraWatt (16 miliardi di KiloWatt), potrebbe essere soddisfatto da un’unica centrale nucleare. Per la gioia di tutti, questa centrale è lontana dai giardini di ognuno di noi ed è in funzione, in modo continuo di giorno e di notte, da circa cinque miliardi di anni senza aver mai conosciuto un singolo episodio di malfunzionamento. Molti scienziati ci garantiscono che essa continuerà a funzionare, senza la necessità di intervenire per ripararla, almeno per altri cinque miliardi di anni. Tuttavia, mentre alcune specie viventi sul pianeta Terra, come ad esempio le piante, sono capaci di fondare il loro ciclo vitale sull’energia di questa centrale, il genere umano non ha ancora saputo sviluppare un sistema così ricercato nello sfruttamento dell’energia che da essa promana.
È chiaro, quindi, che la centrale nucleare della quale stiamo parlando è il Sole. Una centrale a fusione, non a fissione, tuttavia, in cui gli atomi d’idrogeno vengono fusi in elio con un rilascio di energia radiante. Se facessimo un semplice calcolo dell’energia trasferita dal Sole alla superficie terrestre, non considerando la parte ricoperta dalle acque, una stima pessimistica ci porterebbe a considerare una figura ben 7000 volte superiore alla quantità di energia di cui potremmo aver bisogno nel 2030 (ad esempio) per vivere una vita altrettanto confortevole quanto quella che alcuni terrestri (non tutti, purtroppo) stanno attualmente vivendo.
Una nuova rivoluzione industriale (e culturale) è quindi indispensabile per cambiare, in modo definitivo, l’attuale sistema di produzione e di utilizzo dell’energia. Per raggiungere lo stadio di sostenibilità dei consumi, infatti, bisognerà innanzitutto considerare lo sfruttamento indiscriminato delle risorse del sottosuolo come un modello obsoleto e dannoso per l’ecosistema e introdurre, anche se gradualmente, la diffusione della cultura del solare nella comunità di uomini pensanti di questo pianeta. La rivoluzione dovrà avvenire in modo pervasivo e consapevole nella società, a cominciare dall’ambito domestico e industriale, fino al campo dei trasporti pubblici e privati. E un mestiere del futuro potrà essere quello di Carlo Pisacane e dei suoi Trecento: il difficile e sempre rischioso mestiere dei rivoluzionari.

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