Il futuro del turismo enogastronomico parla la lingua del product manager
| di Redazione
Dietro un calice di vino che conquista turisti stranieri o un percorso del gusto che porta i visitatori alla scoperta dei piccoli borghi non c’è soltanto la forza delle tradizioni. Sempre più spesso, infatti, a coordinare idee, produttori e mercati è una figura professionale ancora poco raccontata ma ormai strategica: il product manager.
Il suo compito non è semplicemente valorizzare un prodotto tipico. Significa costruire un’esperienza: dare coerenza a un territorio, ai suoi piatti e ai suoi vini, inserirli in un racconto credibile e allo stesso tempo appetibile per un pubblico che cerca emozioni oltre che sapori.
In concreto, il product manager lavora come ponte tra produttori, istituzioni e operatori turistici. Deve saper interpretare i trend del mercato, capire quali formati di esperienza enogastronomica funzionano (dalla degustazione in cantina all’evento diffuso in un centro storico) e tradurli in iniziative capaci di attrarre visitatori, stampa e investitori. È una figura trasversale che tiene insieme competenze di marketing, comunicazione, conoscenza del territorio e sensibilità culturale.
Non a caso, oggi si parla sempre di più di “turismo del gusto” come di un settore trainante per l’Italia. Ed è qui che il product manager diventa decisivo: senza una regia professionale, il rischio è che anche eccellenze riconosciute – vini, oli, formaggi, piatti identitari – restino confinate a eventi di nicchia, incapaci di dialogare con un pubblico più ampio.
Per molte realtà enogastronomiche, la presenza di un product manager ha già significato la differenza tra un prodotto “buono ma invisibile” e un’esperienza riconosciuta a livello nazionale e internazionale. Una professionalità che, se ben utilizzata, può trasformare una tradizione locale in un vero e proprio asset turistico.
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