23 Novembre 2025

Irpinia, 45 anni dopo: l’Italia ricorda il terremoto del 23 novembre 1980

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Irpinia, 45 anni dopo: l’Italia ricorda il terremoto del 23 novembre 1980

Sono trascorsi 45 anni da quella fatidica domenica sera del 23 novembre 1980, alle ore 19:34, quando un sisma di magnitudo 6,9 (Mw) fece tremare l’Appennino meridionale, colpendo in pieno l’area dell’Irpinia e della Basilicata. 

Quando la terra si mosse, l’Italia intera vide franare borghi antichi, saltare il piano di piani edifici, spegnersi vite, interrompersi storie. Città come Conza della Campania, Sant’Angelo dei Lombardi, Lioni rimasero, in buona parte, ridotte in macerie. 

In quei novanta secondi che cambiarono tutto, si abbatté un’energia dirompente, una rottura complessa che interessò più segmenti di faglia: dapprima il blocco dei Monti Marzano-Carpineta, poi verso la Piana di San Gregorio e oltre.  Le placche terrestri segmentate dimostrarono che non si trattava di un semplice evento ma di una sequenza concatenata, che proprio in quei momenti scrisse nuove pagine per la sismologia italiana. 

Eppure, al dolore immediato si affiancò l’amarezza: ritardi nei soccorsi, comunicazioni interrotte, chilometri interi isolati senza corrente, senza telefono, senza speranza. Le immagini degli elicotteri che sorvolavano borghi distrutti e dei soccorritori che scavavano a mani nude restano impresse nella memoria collettiva. 

Ma non fu solo tragedia: da quell’evento nacque una coscienza nuova. Una consapevolezza che l’Italia, territorio ad elevato rischio, non poteva attendere che fossero altri a reagire. La normativa antisismica si rafforzò, i sistemi di monitoraggio e il concetto stesso di prevenzione entrarono nell’agenda nazionale. 

Nel giorno in cui ricordiamo quelle 2.914 vite (che secondo stime più attendibili furono cancellate) e ottomila feriti, decine di migliaia di sfollati, ci troviamo a riflettere su due dimensioni: la memoria e l’azione. Ricordare non per il rituale, ma affinché quel “sisma” interno che accomuna ognuno di noi — la fragilità, la vulnerabilità, la forza di rialzarsi — rimanga vivo. E agire, perché l’edificio della prevenzione non sia costruito solo con le parole, ma con fatti, materiali e volontà.

L’Irpinia del 1980 ci parla ancora, con la voce delle macerie e delle speranze ricostruite. Ascoltiamola, oggi più che mai.

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