Questo articolo non vuole schierarsi né da una parte né dall’altra. Non è un commento sulla scelta di vita della famiglia né un processo alle intenzioni. L’obiettivo è uno soltanto: chiarire, in modo oggettivo, cosa prevede l’ordinamento italiano quando si parla di bambini, scuola e tutela dei minori, al di là di qualsiasi polemica.
La vicenda della casa nel bosco, emersa negli ultimi giorni e diventata rapidamente un caso mediatico, ha acceso il dibattito su un tema delicatissimo: quali sono i limiti e i doveri stabiliti dalla legge quando una famiglia sceglie di vivere in isolamento e i bambini non frequentano una scuola tradizionale?
Al netto delle emozioni e delle interpretazioni, la normativa italiana è chiara. E riguarda ogni minore, indipendentemente da dove viva o dallo stile di vita dei genitori.
OBBLIGO SCOLASTICO: IN ITALIA NON È FACOLTATIVO
L’articolo 34 della Costituzione afferma che “la scuola è aperta a tutti” e introduce la gratuità dell’istruzione obbligatoria per almeno otto anni.
Oggi, secondo quanto stabilito dalla legge n. 296/2006, l’obbligo scolastico dura fino ai 16 anni.
Ciò significa che:
- ogni bambino dai 6 ai 16 anni deve essere iscritto a un percorso educativo riconosciuto dallo Stato
- i genitori sono i primi responsabili dell’adempimento dell’obbligo
- l’evitamento sistematico della scuola può configurare illecito amministrativo e, nei casi più gravi, anche responsabilità penale
È POSSIBILE L’ISTRUZIONE PARENTALE, MA CON CONTROLLI
Molti credono che vivere isolati o in zone remote consentirebbe di evitare la scuola. Non è così.
In Italia esiste la possibilità del homeschooling (istruzione parentale), ma è regolata da precise condizioni:
- I genitori devono comunicare annualmente l’intenzione alla scuola del territorio.
- Devono dimostrare di possedere le competenze tecniche ed economiche per garantire un’educazione adeguata.
- Ogni anno i bambini devono sostenere un esame di idoneità presso una scuola statale o paritaria.
Se questi requisiti non sono soddisfatti, l’istruzione parentale non è valida e scattano le sanzioni.
VITA ISOLATA: LE SCELTE PRIVATE TERMINANO DOVE INIZIA LA TUTELA DEL MINORE
La legge non vieta di vivere in zone remote, in case isolate, in boschi o in comunità alternative.
Tuttavia, quando ci sono minori, entrano in campo:
- la tutela della salute (art. 32 Cost.)
- la tutela dell’istruzione (art. 34 Cost.)
- la responsabilità genitoriale (art. 316 c.c.)
Le autorità possono intervenire quando l’ambiente di vita:
- compromette la sicurezza del minore
- ostacola l’accesso alla scuola
- limita cure, igiene o condizioni dignitose di vita
- impedisce lo sviluppo psico-sociale
Non serve un reato: basta una condizione di rischio per attivare i servizi sociali, che possono proporre dal semplice supporto fino ai provvedimenti del Tribunale per i Minorenni.
I CONTROLLI PREVISTI
In caso di sospetto inadempimento dell’obbligo scolastico, la procedura prevede:
- Segnalazione da parte della scuola o di chiunque venga a conoscenza della situazione.
- Convocazione dei genitori da parte del Comune.
- In caso di mancato adempimento, sanzione amministrativa da 30 a 300 euro (art. 731 c.p.).
- Se la condotta è grave e persistente, possono intervenire Procura minorile e servizi sociali, fino alla limitazione della responsabilità genitoriale.
La vicenda della casa nel bosco ha alimentato dibattiti e interpretazioni emotive, ma la legge italiana è già molto chiara: i genitori possono scegliere uno stile di vita alternativo; non possono sottrarre i figli all’istruzione e ai controlli pubblici; il diritto del minore alla salute, alla socialità e all’educazione prevale sempre su qualunque scelta individuale degli adulti.
L’Italia non punisce la libertà di vivere “fuori dal mondo”, ma vigila — e deve vigilare — affinché nessun bambino cresca fuori dai suoi diritti.




